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Faenza, mille sfollati e il grido d’aiuto della prof.: «Adottate un comune»
Federica Bandini, docente al Polo di Forlì dell'Alma Mater, racconta il "giorno dopo" faentino. Con gli sfollati al Palazzetto e gli associati delle realtà a cui partecipa, isolati coi loro figli con disabilità
di Redazione
Federica Bandini, 56 anni, insegna management dell’economia sociale all’Università di Bologna, sede di Forlì. Vive a Faenza, «l’epicentro dell’alluvione. La situazione qui è tragica. Peggio non c’è.
Fuori qui è “The day after”», riporta senza esitazioni. «In strada ci sono solo camionette dei carabinieri e vigili del Fuoco ed elicotteri sopra la testa». Federica, madre di due figli, membro di importanti associazioni locali che si occupano di disabili (tra cui Grd – Genitori ragazzi con disabilità e Associazione sportiva disabili Faenza), abita appena fuori città. «Noi siamo fortunati, viviamo in una sorta di piccolo atollo, una piccola zona a Nord non coinvolta nella piena. Consideri che invece c’è acqua nel 70% della città e ci sono aree in cui è arrivata al terzo piano, con la gente portata via dai tetti con l’elicottero», racconta. Parla poi dell’altra notte come quella della «”tempesta perfetta”: il mare era in burrasca, i fiumi non scaricavano e diluviava da 36 ore». E non va dimenticato che la città era stata colpita all’inizio di maggio da un’altra alluvione, «un’inondazione da 7/8 metri d’acqua, stavolta ne sono arrivati 9 e mezzo».
Internet a sprazzi e supermercati senza scorte
«Andare a lavoro? Forse non è chiara una cosa. Qui è tutto bloccato, non si va a lavoro, scuole e università sono chiuse, non ci può essere gente in strada. La Faenza-Forlì è un fiume». Una testimonianza diretta, verticale, quella della professoressa di economia che si sovrappone e rafforza le notizie ufficiali. «Ieri non ho potuto fare neanche didattica a distanza perché non c’era linea. Ma in molti comuni non c’è luce né acqua». Sul fronte approvvigionamento la situazione poi non è migliore. «I pochissimi supermercati aperti non hanno scorte, perché molte strade sono bloccate. Non si trova più niente e abbiamo bisogno di tutto». E quel tutto sono anche vestiti e stivali di gomma. «Abbiamo mille sfollati a Faenza. Sono uscita due volte per portare asciugamani e coperte al palazzetto», dove hanno trovato rifugio quelli che hanno perso casa.
La notte più difficile
La notte tra martedì e mercoledì è stata quella più difficile. «C’era un sacco di gente che chiedeva aiuto sui tetti. All’una di notte una famiglia di amici con una neonata di sei mesi era già salita in soffitta e da lì chiedevano aiuto sulla pagina Facebook del sindaco. Poi alla mattina hanno scritto “Siamo salvi”. Ecco, il clima era questo. Nessuno quella notte ha chiuso occhio. Elicotteri su e giù, avanti e indietro. Era come essere in guerra».
L’elettricità e le cose di cui c’è bisogno
Una situazione che Federica continua a raccontare, come se fosse un terremoto. «C’è il problema della casa, probabilmente allestiranno un campo, e per chi non l’ha persa quello dell’elettricità. Oggi stanno riattivando anche la rete. Un incubo, mai pensavo di vivere una cosa simile». L’emergenza ha coinvolto anche i più fragili e le strutture di sostegno. «Come “Grd – Genitori ragazzi con disabilità” abbiamo molte famiglie di persone con disabilità che sono isolate o sfollate. Ci sono strutture come la casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII che hanno perso tutto». Di cosa c’è bisogno? «Di ricostruzione totale. Qui intorno sono saltate strade venute giù di 100 metri e sono crollati ponti. Oltre alle singole associazioni, sono i comuni ad avere necessità di risorse. L’idea? Adottarne uno».
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