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Mio figlio è un Neet, che cosa faccio?

I nuovi dati Eurostat dicono che in Italia, nel 2022, il 19% dei giovani tra 15 e 29 anni è un Neet: non studia, non lavora, non è in un percorso di formazione. Sono 1,67 milioni di ragazzi. L'incidenza è più elevata tra le femmine che tra i maschi. l numeri sono in miglioramento dopo il record legato alla pandemia ma l'Italia comunque resta la maglia nera d'Europa. E se allarghiamo lo sguardo fino ai 34 anni, il dato nel 2020 schizzava a 3 milioni. Che fare come genitori per sostenere i loro percorsi di uscita dal labirinto? Dieci realtà a cui rivolgersi

di Sara De Carli

Anche nel 2022, quasi un giovane su cinque in Italia è un Neet (19,0%). La sigla ormai nota viene dall’inglese e indica i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione (Neither in employment nor in education and training). In numeri assoluti, su una popolazione di circa 8,8 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia al 1° gennaio 2022 (dati Istat), si tratta di 1,67 milioni di giovani.

Uno su cinque “è” un Neet, diciamo, ma sarebbe meglio dire “è nella condizione di Neet”: non è una sottigliezza linguistica, significa decidere se guardare a questi giovani descrivendo la loro difficile transizione dalla scuola al lavoro, dettata sia da caratteristiche personali sia da caratteristiche del contesto o se vogliamo appiccicargli addosso un’etichetta, per cui essere Neet non è solo una condizione ma un tratto della loro identità. Nel secondo caso, evidentemente, per loro uscire dal recinto sarà ancora più complesso.

La buona notizia è che il dato è in calo per il secondo anno e dopo il picco segnato nel 2020 per effetto della pandemia, in tutta Europa siamo tornati a livelli pre-Covid. Nel 2020 e nel 2021 in Italia i Neet erano sopra il 23%, dieci punti sopra la media europea, mentre nel 2019 i Neet erano il 22,1%: nel 2022, con una percentuale del 19,0% la situazione quindi è migliorata. A livello europeo nel 2022 la quota di Neet risulta inferiore rispetto all’epoca pre-Covid sia nella fascia 20-24 anni sia in quella 25-29 anni e all’incirca uguale per l’età 15-19 anni: un segno di ripresa.

La cattiva notizia è che uno su cinque è sempre un numero altissimo: siamo tra i peggiori d’Europa per tasso di Neet, dietro soltanto alla Romania (19,8%). La media Eu si ferma all’11,7% e l’obiettivo europeo è scendere sotto il 9% entro il 2030. In Italia la fascia d’età con percentuale più elevata di Neet è quella fra i 25 e i 29 anni: qui più di un giovane su quattro è in questa condizione (il 25,2%), mentre nella fascia i 20 e i 24 anni i Neet sono uno su cinque (21,5%) e tra i 15 e i 19 anni sono uno su dieci (10,1%). Per le ragazze, inoltre, il rischio di essere Neet è ancora più elevato: sono nella condizione di Neet il 20,5% delle ragazze italiane di 15-29 anni, contro il 17,7%. Il picco in Italia si registra tra le giovani donne di 25-29 anni: qui quasi una su tre (il 30,2%) non studia e non lavora. Anche le giovani mamme (Neet caregiver) sono una categoria da attenzionare (lo racconta qui Sabina Pigantaro). Tutti questi dati sono relativi al 2022 e sono stati pubblicati da Eurostat pochi giorni fa (qui il report completo per approfondire).

Figli che si spengono

Fuori dai numeri delle statistiche, nella realtà, significa che un giovane su cinque, tra i nostri figli, vive una condizione di limbo e di incertezza che non gli consente di far fiorire le proprie competenze e i propri desideri, di progettare la propria vita. Frustrante per loro, preoccupante per i genitori che li osservano incupirsi, chiudersi, disinteressarsi, spegnersi, appassire. Un dato peraltro che si allarga ulteriormente se allarghiamo l’osservazione fino ai 34 anni (cosa utile, soprattutto in Italia): qui nel 2020 siamo arrivati alla cifra record di 3 milioni di Neet secondo uno studio realizzato da ActionAid e Cgil. È vero che era l’anno della pandemia e che la situazione successivamente è andata migliorando, ma le dimensioni del fenomeno restano pur sempre enormi e le risposte invece inadeguate. Se sei femmina, ancora peggio. Come se la causa di questo più alto tasso di Neet stesse in un demerito dei giovani italiani e non nell’indifferenza collettiva a cui il Paese li relega. Come se vivere nell’incertezza fosse una scelta e non una condanna dettata dalla mancanza di alternative. Un tema che abbiamo affrontato nel magazine di VITA di maggio, dal titolo “Gioventù bruciata” (disponibile qui).


Perché i Neet non sono giovani che non fanno nulla, non sono gli “sdraiati” e nemmeno gli hikikomori, anche se per alcuni c’è effettivamente il rischio che il prolungarsi della condizione di “né-né” porti effettivamente a condizioni di disistima e di ritiro sociale. Sono giovani che si sono persi nella delicata e difficile transizione tra la scuola e il lavoro: spesso perché hanno un basso titolo di studio ma altrettanto spesso, al contrario, pur avendo in tasca hanno un titolo di studio elevato, magari una laurea. Forse è anche il momento di chiedersi se sia stato un bene aver creato questa etichetta, che quasi ormai non descrive più nemmeno una condizione ma un’identità: li abbiamo forse costruito anche noi, con la narrazione, un recinto da cui ora è ancora più difficile uscire? I fattori soggettivi che possono contribuire a rendere i giovani Neet, sono diversi, tra cui – oltre ad avere un basso titolo di istruzione – il vivere in una famiglia con basso reddito; il provenire da una famiglia in cui un genitore è rimasto disoccupato; essere cresciuto da un solo genitore; essere nato in un paese extra UE; avere una disabilità. Poi ci sono fattori di contesto, come l’ampia scelta di potenziali candidati sul mercato del lavoro o il disallineamento fra mercato del lavoro e competenze. Fatto sta che quando la transizione verso il mondo del lavoro si inceppa, è un male per tutti. E se sul web si moltiplicano i consigli per supportare i nostri ragazzi a livello psicologico e di autostima, invitando a chiedere aiuto, più difficile è trovare consigli relativi a percorsi possibili per uscire dalla condizione di Neet.

Come posso aiutare mio figlio?

Servono politiche giovanili più incisive, politiche attive per il lavoro che sappiano intercettare questi giovani, servono i programmi per contrastare la dispersione scolastica e quelli per sostenere la salute mentale e il benessere dei ragazzi più fragili. Ma intanto, noi, come genitori, cosa possiamo fare?

Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, cura da più di un decennio il “Rapporto Giovani” ed è fra i più acuti osservatori del fenomeno Neet. Che cosa serve a questi ragazzi? Come possiamo supportare i loro percorsi? Per i genitori è difficile se non impossibilitati stare a guardare e aspettare che passi: a chi possiamo rivolgerci? «Il punto cruciale è restituire ai giovani la motivazione per imparare a fare. Il problema vero è che la condizione di Neet è corrosiva, porta a perdere fiducia in se stessi, perdita di senso di appartenenza sociale. Un Neet alla fine sente di non sapere fare nulla, di non avere le competenze adeguate. Occorre entrare o rientrare nel circuito virtuoso e gratificante dell’imparare a fare, per cui sperimenti che le scelte e le azioni che fai oggi producono un valore per il tuo futuro, perché ti rafforzano. È la motivazione che ti mette in moto», dice Rosina.

Facile a dirsi, meno a farsi. L’errore più comune è puntare dritti alla ricerca di un lavoro o un tirocinio: «No, ogni giovane è a sé e va accompagnato nella sua unicità. Se l’attività per lui non è ingaggiante, non solo non gli serve ma è controproducente perché genererà altra frustrazione, gli farà perdere fiducia nell’adulto che lo accompagna e lui si sentirà solo “un numero” da mettere tra i beneficiari di un progetto. Può essere allora un’attività sportiva, il volontariato, un laboratorio artistico o artigianale, il servizio civile, un corso sulle competenze digitali… qualsiasi cosa in cui il ragazzo trovi la voglia di mettersi alla prova. L’importante è che l’esperienza sia trasformativa, è lì che si mette in moto la voglia di “uscire” dal labirinto. Se invece l’esperienza ti “sposta” soltanto dal punto A al punto B del labirinto… non cambia nulla».

Il problema vero è che la condizione di Neet è corrosiva, porta a perdere fiducia in se stessi, perdita di senso di appartenenza sociale. Ogni giovane è a sé e va accompagnato nella sua unicità. Se l’attività per lui non è ingaggiante, non solo non gli serve ma è controproducente perché genererà altra frustrazione, gli farà perdere fiducia nell’adulto che lo accompagna e lui si sentirà solo “un numero” da mettere tra i beneficiari di un progetto

Alessandro Rosina, curatore del “Rapporto Giovani”

La sfida di entrare nel radar dei giovani

Servono quindi due cose per il professor Rosina: partire dalla specificità del giovane e mappare ciò che il territorio offre e che spesso è molto più di quel che si pensa. «Non possiamo più partire da quello che il carnet offre e proporlo al giovane ma dobbiamo partire dal singolo giovane e dai suoi interessi, da quello che sa fare o da quello che lo blocca», dice Rosina. Occorre poi ribaltare il rapporto che il territorio ha con i giovani (Neet o non Neet) e il linguaggio con cui gli parla: «Nei rapporti leggiamo sempre che il problema dei Neet è che sonio fuori dai radar delle politiche pubbliche, ma è vero anche il contrario: nella testa dei giovani le politiche pubbliche del territorio non ci sono per nulla. Noi invece dobbiamo riuscire a portare le opportunità che il territorio offre all’interno del radar dei giovani. Per farlo però dobbiamo metterci dalla parte dei giovani e capire cosa serve, cosa è appetibile per loro, a livello di proposte – che però spesso non mancano – e di comunicazione. L’altro tema è che le proposte devono essere integrate, di modo che quando un giovane entra nel circuito – qualunque sia il punto di accesso – poi veda che attorno a lui nel territorio accadono tante altre cose interessanti».

Contatti e contenuti utili

Ecco una guida delle realtà più impegnate sul fronte dei Neet, delle occasioni da non perdere o di esperienze a cui ispirarsi.

1. Fondo Repubblica Digitale – bando Onlife
Donne e Neet sono i target dei primi due bandi del Fondo per la Repubblica Digitale, alimentato dalle fondazioni di origine bancaria, per la formazione e riqualificazione delle competenze digitali dei cittadini. Il bando Onlife ha stanziato 8 milioni di euro e selezionato 12 progetti di formazione innovativi per accrescere le competenze digitali dei Neet (15-34 anni) e garantire loro migliori opportunità e condizioni di inserimento nel mondo del lavoro. Tra i progetti selezionati ci sono per esempio “DIG4All” di Fondazione L’Albero della Vita e ReadyForIT+ di Fondazione Italiana Accenture ETS. I risultati del bando sono stati resi noti a fine marzo, i progetti sono in partenza.
Info: https://www.fondorepubblicadigitale.it/fondo-per-la-repubblica-digitale-sono-23-i-primi-progetti-sostenuti/

2. Rete StartNet-transizione scuola lavoro
StartNet è una rete che unisce scuole, istituzioni, imprese, aggregazioni giovanili, e Terzo settore per promuovere la transizione dalla scuola al lavoro dei giovani in Puglia e in Basilicata. È stata creata da Fondazione Mercator e Goethe Institut nel 2017 e per migliorare la transizione scuola-lavoro lavora su cinque cantieri: orientamento verticale, dalla scuola elementare fino all’ingresso nel mondo del lavoro; percorsi di Alternanza scuola-lavoro e formazione dei tutor aziendali e scolastici; lavoro di partenariato tra scuole e imprese ; inclusione e riqualificazione di giovani NEET; startup e imprenditorialità giovanile. Nel 2020 è nato StartNet Youth, l’organo giovanile di StartNet: circa 300 ragazzi sono già coinvolti nei territori, per esempio con “weekend trasformativi” con Ashoka Italia.
Info: https://www.start-net.org/it

3. Lavoro di squadra – Action Aid
Il progetto Lavoro di Squadra si rivolge a ragazze e ragazzi NEET tra i 16 e i 25 anni che non studiano e non lavorano per coinvolgerli in un percorso di riattivazione volto al reinserimento formativo e lavorativo. È nato nel 2014 ed è stato realizzato a Torino, Alba, Milano, Bari e Reggio Calabria intercettando ioltre 650 giovani: fra chi ha iniziato il percorso, più della metà l’ha portato a termine. Il modello si distingue da tutti gli altri per la rilevanza dello sport: sono presenti diverse attività tra cui l’allenamento motivazionale, la pratica sportiva, l’attività di career coaching e laboratoriali.
Info: https://www.actionaid.it/progetti/lavoro-di-squadra

4. Distretto Italia – ConsorzionELIS
Si chiama “Distretto Italia” il nuovo progetto di Consorzio ELIS per far riscoprire i lavori tecnici ai ragazzi, orientandoli, formandoli e facendoli assumere. È un programma che coinvolge 29 grandi aziende del suo consorzio, lanciato ad aprile 2023, che vuole far incontrare da un lato i giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro e dall’altro le aziende che non trovano personale: sono 10mila i posti di lavoro scoperti mappati da Elis a inizio 2023 solo per ruoli tecnici nei settori energia, telecomunicazioni, costruzioni e digitale. Il progetto ha tre leve su scala nazionale. Con “Scuola per la scuola” farà attività di orientamento attraverso i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), con particolare attenzione ai Neet. I ragazzi vivranno il loro PCTO non in una singola azienda, come avviene normalmente, ma in aziende diverse del medesimo settore per avere una visione d’insieme dell’esercizio di una professione in contesti differenti. Con le “Scuole dei Mestieri” Elis vuol formare e avviare i ragazzi al lavoro con corsi di 5-20 settimane che formano figure tecniche specialistiche (giuntisti fibra ottica, programmatori software, capi-cantiere, elettricisti). Con “Officine Futuro” si formeranno gli orientatori delle scuole e i genitori, annche attraverso una piattaforma digitale di gaming, affinché possano essere di supporto ai loro studenti/figli nelle scelte. Le candidature per le Scuole dei Mestieri sono ancora aperte. Elis ha anche un programma contro l’abbandono scolastico, School4Life.
Info: https://distrettoitalia.elis.org/

5. “LINK! Connettiamo i giovani al futuro” – Anci
Si tratta della prima azione diretta messa in campo da Anci, l’associazione dei Comuni, per sostenere i NEET. I Comuni nei primi mesi del 2023 hanno fatto un percorso di formazione sul tema. L’Anci ha stanziato 4 milioni e 200 mila euro del Fondo per le Politiche Giovanili per supportare l’avvio o il rafforzamento di progetti e interventi comunali per contrastare il fenomeno dei NEET attraverso il coinvolgimento diretto della popolazione nella fascia di età dai 14 ai 35 anni. Il 16 maggio 2023 è stato pubblicato l’elenco delle proposte progettuali ammesse a finanziamento: cerca il tuo Comune.
Info: https://www.anci.it/al-via-il-bando-link-connettiamo-i-giovani-al-futuro-interventi-locali-sui-giovani-neet/

6. LV8 – Fondazione Vodafone Italia
Primo step, un learning game attraverso cui i ragazzi acquisiscono conoscenze digitali di base e di alcuni applicativi: si chiama LV8 (level8) e lo ha lanciato a giugno 2021 Fondazione Vodafone Italia per coinvolgere i Neet in percorsi di formazione digitale certificati parlando il loro linguaggio. Superando gli otto livelli infatti è possibile accedere a corsi gratuiti mirati e ad altre opportunità formative promosse dai partner di LV8: Fondazione Cariplo, Binario F from Facebook, Generation Italy, Google e Repubblica Digitale. LV8 insomma intercetta l’iperconnessione e la famigliarità dei giovani con gli strumenti digitali e il gioco per offrire occasioni per accrescere le loro competenze. Il secondo step? Giocando a LV8, i ragazzi avranno la possibilità di partecipare alla selezione per quattro stage di tre mesi all’interno di Vodafone, nelle sedi di Roma o Milano.

7. Futura – Save the Children
Futura mette a disposizione 300 doti educative e percorsi di accompagnamento personalizzati per ragazze e giovani donne tra i 13 e i 24 anni a Napoli, Roma e Venezia. Tra loro, 50 giovani mamme. Tra gli obiettivi dei Piani educativi personalizzati c’è il sostegno al conseguimento del titolo di studio o al reinserimento in un percorso formativo, l’avvio di u percorso di professionalizzazione ed emancipazione, e un sostegno specifico a giovani mamme per l’accesso al mondo del lavoro e la cura dei figli. Futura è partito ad aprile 2023 ed è promosso da Save the Children, Forum Disuguaglianze e Diversità, e YOLK™, in collaborazione con Intesa Sanpaolo.
Info: https://www.savethechildren.it/blog-notizie/progetto-futura-contrasto-alla-poverta-educativa-di-genere

8. Gabanel Bike Hostel
Gabanel è una località situata nel Comune di Bussolengo, sulle colline moreniche del Garda. La villa che oggi ospita il bike hostel è un bene confiscato alla criminalità organizzata negli anni ’90, ora di proprietà del Comune di Bussolengo, che è stata data in comodato d’uso alla Cooperativa Sociale Hermete (fino al 2036) per creare una nuova struttura di ricezione turistica e di restituire quello spazio alla comunità. Questo progetto vuole dare l’opportunità a giovani con disagio sociale, specialmente NEET, di mettersi alla prova con attività che sviluppino le competenze imprenditive, l’assunzione di responsabilità e la capacità riattivarsi e tornare così parte viva della comunità.
Info: https://bikehostel.it/chi-siamo/

9 Fondazione Cariplo, progetto Neetwork
È un progetto di a sostegno della componente più vulnerabile dei Neet. Si è svolto in due fasi, la prima tra il 2016 e il 2019 e la seconda tra il 2021 e il 2023. L’obiettivo era quello di riattivare i giovani mediante un percorso di avvicinamento al lavoro. Nel “pacchetto” c’erano azioni di rafforzamento e orientamento, formazione in ambito digitale, tirocini retribuiti di 6 mesi presso enti di Terzo settore o imprese realizzati in partenariato con Mestieri Lombardia, Fondazione Adecco e Istituto Toniolo. Sono state attivate 776 posizioni di tirocinio, mentre i giovani attivati sono stati 282. Il progetto ha permesso di “sedimentare” alcuni apprendimenti, fra cui il fatto che i giovani reperiti attraverso i social presentano tassi di attivazione più elevati rispetto a quelli che hanno portato un CV ad uno sportello per il lavoro. In questo momento Fondazione Cariplo ha aperto un bando da 2,3 milioni di euro rivolto alle organizzazioni senza scopo di lucro per interventi dedicati ai Neet più fragili, compresi quelli più difficilmente raggiungibili perché non in carico ai servizi formali e informali. I progetti offriranno ai giovani tirocini di almeno 6 mesi o contratti di lavoro di almeno 4 mesi e – dove possibile – la ripresa degli studi per il conseguimento del diploma di scuola secondaria di primo o di secondo grado o della qualifica professionale. Se abitate nel territorio di riferimento di Fondazione Cariplo – Lombardia, province di Novara e Verbano-Cusio-Ossola – e i vostri figli hanno un’età compresa tra i 18 e i 29 anni, tenete d’occhio il sito (e i social) di Fondazione Cariplo perché entro fine anno partiranno i nuovi progetti.
Info: https://www.fondazionecariplo.it/it/progetti/servizi/neetwork.html

10. Progetto Se_Po_Pas. Sentieri ponti e passerelle per il diritto alla crescita e allo studio – Con i bambini
Il progetto finanziato dall’impresa sociale Con i Bambini con il Fondo per la povertà educativa minorile prevede la sperimentazione di un “biennio ponte” rivolto ai giovani che non studiano e non lavorano, alternativo al percorso di studio tradizionale, attraverso percorsi di crescita strutturati, personalizzati e finalizzati al rafforzamento delle life skill e alla presa di coscienza delle proprie capacità e dei propri talenti. Il progetto si svolge in aree molto fragili di Napoli, Milano, Trento, Reggio Calabria e Messina. Il soggetto responsabile è l’Associazione Quartieri Spagnoli Onlus.
Info: https://percorsiconibambini.it/sepopas/

Foto Unsplash

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