Welfare

Anziani non autosufficienti, come cambiano Rsa e servizi residenziali?

La legge delega per la riforma della non autosufficienza supera la contrapposizione tra domiciliarità e residenzialità, per un continuum di servizi. Riformare la residenzialità è una grande sfida, per le diverse organizzazioni regionali, la carenza di personale, l'impossibilità ristrutturazioni sostanziali di alcuni edifici. Cosa serve? Risorse, per portare i posti letto più vicini alla media europea. E per retribuire gli operatori, perché non è pensabile che l’assistenza agli anziani sia sorretta da lavoro povero

di Daniele Massa

Che cosa cambia per i servizi residenziali con la legge delega sulla non autosufficienza? È una domanda legittima, soprattutto se fatta dalle persone anziane interessate, dai loro familiari e dagli operatori del settore. La Legge 23 marzo 2023, n. 33 “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” non è infatti di facile lettura e molti riferimenti non hanno ricadute concrete che la rendano più comprensibile. Vale la pena per rispondere alla domanda su cosa cambia per i servizi residenziali, riassumere il percorso previsto nella legge.

In termini sintetici e concreti:

  • è semplificato il percorso di accesso e di valutazione: ci sarà una valutazione multidimensionale unificata, nazionale, che assorbirà tutte le attuali valutazioni, per accedere al Servizio nazionale anziani non autosufficienti (Snaa) e che attribuirà le prestazioni nazionali da ricevere. Questa valutazione a livello locale sarà integrata dai Punti unici di accesso vicini ai cittadini, con una valutazione della Unità valutativa multidisciplinare finalizzata a predisporre il Piano di assistenza individuale;
  • è riqualificata la dotazione di personale nei servizi residenziali che sarà commisurata alle esigenze delle persone in carico, con la presenza di personale professionale qualificato in relazione alla sempre maggiore complessità delle persone anziane ospitate e in grado di gestire tutte le problematiche e le opportunità che si presentano;
  • è previsto che le strutture abbiano ambienti di qualità, amichevoli, familiari e sicuri, organizzati per garantire le normali relazioni di vita.

Quindi facilitazione del percorso con criteri di valutazione omogenei in tutto il Paese, con due momenti di accesso ai servizi: la valutazione unica di valenza nazionale e una locale per la definizione del piano assistenziale. Non più rimbalzi fra uffici, duplicazioni di pratiche, visite ripetute ecc. ecc. Il superamento della situazione attuale favorirà le persone più in difficoltà, che in molti casi non accedono ai servizi perché non in grado di orientarsi e per le quali la frammentazione diventa spesso nei fatti un ostacolo insuperabile.

È molto o è poco quello che la legge propone, in particolare per il tema della residenzialità? Questa proposta recepisce molti dei contenuti della proposta del Patto della Non Autosufficienza, più articolata, ma di cui non è stato perso il senso. Va sottolineato in positivo come sia stato superato un dibattito a volte veramente incomprensibile per il quale la risposta residenziale sembrava non più necessaria se non addirittura dannosa: insomma, un “tutti a casa, solo domiciliarità!”. Ma sanno bene le persone anziane non autosufficienti ed i loro parenti che non sempre è possibile restare a casa. La legge, pur affermando la centralità del domicilio, ha assunto il tema della rete integrata di tutti i servizi, dalla domiciliarità alla semiresidenzialità alla residenzialità, secondo i bisogni e i desiderata delle persone. La legge lo definisce un “continuum di servizi per le persone anziane fragili e per le persone anziane non autosufficienti”. Ed è anche da sottolineare che l’assistenza alle persone non autosufficienti venga assicurata dal Snaa con i principi di universalità, uguaglianza e equità. Per questo il giudizio è positivo, ma tutto questo potrà accadere solo se la legge verrà portata avanti e applicata.

Adesso infatti comincia una fase molto delicata, quella della messa a terra della riforma, di cui i principali passaggi saranno l’adozione entro il 31 gennaio 2024 dei decreti legislativi, che renderanno operative le disposizioni della legge. In questa fase, si gioca molto della riforma.

Nel settore della residenzialità i problemi non sono pochi, in particolare:

  • in questa materia ogni regione si è organizzata in modo autonomo e lo stesso acronimo “Rsa” non ha lo stesso significato in tutto il paese. I decreti legislativi dovranno indicare misure idonee, che individuino adeguati e omogenei livelli di assistenza a livello nazionale, anche in relazione alla dotazione di personale, attraverso i criteri di autorizzazione e accreditamento nel rispetto delle competenze garantite dalla Costituzione alle Regioni ed agli Enti Locali;
  • la questione del personale, oltre a standard diversi fra Regioni, è complicata anche dalla carenza di figure professionali, che non sono reperibili (infermieri, OSS, terapisti della riabilitazione, ecc.). Gli infermieri mancano non solo alle Rsa, ma a tutto il sistema sanitario: l’Italia ha 6,3 infermieri ogni mille abitanti, rispetto ad una media Ue di 9,6. Allo stesso modo mancano anche altre figure professionali;
  • l’impossibilità di molte strutture, spesso anche per limiti oggettivi di carattere architettonico e per difficoltà economiche, ad affrontare ristrutturazioni radicali. Andranno trovate soluzioni perché tutte assicurino un’accoglienza di tipo amichevole. Un’evoluzione quindi del sistema delle Rsa da governare e accompagnare, anche se molte delle attuali strutture hanno già ambienti qualificati in questo senso;
  • il tema di riequilibrio territoriale delle Rsa. La media italiana è di 18,9 posti letto per mille anziani, con una differenziazione che vede una progressiva diminuzione di posti dal Nord al Sud: si va dai 30 posti letto per mille anziani del Piemonte ai 9,8 della Sicilia. Ma il dato più allarmante è il confronto con la media europea: 18,9 posti letto per mille anziani in Italia rispetto ai 47,2 della media europea, meno della metà.

Infine, ma non certo ultimo resta aperto il tema delle risorse economiche. La riforma per decollare non ha solo bisogno di un buon impianto legislativo, richiede risorse aggiuntive, sia per una appropriata assistenza domiciliare, come pure per l’assistenza semiresidenziale e residenziale. In alcuni ambienti a volte si è detto che si spende troppo per la residenzialità rispetto alla domiciliarità, come ad evocare uno spostamento di risorse da un settore ad un altro. La strada non è questa, se vogliamo assicurare il continuum assistenziale: le risorse finanziarie sono complessivamente insufficienti per la non autosufficienza, ed è impensabile che si operi senza un importante investimento in merito. Pensiamo anche alle condizioni di lavoro degli operatori: la qualità che la Legge 33/2023 richiede non può prescindere anche da buoni rapporti di lavoro e da una giusta retribuzione del lavoro, con servizi adeguatamente remunerati. Non è pensabile che l’assistenza agli anziani sia sorretta da lavoro povero.

Il tema delle risorse per avviare la riforma dell’assistenza agli anziani è il nodo politico dei prossimi mesi, già a partire dalla legge di bilancio 2024. Il Governo in primo luogo e le forze politiche dovranno assicurare che questo tema diventi una priorità dell’agenda politica del nostro Paese. A tutto il mondo delle persone interessate, anziani, familiari, operatori, gestori, comunità scientifiche il compito di mantenere alta l’attenzione sul tema, con iniziative di informazione, sensibilizzazione, dibattiti: una mobilitazione sociale a sostegno dei nostri anziani. Questo è un impegno che le 57 organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza continueranno a portare avanti. È importante non sprecare l’opportunità che la Legge 33/2023 sta dando.

*Daniele Massa, Ufficio di Presidenza della Diaconia Valdese e Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza

Foto di Fondazione Don Carlo Gnocchi

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