Famiglia
In Italia 336mila tra bambini e adolescenti sono coinvolti nel lavoro minorile
«160 milioni di minori tra i 7 e 15 anni nel mondo e 336mila in Italia sono coinvolti nel lavoro minorile», denuncia l'organizzazione Save the Children. «Tra i 14-15enni nel nostro Paese 1 su 5 lavora o ha lavorato e per 58mila si tratta di lavori dannosi per i percorsi scolastici e il benessere psicofisico. Il fenomeno è in gran parte sommerso e rischia di peggiorare»
di Redazione
Sono 160 milioni i bambini e adolescenti tra i 5 e 17 anni coinvolti nel lavoro minorile a livello globale secondo le stime che riguardano, in quasi la metà dei casi (79 milioni), un lavoro pericoloso con potenziali danni per la salute e lo sviluppo psicofisico e morale.
Nonostante la maggior parte degli Stati abbia ratificato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC, art. 32) e la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) n. 138 (1973), il lavoro minorile è un fenomeno ancora molto diffuso. I progressi positivi nella riduzione del fenomeno compiuti tra il 2000 e il 2020 hanno dovuto fare i conti con i conflitti armati, l’impatto della pandemia Covid-19 e la crisi climatica, che hanno prodotto un aumento vertiginoso delle famiglie sfollate o precipitate nella povertà, costringendo altri milioni di bambini al lavoro minorile. In Europa, in un solo anno, oltre 200.000 bambine, bambini e adolescenti in più sono stati spinti sull'orlo della povertà, portando nel 2021 il numero totale di minori a rischio povertà a oltre 19,6 milioni, 1 bambino su 4. In Italia, il numero dei minori in povertà assoluta ha raggiunto la cifra di 1 milione e 382 mila, il 12,1% delle famiglie con minori (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà.
A pochi giorni dalla 22° Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, che ricorre il 12 giugno e ha come focus quest’anno la giustizia sociale per tutti, Save the Children rilancia l’allarme su questa grave violazione dei diritti fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza che in Italia si stima riguardi 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni coinvolti in esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali. Secondo le stime dell’ultimo rapporto nazionale diffuso dall’Organizzazione, “Non è un gioco”, realizzato in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, quasi 1 minore su 15 tra i 7 e i 15 anni, il 6,8% della popolazione totale in questa fascia d’età, svolge o ha svolto una attività lavorativa, una proporzione che sale a 1 minore su 5 se si considerano solo i 14-15enni. Tra questi ultimi, il 27,8% dei casi (circa 58mila adolescenti) riguarda lavori particolarmente dannosi per l’impatto sui percorsi educativi e il benessere psicofisico degli adolescenti coinvolti, essendo svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure in orari notturni o comunque percepiti da loro stessi come pericolosi.
Come evidenziato nel rapporto, i settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile nel nostro Paese sono quelli più tradizionali come la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%) ma non mancano le nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Sebbene il 70,1% dei 14-15enni che lavorano o hanno lavorato, lo abbiano fatto in periodi di vacanza o in giorni festivi, il lavoro è intenso da un punto di vista della frequenza: quando lavorano, più della metà dei 14-15enni lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana, circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.
«Per molti ragazzi e ragazze c’è una relazione stretta tra l’ingresso troppo precoce e prima dell’età consentita nel mondo del lavoro e l’abbandono scolastico. Un ingresso troppo precoce nel mondo del lavoro che può limitare o compromettere le aspirazioni sul futuro e il percorso di formazione e sviluppo professionale verso l’età adulta», ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.
E se c’è una relazione tra la dispersione scolastica e il lavoro minorile, è bene sottolineare che in Italia il 12,7% dei giovani 18-24enni ha abbandonato scuola o formazione senza conseguire un diploma o una qualifica, contro una media europea del 9,7%, e tra i 15-29enni, una porzione ancora più ampia (19%) è fuori dal circuito educativo, formativo e del lavoro (i cosiddetti Neet), una percentuale seconda in negativo in Europa solo a quella della Romania.
«Se è vero che il lavoro minorile è l’altra faccia dell’abbandono scolastico, l’investimento sulla scuola e sulla qualità dell’istruzione è una risorsa primaria nel nostro Paese per prevenire questo fenomeno, e dobbiamo fare ogni sforzo per garantire il diritto all’istruzione. È necessaria, allo stesso tempo, una forte azione istituzionale coordinata e mirata sul lavoro minorile, che parta dal rilievo sistematico del fenomeno nei diversi territori e preveda misure concrete di prevenzione e contrasto. Un’azione efficace non può poi prescindere da un intervento diretto nei singoli territori, e in particole in quelli maggiormente deprivati, che rafforzi le reti di monitoraggio, il sostegno ai percorsi educativi e formativi e il contrasto alla povertà economica ed educativa, con un’azione congiunta da parte delle istituzioni e degli attori sociali ed economici attivi sul territorio», ha aggiunto Raffaela Milano.
«Save the Children Italia», si legge nella nota, «sottolinea concretamente la necessità che venga realizzata al più presto un’indagine sistematica e periodica sul lavoro minorile in Italia a cura dell’Istat, che comprenda anche il fenomeno ormai attuale del lavoro online. Chiede inoltre che i Comuni elaborino un Programma Operativo di prevenzione e contrasto del lavoro minorile e della dispersione scolastica con il coinvolgimento attivo di tutti gli attori del territorio e che si garantisca un sistema di presa in carico a livello territoriale dei minori infrasedicenni che lavorano e del loro nucleo familiare, per garantire un percorso di protezione dallo sfruttamento, reinserimento e riorientamento, assicurando anche la formazione del personale preposto all’identificazione e all’assistenza dei minorenni esposti al lavoro minorile. L’Organizzazione chiede poi che sia promossa, all’interno dei percorsi di educazione civica a partire dalla scuola secondaria di I grado, la formazione di studenti e studentesse sui diritti e la legislazione che regolano il lavoro in Italia; che sia prestata particolare attenzione agli studenti in difficili condizioni economiche facendo in modo che siano chiari tutti i servizi e le opportunità messi a disposizione per garantire il diritto allo studio, dalle borse di studio agli sgravi fiscali; che si utilizzino i fondi del Pnrr per lo sviluppo delle competenze trasversali e legate alla transizione digitale e green dei giovani, offrendo percorsi di qualità, prospettive di formazione e specializzazione in settori emergenti».
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