Economia
Disuguaglianze, per gli italiani le cooperative migliori delle imprese di capitali
Il nuovo Report FragilItalia, elaborato da Legacoop e Ipsos, analizza un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione. Emerge il bisogno di sviluppare, a fronte di un modello centrato sull’esasperazione dell’individualismo, nuove forme di mutualismo e collaborazione tra le persone. Il 70% degli intervistati si esprime a favore del mondo cooperativo
di Redazione
Le cooperative? Per 7 italiani su 10 sono più importanti delle imprese di capitali per contrastare le disuguaglianze sociali. Inoltre, svolgono un ruolo positivo sul territorio, in particolare per tutelare le fasce più deboli, creare opportunità per i giovani e offrire lavoro regolare. È quanto emerge dal Report FragilItalia “Le cooperative e il loro valore per la società”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione per testarne le opinioni relative al tema. La rilevazione aggiorna e integra una precedente analisi, realizzata all’inizio dello scorso autunno, che evidenziava il rafforzarsi (in conseguenza della pandemia, del conflitto in Ucraina e dell’impennata inflattiva) del bisogno di sviluppare, a fronte di un modello centrato sull’esasperazione dell’individualismo, nuove forme di mutualismo e di collaborazione tra le persone, da sempre alla base dell’esperienza cooperativa.
È un dato che trova conferma nell’analisi più recente, dove il 71% degli intervistati (con punte di oltre l’80% tra gli over 65, del 75% al Sud e nel ceto medio basso) ritiene che le cooperative siano più importanti delle imprese di capitali per un efficace contrasto alle disuguaglianze sociali. Indicative, in questo senso, le caratteristiche identitarie che vengono attribuite in maniera preponderante alle cooperative rispetto alle imprese di capitali: onestà, equità, giustizia, armonia si collocano al 70% per le cooperative, rispetto a valori che oscillano tra il 30% e il 35% per le imprese di capitali. Inoltre, la percentuale complessiva di chi ritiene che le imprese cooperative rappresentino un modello di economia giusta, pari al 47% (con punte del 55% al Sud e del 53% nella fascia 18-30 anni) è superiore a quella di chi esprime un giudizio totalmente (13%) o parzialmente (31%) opposto, mentre il 10% non si pronuncia.
«Crisi, pandemia, guerra e inflazione: non è sorprendente che oggi le persone chiedano stabilità e benessere», è il commento di Simone Gamberini, presidente di Legacoop. «Monitoriamo sistematicamente la percezione che il Paese ha delle nostre organizzazioni, ma pure dei nostri principi e valori. Una volta questa nostra attenzione era dovuta, come molti, alla cura reputazionale, oggi indica ben altro: gli ultimi quindici anni, con l’ampliarsi di disuguaglianze e fratture sociali, hanno affermato l’esigenza di una economia più giusta e attenta alle persone e alle comunità, non solo al lucro. La cooperazione, e il suo spirito mutualistico, è associata sempre più a un modello di sviluppo sostenibile e umano. Giovani, donne, lavoro, territorio: le nostre imprese operano ogni giorno per ridurre i divari e promuovere innovazione inclusiva. Per questo siamo certi di essere, a pieno titolo, in sintonia con un sempre più ampio bisogno di economia sociale».
Il sondaggio si è poi concentrato su quali siano gli aspetti che qualificano il ruolo delle cooperative a livello del territorio, ovvero delle comunità in cui sono concretamente attive. Il 33% ha indicato l’impegno a tutelare le fasce più deboli (il 43% nella fascia 18-30 anni), il 29% la creazione di opportunità per i giovani, il 27% la capacità di offrire lavoro regolare (il 33% nelle Isole), il 25% la spinta a rendere il mercato più giusto (29% nella fascia 18-30 anni). Specularmente, gli intervistati valutano che se non fossero presenti le cooperative il territorio sarebbe meno ricco (65%), meno dinamico e con meno opportunità di lavoro (58%) e con più disuguaglianze sociali (52%).
Agli intervistati è stato infine chiesto di indicare, in una scala da 1 a 10, quanto siano importanti una serie di comportamenti che le imprese dovrebbero adottare per l’economia futura. Considerando i voti da 6 a 10, al primo posto risultano, ex aequo, il benessere lavorativo e l’attenzione alle persone e non solo ai profitti (89%), seguiti dal rispetto e tutela dei valori etico-sociali e dal sostegno e alleanza tra imprese (entrambi all’87%). All’86% si collocano lo sviluppo economico con obiettivi collettivi, il coinvolgimento attivo dei lavoratori nella vita dell’impresa, le minori differenze di stipendio tra manager e lavoratori.
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