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Un compagno che muore è un banco vuoto che chiede ascolto

In una scuola il banco rimasto vuoto in seguito alla morte di uno studente, rappresenta un elemento molto difficile da gestire per la classe. Cosa fare allora? Libellule nel cuore è un progetto che si prende cura del lutto di studenti, genitori e insegnanti. Ce lo racconta la coordinatrice Laura Felisati: «i primi giorni, le prime parole pronunciate, ciò che si riesce e non si riesce a condividere, rimangono a lungo nella memoria. Si ha bisogno di gesti silenziosi e di parole che toccano il cuore e la mente e di un tempo per il dolore»

di Sabina Pignataro

La perdita di una persona cara genera un vuoto interno e uno intorno. Il vuoto percepito per l’assenza si amplifica nei luoghi vissuti insieme, lì aleggiano le emozioni e affiorano i ricordi del tempo condiviso. In una scuola il banco rimasto vuoto in seguito alla morte di uno studente, rappresenta un elemento molto difficile da gestire per la classe.

Ci abbiamo riflettutto in seguito all’incidente stradale in cui morirono alcuni giovani; e nei giorni successivi al suicidio della studentessa dell’Università Iulm di Milano.

Gli insegnanti si trovano spesso in difficoltà, sia con le domande dei più piccoli che con il dolore dei più grandi, che si somma al loro. Cosa dire o non dire? In che modo? E ancora, qual è il ruolo della scuola e quello degli adulti al di fuori della famiglia?
Di fronte a un evento così traumatico mancano le parole, ci si interroga sui gesti da compiere e sul da farsi: la morte ci coglie impreparati. Per agevolare un percorso evolutivo positivo, è importante riuscire ad esprimere, condividere ed elaborare il trauma emotivo che ne consegue.


Libellule nel cuore è un progetto completamente sostenuto dalla Fondazione Maurizio Fragiacomo, che si prende cura del lutto di studenti, genitori e insegnanti, intervenendo nelle scuole di Milano e hinterland per offrire un supporto professionale, dedicato e attento, nei tempi giusti e necessari per l’adattamento alla perdita.
«Se si vivono esperienze traumatiche come la morte di un amico/a diviene più necessario dire, raccontare, formulare pensieri, dare spazio alle emozioni», osserva Laura Bottari, psicologa e psicoterapeuta di Libellule nel cuore. «I primi giorni, le prime parole pronunciate, ciò che si riesce e non si riesce a condividere, rimangono a lungo nella memoria. Si ha bisogno di gesti silenziosi e di parole che toccano il cuore e la mente e di un tempo per il dolore».

I primi giorni, le prime parole pronunciate, ciò che si riesce e non si riesce a condividere, rimangono a lungo nella memoria. Si ha bisogno di gesti silenziosi e di parole che toccano il cuore e la mente e di un tempo per il dolore

Laura Bottari

«Quando le scuole contattano Libellule nel cuore a seguito di questi eventi drammatici, pianifichiamo tempestivamente degli incontri con gli insegnanti per comprendere insieme la natura del disagio e per finalizzare l’intervento in classe con gli studenti, sapendo quanto sia importante intervenire nella fase acuta che dura circa tre mesi».

«I bambini e i ragazzi in lutto hanno bisogno di adulti che si mettano in gioco, che stiano accanto a loro, nella sofferenza delle domande, anche se non hanno tutte le risposte. Adulti che testimonino che è possibile attraversare quel dolore, senza ricorrere a risposte rassicuranti, come: “passerà, pensa ad altro, fai qualcosa che ti distragga», osserva ancora Laura Bottari. «Hanno soprattutto bisogno di sentirsi compresi nella loro confusione emotiva. Laddove i ragazzi non trovano le parole sono gli adulti che possono trovarle per loro: spesso i silenzi sono densi perché forse tutti stanno sentendo la mancanza di chi non c’è più.

Nella scuola gli adulti di riferimento sono gli insegnanti. «E’ proprio a loro che rivolgiamo un primo sguardo di cura, creando uno spazio protetto in cui si sentano ascoltati e accolti. Esperienza che poi potranno riporre in classe con i propri alunni». Secondo l’età degli studenti vengono coinvolti anche i genitori. Il lavoro in classe viene modulato secondo i casi, in più incontri. «Ecco perché è importante offrire spazi di condivisione e di elaborazione nel più breve tempo possibile e sostenere non solo i ragazzi e i bambini ma anche gli insegnanti, perché possano accompagnare il processo di elaborazione del lutto degli studenti con consapevolezza», aggiunge ancora Bottari.

Così racconta una ragazza di una scuola superiore in seguito al suicidio di un’amica:

«Fin dall’inizio sembrava che l’atteggiamento degli adulti fosse incentrato sul chiudere il più in fretta possibile la cosa e se ne parlava solo in modo vago. Dopo molto poco non si poteva più neanche accennare all’argomento e si è tornati subito al piccolo mondo della scuola e al far ruotare tutto attorno alle verifiche e ai voti. Mi continuavo a chiedere come potevano pensare che dopo una cosa del genere io potessi davvero credere che la cosa più importante della mia vita fosse un’interrogazione, una nota o un voto in pagella. Fin dall’inizio continuavano a ripeterci che né loro né noi avessimo colpe, e che saremmo dovuti andare avanti per il bene di tutti, soprattutto della nostra carriera scolastica. Onestamente è un comportamento che mi ha confusa moltissimo, perché mi chiedevo come facessero i miei compagni e le persone in generale a “funzionare normalmente” dopo tutto quello che era successo».

«Affiancare oggi i ragazzi necessita di una dimensione più ampia di ascolto poiché utilizzano i social e parlano di sé anche con immagini e messaggi: lo schermo facilita ma nel contempo favorisce il nascondersi e la semplificazione dei vissuti», chiarisce Paola Zucca, psicologa e psicoterapeuta di Libellule nel cuore. «Riteniamo che per gli adulti sia un dovere etico, educativo e sociale parlare degli eventi difficili con i ragazzi, nominare i lutti e le perdite, stare con loro nel dolore e nell’incertezza, perché sappiamo che le parole e i gesti fanno la differenza, facilitano la condivisione e permettono l’elaborazione dei vissuti. Quando il dolore è troppo grande “per essere pensato”, si può ricorrere a un’anestesia affettiva ed emotiva: per non provare dolore non si prova niente».

Come chiedere aiuto

Libellule nel cuore ha avviato nel 2018 un metodo specifico di supporto all’elaborazione del lutto in ambito scolastico. L’obiettivo è stato quello di definire un proprio approccio metodologico e un protocollo da promuovere tra i Servizi offerti, per supportare gli insegnanti e i bambini, aprendo un dialogo sulla morte nel rispetto di un tempo necessario per l’adattamento alla perdita. Che accada dopo una malattia o per cause violente, diversi “addetti” ai lavori, siano insegnanti, psicologi, assistenti sociali ed educatori, oltre ad affrontare e contenere il proprio dolore si trovano ad interagire con i bambini e le famiglie che devono attraversare un lutto. In particolare, la morte di uno studente o di un membro della comunità scolastica può rappresentare un evento traumatico sia per il personale che per gli alunni.

In apertura, foto di Dev Asanngbam by Unsplash

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