Famiglia

Genitori smarriti: perché dobbiamo tornare ai cortili

Questo il tempo in cui la fragilità delle relazioni si traduce in patologizzazione. Ogni “zona grigia” del malessere diffuso viene spinta verso una dimensione medicalistica e clinica. Questa tendenza nasce dal totale disinteresse pubblico verso le questioni dell’educazione familiare: incontrarsi fra genitori e ricreare vicinanza è invece la strada giusta per agevolare la famiglia nei suoi compiti educativi

di Vanna Iori

La famiglia è il luogo dove l’essere–con, costitutivo dell’umana esistenza, diventa un essere-per, nella relazione genitoriale che rappresenta il senso del prendersi cura. La famiglia è l’ambito fondamentale dell’umanizzazione della persona nell’esperienza educativa. Oggi si parla molto, e spesso in modo strumentale, di questa dimensione nei rapporti tra genitori e figli. Il diritto-dovere formativo è diventato infatti ancor più urgente, poiché i profondi cambiamenti che stanno contrassegnando i rapporti familiari, in continuo precario equilibrio tra sollecitazioni diverse, responsabilità, tempi, interrogativi, hanno indotto nei genitori e nei figli insicurezze e fragilità psicologiche nuove. Le ricerche e le informazioni mediatiche sono però predominanti sui bisogni e sulle fragilità dei figli. Vi è invece troppo silenzio sui disagi dei genitori “smarriti”, che non trovano risposte di fronte al malessere o ai comportamenti devianti dei figli.

Accanto a sentimenti di serenità, calore, intimità, vi è un innegabile diffuso disagio genitoriale nell’esercitare il ruolo di guida ed essere punto di riferimento significativo per la crescita educativa.

Proprio per la complessità nella fenomenologia di tale disagio è necessario individuare indicazioni orientative in prospettiva pedagogica e sociale. L’incertezza di molti genitori che si chiedono se sia ancora possibile educare i propri figli ha origine nella dissoluzione del tessuto del contesto sociale. Vi è silenzio, forse timore di mostrarsi inadeguati. Ciò rende sempre più arduo il compito di insegnare e trasmettere idealità e valori, di combattere il relativismo, l’indifferenza, il disagio emotivo, la sopraffazione e la violenza, di non assumere i modelli dominanti improntati alla sopraffazione o all’isolamento, di essere invece seme di cambiamento, di futuro, di speranza, di solidarietà.

La famiglia attuale è "orfana" di modelli in senso longitudinale e povera di confronti in senso trasversale. La solitudine nella quale si trovano i genitori e la carenza di relazioni con altre famiglie pongono in luce quanto sia difficile trovare sollievo e aiuto nei momenti di “normale” o eccezionale disagio. Le preoccupazioni educative dei genitori o le difficoltà comunicative restano in generale circoscritte all’ambito del solo nucleo, senza trovare una indispensabile via della condivisione con altre famiglie, del dialogo, dello scambio di esperienze e di percorsi di vita comunitaria. Il rafforzamento della genitorialità non può essere disgiunto dalla costruzione di reti più vaste di solidarietà e condivisione. Incontrarsi con altri genitori è fondamentale.

Purtroppo, questo è il tempo in cui la fragilità delle relazioni si traduce in patologizzazione che è, spesso, la risposta più facile al malessere diffuso: questo spinge ogni “zona grigia” del disagio verso una dimensione medicalistica e clinica che non sa cogliere i punti di rottura e, soprattutto, non coltiva gli strumenti per affrontarli. Questa tendenza nasce prioritariamente di fronte al totale disinteresse pubblico verso le questioni dell’educazione familiare. Il silenzio dell’informazione (che pare risvegliarsi occasionalmente e in modo distorto soltanto a seguito di eventi tragici, clamorosi ed estremi) lascia i genitori di fatto sprovvisti di orientamenti per la loro progettualità educativa; e nonostante l’educazione familiare venga indicata come decisiva per l’intero sviluppo della società, non esistono (se non sporadicamente) percorsi formativi per genitori, gruppi di mutuo aiuto tra famiglie, esperienze di sostegno alla dimensione educativa.

È necessario potenziare una genitorialità diffusa che si eserciti in spazi di socialità territoriale e che oggi è scomparsa. Questa fisionomia del contesto sociale non permette ai bambini di vivere, con la stessa modalità precedenti, luoghi e tempi di gioco in ambiti che facciano riferimento ad un modello che coinvolgeva più famiglie nel condividere l’educazione dei figli, allentando il peso della responsabilità individuale nella con-divisione degli orientamenti e delle norme. Il bisogno di cortili e di genitorialità diffusa può oggi trovare risposta nella creazione di occasioni in cui il territorio torni a vivere, i bambini possano riappropriarsi dello spazio condiviso e le famiglie possano ricostruire i rapporti di vicinato.

La costruzione di legami e relazioni significative tra le persone e la promozione di una responsabilità diffusa della comunità si attua prima di tutto sostenendo l’associazionismo familiare, i gruppi di incontro, la vita del quartiere o della parrocchia o di altri centri d’incontro. Oggi ricostruire il senso di comunità è un tassello decisivo per impedire un ulteriore deterioramento delle relazioni familiari. Per questo, non basta pronunciare dichiarazioni spot contro la denatalità e il sostegno alla famiglia, ma serve mettere in campo azioni concrete capaci di attivare risorse per agevolare la famiglia nei suoi progetti di vita e nei suoi compiti educativi, in rapporto alle esigenze della quotidianità, nelle varie fasi del ciclo di vita familiare.

La promozione del lavoro sociale di rete è perciò uno dei primi obiettivi di prevenzione del disagio genitoriale. Mettere in comune esperienze e risorse e interventi di sostegno attivo alla progettualità genitoriale nell’esperienza quotidiana possono promuovere occasioni d’incontro tra le famiglie per favorire lo scambio delle esperienze e il potenziamento dell’autoconsapevolezza.

Dobbiamo curare le profonde ferite aperte nella collettività e nelle relazioni, dando aiuti concreti ai genitori che si trovano in balìa di grandi cambiamenti, senza strumenti per trovare risposte efficaci. Questi genitori sono ancora di più insicuri nell’assumere responsabilità di fronte ai cambiamenti dei figli, ascoltarli, interessarsi dei loro vissuti, mantenere aperto il dialogo e sostenerli. Il ruolo educativo è mutato: c’è chi è riuscito a costruire nuove dinamiche, altri invece non sono riusciti a trasformarsi e ad affrontare la crisi. Un declino della qualità relazionale nel rapporto all’interno delle famiglie per cui sono necessarie risposte reali e non mere dichiarazioni.

Sarà un lavoro molto complesso che richiederà la mediazione delle agenzie formative e un nuovo forte impegno educativo. L’aspetto fondamentale sarà quello di ri-costruire alleanze, reti comunitarie tra famiglie, patti di alleanza con altri genitori per ritrovare assieme la possibilità di essere di nuovo riconosciuti come figure significative, riferimento protettivo, autorevole sul versante affettivo e su quello esistenziale. Attraverso esperienze di incontri e di genitorialità diffusa, potremo ridare alle famiglie il senso del loro vissuto per consentire ai figli di ritrovare fiducia e risposte alle insicurezze che travagliano le esistenze giovanili.

*Vanna Iori, pedagogista, è ordinaria di Pedagogia all'Università Cattolica di Milano

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.