Economia
La cooperazione? Chiave di volta per un nuovo modello di sviluppo
Il presidente di Legacoop interviene nel dibattito aperto da Andrea Morniroli e Marisa Parmigiani su queste colonne (vedi correlate in calce al presente articolo): un lungo quindicennio di crisi, la Pandemia e ripetuti shock, hanno messo in discussione un modello di sviluppo estrattivo e disinteressato alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. La cooperazione deve essere protagonista di tale ripensamento
Nel contesto di radicale cambiamento in cui viviamo, è ormai chiaro che serve il concorso di risorse, idee e valori per affermare una visione diversa dell’economia, che sappia promuovere la sostenibilità, conciliando attività economiche, sviluppo sociale e salvaguardia ambientale, anche in un’ottica di rispetto delle generazioni future. Un modello, tra l’altro, che aiuti pure a superare la disaffezione verso la vita pubblica e a rimotivare tramite la partecipazione collettiva la fiducia nelle istituzioni democratiche. In questo quadro mi pare molto utile sviluppare il dibattito attorno al documento Per un’economia più giusta La cooperazione come argine delle disuguaglianze e abilitatore di giustizia sociale, elaborato da Forum Disuguaglianze Diversità e Fondazione Unipolis.
Del resto, la richiesta di un nuovo modello di sviluppo più umanistico e meno utilitaristico, più sensibile e rispettoso dei rapporti sociali e non meramente di mercato, più inclusivo e tollerante e non semplicemente estrattivo, più generativo e diffusivo di valori oltrechè di valore economico, in definitiva più lungimirante e meno prepotente, sembra radicato nella epoca post pandemica. Spingono in tale direzione, ovviamente, le crisi dell’economia, delle istituzioni a tutti i livelli, nonché i segnali sempre più evidenti di un ripensamento generalizzato che le persone singolarmente e collettivamente compiono rispetto alla propria vita, al lavoro, e ai meri valori consumistici affermati nei decenni passati.
La filosofia e la strumentazione di tale nuovo modello di sviluppo, in ogni caso, sono stati precisamente elaborati negli anni scorsi e ormai sono sedimentati nella cultura, nell’economia, nella società e nella stessa politica a livello globale: l’agenda 2030, il criterio della sostenibilità come discriminante di ogni azione e scelta umana, la responsabilità sociale, economica, ambientale come vincolo di necessità anche morale rispetto alle generazioni presenti e future.
In questo quadro la cooperazione come prassi imprenditoriale, e pure come idea di progresso diffusa e affermata negli ultimi due secoli, trae certamente nuova linfa e, potenzialmente, un nuovo ruolo che noi riteniamo protagonista. Intanto, perché essa è sorta proprio per dimostrare che nell’economia di mercato possono realizzarsi valori e pratiche diverse da quelle divenute patologiche negli ultimi decenni di neoliberismo finanziario. E poi, perché lo spazio di sviluppo di imprese sociali, in questi anni, si è ampliato per la propensione ad agire in una logica cooperativa e non antagonistica rispetto allo Stato e al mercato. E per la loro capacità di affermare la dignità del lavoro e la ripartizione equa del valore prodotto. Beni comuni, coesione sociale, tutela e rigenerazione dell’ambiente e degli ecosistemi umani, lotta alle diseguaglianze, sostenibilità in generale: è rispetto a tutte queste dimensioni che si basa l’attuale autorevolezza dell’economia sociale nel concorrere alla elaborazione del nuovo modello di sviluppo post pandemico. Il modello cooperativo può essere un moltiplicatore di partecipazione e di relazioni nella costruzione di nuove economie di comunità, filiere intersettoriali partecipate e modelli di sviluppo che nascono dal basso ma che le reti cooperative qualificano, alimentano, rafforzano e moltiplicano.
La cooperazione, in proposito, ha dimostrato in questi anni di fare la propria parte; affinando e adattando le proprie strutture e strategie alle esigenze poste da una situazione in rapido e profondo cambiamento; workers buyout, cooperative di comunità, comunità energetiche, cooperative culturali e creative, piattaforme cooperative: sono molteplici le modalità con cui la cooperazione può – e deve essere posta in condizione di – contribuire alle pratiche innovative che sono perno essenziale del modello di sviluppo sostenibile per la cui affermazione vale certamente la pena di impegnarsi collettivamente in questa fase storica.
Chi è:
Bolognese, 49 anni, Simone Gamberini dal gennaio 2020, fino all’elezione a presidente di Legacoop nazionale (il 4 marzo 2023), è stato direttore generale di Coopfond spa, Fondo mutualistico di Legacoop. Dal 1994 si occupa della promozione di cooperative nel settore delle Industrie Culturali e Creative. Dopo una esperienza amministrativa in qualità di Sindaco del Comune di Casalecchio di Reno (2004-2014), rientra nel modo cooperativo per occuparsi dei progetti di innovazione e trasformazione digitale delle imprese cooperative. Nel 2015 è nominato direttore generale di Legacoop Bologna ed è coordinatore del Progetto Biennale dell’Economia Cooperativa. Coordina e promuove i progetti Coopstartup Bologna e Going Digital Legacoop. È Vicepresidente di Cooperare spa e membro del Cda di Coop Alleanza 3.0.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.