Cultura
Lidia Poët, la sceneggiatrice: «Ironica e determinata, un modello»
Parla Elisa Dondi, cui si deve la scrittura della serie televisiva Netflix dedicata alla prima donna in Italia a laurearsi in Giurisprudenza. Video intervista
di Redazione
Poche e pochi la conoscevano e ancora meno sapevano della sua vita e di quello che ha significato per le donne. Il nome di Lidia Poët, oltre la stretta cerchia di studiosi e studiose, diceva poco o niente, soprattutto alle ragazze. Finché non è arrivata la serie sulla piattaforma Netflix, con un'efficacissima e credibile Matilda De Angelis e dalle segrete stanze di una biblioteca ora Lidia Poët da Perrero (comune in provincia di Torino) corre il rischio di diventare un role model, ovvero un modello di comportamento. Niente male per una ragazza nata nel 1855, che si è laureata in giurisprudenza il 17 giugno 1881 dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne. E che non si è mai arresa ad una società che le negava il diritto di esercitare la professione di avvocato. Non basteranno due sentenze a fiaccarla.
Chi era Lidia Poët
Criticata dai puristi della biografia (e anche dai suoi familiari) per alcune licenze narrative sul suo essere ironica, disinibita, sul linguaggio, la Lidia Poët di Netflix nei giorni scorsi è stata anche protagonista di un convegno delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – Acli, organizzato dal Coordinamento donne. E se ne rivendicava il ruolo di picconatrice del sistema patriarcale di allora, con tutti i limiti, gli escamotage narrativi e le licenze degli sceneggiatori. Insomma, una serie televisiva è un prodotto popolare che deve raccogliere consenso e non annoiare. Facile farlo se condividi il mood di quello che vedi. In caso contrario, una delle chiavi per aprire la porta dei dubbiosi è l'ironia.
Emblema di tutti gli emarginati
Lidia insomma è l’emblema di tutti gli emarginati e l'ironia con cui è stata immaginata ha aperto una breccia nel pubblico, creando nello spettatore più resistente un’empatia nei confronti del personaggio. Proprio grazie a questa operazione anche i ragazzi di oggi possano avvicinarsi a certi temi. Al convegno dell'Acli c'era anche Elisa Dondi, che ha lavorato alla sceneggiatura della prima stagione della serie. Ecco cosa ci ha detto di Lidia.
Una storia di liberazione
Quando ad Elisa è stato proposto di lavorare alla sceneggiatura della serie sapeva che Lidia Poët avrebbe catturato il pubblico. «È una storia di liberazione e di empowerment femminile che la protagonista compie» spiega. Al punto, secondo la creativa, da porla in continuità con la lotta di emancipazione che le donne stanno compiendo in questi anni. Dal 1850 al 2023 è un bel salto però. «Lidia era già proiettata nel futuro» precisa Dondi.
L'indipendenza economica al centro
Già, ma sul fronte del gender gap in fatto di lavoro e retribuzione? «Il grande elemento di modernità di Lidia Poët è aver messo al centro della sua vita l’indipendenza economica, una consapevolezza che è quasi uno spartiacque: vuol dire non dipendere da nessuno e autodefinire il nostro percorso». Un modello per le nuove generazioni? «Sì, e alle ragazze consiglio di puntare proprio sulla formazione, di ascoltare la propria voce e trovare contesti diversi in cui sperimentarsi, magari insieme a persone con un grande spirito critico e una grande libertà interiore».
I numeri della disparità
Secondo "Lavorare dis/pari, ricerca su disparità salariale e di genere", studio di Acli pubblicato a ottobre 2022, il cosiddetto "lavoro povero" è una prerogativa femminile: tra i lavoratori/trici saltuari/e coloro i quali hanno un reddito annuo complessivo fino a 15mila euro sono il 68% tra le donne, percentuale che scende al 51,5% tra gli uomini. Ma anche tra i/le lavoratori/trici stabili i valori registrati per la stessa fascia di reddito sono rispettivamente del 24,6% contro il 7,8%. Le donne giovani sono, dunque, quelle più a rischio povertà: nella fascia d’età tra i 30 e 39 anni, ben il 14,5% delle lavoratrici si trova in povertà assoluta rispetto al 6,8% degli uomini; percentuale che sale al 22% se consideriamo anche chi si trova in povertà relativa e al 38,5% per i redditi complessivi fino a 15 mila euro.
La foto in apertura e quelle nel pezzo relative alla serie sono di Netflix. Il video è di Alessio Nisi
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