Cultura

Una scuola da rifare

Neil Postman paragonava la scuola a un sarto che cuciva un solo modello di pantalone: se non calzava a pennello, la colpa era del cliente. Una scuola che ogni anno perde 100mila ragazzi e che non riesce a colmare le disuguaglianze è una scuola da cambiare. Ecco i libri per provarci

di Sara De Carli

Ops, il video è diventato virale. Accade spesso sulla scuola, argomento su cui tutti ci sentiamo legittimati a dare i giudizi più netti e incontrovertibili. In questi giorni così è diventato virale il video della mamma che, su TikTok, se la prende con i docenti che danno troppi compiti ai bambini, mandando in crisi d’ansia alunni e genitori. Un aneddoto, se vogliamo, con uno dei tormentoni più classici del dibattito attorno alla scuola, quello sui compiti. L’occasione però per tornare a dire che la scuola ha bisogno di cambiare. Perché una scuola che ogni anno perde 100mila ragazzi e che non riesce a colmare le disuguaglianze è senza dubbio una scuola da cambiare. Neil Postman paragonava la scuola a un sarto che cuciva un solo modello di pantalone: se non calzava a pennello, la colpa era del cliente. Una scuola che ogni anno perde 100mila ragazzi e che non riesce a colmare le disuguaglianze è una scuola da cambiare. Ecco sette libri sulla scuola e sulla necessità di ripensarla.

La scuola dell'età dello tsunami. Un manifesto per una nuova scuola media
di Daniele Barca
Giunti
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La scuola media unica compie 60 anni: la legge che l’ha istituita è del dicembre 1962. Il suo destino, ieri come oggi, è quello di essere segnata dall’indeterminatezza della sua identità: una scuola di passaggio per un’età di passaggio. E invece, dice Daniele Barca, dirigente scolastico appassionato, serve ripartire proprio da qui, nel progettare il cambiamento della scuola, dal sognare e immaginare una scuola “media” diversa, identitaria, come scuola specifica per l’adolescenza, di scuola nell’età dello tsunami. «Dovrebbe essere una scuola dell’identità e del suo affermarsi – scrive Barca – mentre oggi il problema dell’affermarsi dell’io nei tre anni che vanno dagli 11 ai 14 è preso in considerazione nella nostra scuola media più come emergenza da sportello di ascolto (se non quando derubricato a bullismo e dintorni), che come evidenza che favorisce l’apprendimento». Ed ecco che il libro si chiude con un Manifesto 2023, perché «forse una volta per tutte dovremmo decidere cosa farne di questo segmento di vita dei nostri ragazzi. Tre anni che passano in un soffio ma costruiscono la persona, forse più dei 5 precedenti e dei 5 successivi. Eppure è come se non esistesse».

Educare controvento. Storie di maestre e maestri ribelli
di Franco Lorenzoni
Sellerio
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Sette questioni educative cruciali nei capitoli dispari – la scelta, il corpo, lo spazio, il tempo, il dialogo, l’arte del convivere, la conversione ecologica – e nove storie di maestre e maestri nei capitoli pari, «che in epoche e contesti diversi hanno promosso ribellioni efficaci». Da Mario Lodi a Greta Thunberg, passando per Carla Melazzini. È questa la struttura che Franco Lorenzoni, maestro, animatore della casa-laboratorio di Cenci, colonna del Movimento di Cooperazione Educativa. Questo appena uscito è il suo terzo libro, dove illustra «la pedagogia dell’educare controvento». «La peggiore offesa all’infanzia sta nel costringere bambine e bambini e adolescenti a trascorrere ore e ore a scuola insieme ad adulti pigri, demotivati e frustrati, a insegnanti che hanno smesso di ricercare e credere nella cultura come luogo di conoscenza di sé e leva di trasformazioni individuali e collettive», scrive. «Il cuore dell’educazione attiva sta nel costruire strumenti per arricchire le qualità e potenzialità di ciascuno alimentando la fiducia in se stessi e, al tempo stesso, nella capacità di seminare inquietudine, cercando ogni modo per moltiplicare le domande. Seminare inquietudine dovrebbe essere un anelito costante in chi educa […]. La cultura e la conoscenza non si possano trasmettere ma solo costruire e ricostruire, ciascuno a modo suo, possibilmente insieme. Per farlo dobbiamo sperimentarci in un artigianato dell’educare, da arricchire e mettere a punto in continui confronti».

A scuola con filosofia. Dai Maneskin a Zero Calcare e oltre
di Massimo Iiritano
Jouvence
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C’è la mail di Leticia, che mentre ascolta Golden di Harry Styles scopre dei parallelismi fra quel testo e la poetica dello stilnovo. Ci sono le riflessioni dei ragazzi sui testi dei Maneskin: quindicenni di un istituto tecnico che si affacciano a scoprire che la filosofia è già fra loro e dentro di loro, non è una materia estranea, serve solo un’opera maieutica per tirarla fuori. C’è il loro dialogo con Michela Marzano. C’è la “lettera dall’inferno” che Cristina scrive a Dio. Questo libro racconta un’esperienza, quella di un filosofo in un istituto tecnico economico di Soverato che accanto all’insegnamento in aula avvia con alcuni alunni un laboratorio di filosofia. «A scuola con filosofia» così diventa il motto di un nuovo modo di stare a scuola: insieme ai ragazzi, in ascolto e in dialogo delle loro e delle nostre inquietudini. C’è anche un po’ di VITA in questo volume: la seconda parte raccoglie infatti i testi che Massimo Iiritano ha scritto su VITA negli anni della pandemia, per raccontare una scuola che resiste e che si dilata quando si lascia interpellare dalla freschezza delle domande e delle provocazioni dei ragazzi.


Le scuole. Da beni pubblici a beni comuni
Rapporto Labsus
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Non è un libro, ma un rapporto. Il nuovo Rapporto Labsus sull’amministrazione condivisa, quest’anno mette al centro l’educazione come bene comune, «perché il futuro della Scuola e quello del nostro Paese sono incrociati, lo abbiamo imparato durante la pandemia e non possiamo permetterci di dimenticarlo». Lo fa attraverso un’indagine inedita effettuata su ben 102 Patti che vedono la Scuola al centro, con decine di migliaia di persone coinvolte. È la prima indagine quali-quantitativa sia sui Patti di collaborazione (50) sia sui Patti educativi di comunità (52), frutto del lavoro congiunto fra Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà e Indire – Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca educativa che nell’estate 2021 hanno costituito un Osservatorio nazionale sui Patti educativi. Il primo appuntamento di presentazione del Rapporto sarà il 28 marzo alle ore 18:00, in diretta canali Facebook e Youtube di Labsus. «Il lavoro di ricerca sui patti di collaborazione e patti educativi di comunità ci ha insegnato che la scuola è uno spazio di frontiera, luogo dell’incontro e dell’accoglienza, dove si sperimenta una forma di autonomia libera dal potere dell’autorità e ricca del potere delle relazioni», anticipa Pasquale Bonasora, presidente di Labsus. «Il Rapporto analizza un campione di 102 Patti distribuiti su tutto il territorio nazionale. La prima parte restituisce un’indagine quali-quantitativa dei dati raccolti, la seconda dà spazio ad una raccolta di esperienze territoriali, la terza analizza i primi risultati della recente stagione dei Patti educativi di comunità raccolti attraverso l’Osservatorio nazionale, organizzato in collaborazione tra Labusu e Indire».

Da piccolo ero un genio. Sette capacità da non perdere diventando adulti
di Anna Granata
Gribaudo
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«Com’è possibile che i bambini siano tutti così intelligenti e la maggior parte degli adulti così stupidi? Dev’essere il frutto dell’educazione»: è questo l’esergo che Anna Granata – professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione della Bicocca – ha scelto per il suo libro. È bella la provocazione, è bello il mix fra saggio scientifico e graphic novel, è bello il tono. Sette capacità – l’immaginazione, l’autonomia, la curiosità… – vengono rilette nel loro significato profondo per ciascuna persona, nella loro dimensione pedagogica ma anche riportate al contesto concreto dell’aula. «Per i bambini è sempre tempo di immaginare alternative possibili: nemmeno per noi è finito quel tempo se solo decidiamo di riprendere a giocare», conclude l’autrice.

Specialità e normalità. Affrontare il dilemma per una scuola equa e inclusiva
di Dario Ianes
Erickson
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Alunni con disabilità, con background migratorio, Bes, Dsa: la scuola oggi è il luogo della infinita varietà delle differenze umane. Serve una didattica speciale per tutti? Dario Ianes, professore di pedagogia dell'inclusione, nel suo nuovo libro dice che «l’inclusione in educazione non ha come target un gruppo specifico di alunni, ma intende portare l’attenzione sull’equità dell’offerta formativa. Una scuola equa è una scuola che ha il coraggio di “fare differenze” positive là dove non farle genererebbe disuguaglianze». Il primo dilemma dell’inclusione allora qual è? È quello tra specialità o normalità. Perché se punti sulla tecnica hai dei vantaggi in termini di efficienza, ma perdi i vantaggi della socialità, dell'appartenenza, della normalità. Mentre se punti sulla normalità hai i benefici dell'accoglienza e della socialità, ma perdi i benefici della competenza tecnica. È un dilemma lacerante, perché l’ideale sarebbe avere tutte e due le cose. Ma riconoscere che il dilemma c’è – ed è forte – è l’inevitabile punto di partenza. E ancora: gli insegnanti di sostegno, li formo di più o no? Più formati vuol dire più competenti, ma poi si rischia che gli altri docenti deleghino ancora di più a loro. Il Pei è certamente un'ottima cosa, ma può diventare anche un passaporto per l’esclusione? L’etichetta di Dsa protegge e tutela, ma può essere anche una stigmatizzazione che ostacola? «La percezione di questi dilemmi non c’è tanto nella quotidianità della scuola, mentre è importante che gli insegnanti si pongano il dilemma, ci si soffermino», dice Ianes. Come insegna Morin, «dobbiamo affrontare il dilemma e assumerci la sfida di riuscire a tenere insieme anche le cose apparentemente più inconciliabili. Non si tratta di mescolare il bianco e il nero per farci un grigio, per trocare una sintesi: le differenze restano, ma il conflietto generativo modifica un po’ sia la specialità sia la normalità. Ciascuna delle due ne esce un po’ diversa».

A Chance to Make History
di Wendy Kopp
HighBridge Audio

Infine un extra. Il libro un po' datato (è del 2011) ma la sua autrice (e la sua storia) io l’ho appena scoperta. Lei è Wendy Kopp e nel 1989 ha fondato Teach For America, una non profit la cui missione è quella di “arruolare” nella scuola pubblica e più in generale nel sistema educativo i giovani più promettenti del Paese, per cambiare la scuola e fare della scuola il luogo d’eccellenza per il superamento delle disuguaglianze, così che ogni bambino possa sviluppare il proprio potenziale. Me ne ha parlato Andrea Pastorelli, direttore generale di Teach for Italy, in un’intervista che leggerete a breve su VITA. Teach for Italy è nata a fine 2019 e ha già 43 fellow nelle scuole italiane. Questa storia mi ha incuriosito tantissimo.

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