Volontariato
Danieli, il manager filantropico: «Una ferita profonda, qui c’è la mia memoria»
Il vicepresidente e direttore generale di Fondazione Golinelli, racconta l'emergenza in Emilia Romagna, tra ricordi personali, emozioni e analisi. «La risposta dei volontari è stata incredibile. Ora ci aspettano mesi molto duri»
di Redazione
La pesca alla carpa sul Senio, quanto era ragazzino, «sì, ma poi le ributtavamo in acqua», le giornate in bici avanti e indietro per la vallata, «adesso non sono così allenato», la tomba «di mio papà, che è seppellito qui», ma anche l’impegno della fondazione Golinelli, di cui è vicepresidente e direttore generale, per la raccolta fondi per la biblioteca Manfrediana di Faenza e per il comune di Casola Valsenio (provincia di Ravenna), dove è nato, per la ricostruzione di strade e case.
Parlare dell’alluvione in Emilia Romagna con Antonio Danieli, 48 anni, è un po’ come aprire tante porte: la memoria, il ruolo all’interno dell’istituzione filantropica voluta da Marino Golinelli, il cittadino, l’uomo che si preoccupa della «zia che ha dovuto abbandonare la sua casa perché quella accanto è stata distrutta da una frana», l’osservatore. «Casola è un posto splendido, resta un posto splendido. È un luogo d’incanto».
La casa e il cuore
«Una ferita profonda». Queste le parole che usa Danieli per cercare di fare una sintesi di quello che è accaduto nella regione. Una frase che gli esce dal cuore, senza neanche pensarci troppo. «È sconvolgente. Io – racconta – vivo tra Casola e Bologna. Ho vissuto tanti anni a Milano. Ma è evidente che qui c’è la mia anima e il mio cuore: qui c’è la casa di famiglia, la memoria, l’infanzia. Vedere crollare intere coltivazioni è sconvolgente». Anche sulla risposta dei romagnoli Danieli non ha dubbi. «È stata eccezionale. È gente abituata a dare prova concreta di se, con il badile in mano». Una parola anche per la mobilitazione nazionale: «È stata una grande dimostrazione di solidarietà». Poi il pensiero va a “Oltre lo spazio, oltre il tempo”, mostra in allestimento al Centro Arti e Scienze Golinelli di Bologna, che si chiude domenica. «Volevamo fare una festa: tutto il ricavato lo doneremo alla biblioteca Manfrediana di Faenza. Una struttura «molto frequentata dai giovani che – sottolinea Danieli – è stata quasi completamente cancellata dal fango». Intanto il rumore degli elicotteri è assordante. «Fanno avanti e indietro dal campo base. L’emergenza non è finita. Dalla mia finestra vedo le frane oltre la collina». Oggi? «Voglio assicurarmi che la mia casa non abbia danni. Poi vado a trovare mia zia».
Coordinamento efficace in tempi rapidi
Antonio Danieli ha sottolineato anche la capacità di «organizzazione del volontariato. Una capacità di intervento fenomenale e, devo dire, tipicamente italiano». Coordinare in tempi rapidi «centinaia di migliaia di persone in pochi attimi è fondamentale ed è un aspetto che connota in maniera importante il terzo settore».
Migliaia di frane e sfollati. Coltivazioni a rischio
Casola Valsenio è un paese di poco più di 2500 anime, «sopra le colline di Faenza. A valle sono arrivati i fiumi che si sono gonfiati con gli allagamento, mentre nella Valsenio sono venute giù migliaia di frane. Non si contano. Sono crollati interi pezzi di colline, con tanti sfollati (almeno 200) e 90 chilometri di strade interrotte. Il paese è tornato accessibile solo oggi». Senza contare «tante case spazzate via soprattutto nelle zone collinari». Per Antonio Danieli il problema sono «le coltivazioni a rischio» e ammonisce sulla necessità di tenere alta l’attenzione. «Anche sul profilo economico e finanziario. Ci aspettano mesi e anni di duro lavoro per ripartire».
Nella foto in apertura e in quella qui sopra, una zona della provincia di Ravenna colpita dall'alluvione. Le immagini sono di Antonio Danieli
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