Salute

Giancarlo: «Perché ho donato il cuore di mia moglie»

Ad Aprile saranno 10 anni che Antonella non c’è più. «È morta all’improvviso», racconta Giancarlo Pignataro, il marito. Vivevano a Caserta, in Campania. Ma nella Regione ci sono solo 19 donatori ogni milione di abitanti. «Dobbiamo lasciare da parte il linguaggio scientifico e parlare una lingua comune», dice il nefrologo Guglielmo Venditti, presidente regionale in Campania di Aido - Associazione Nazionale per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule. «Dobbiamo spiegare che donare un organo significa ridare la vita»

di Anna Spena

Antonella lo diceva sempre: «Il donatore non pensa mai al prossimo, ma a sé stesso. La donazione è un modo per avere la vita più lunga». Ad Aprile saranno 10 anni che Antonella non c’è più. Anzi, aveva ragione: in qualche modo lei ancora c’è. «È morta all’improvviso», racconta Giancarlo Pignataro, il marito. «Emorragia celebrale fulminante, aveva 52 anni». Giancarlo di anni ne ha 64 anni, all'epoca i loro due figli erano solo adolescenti. «Quando si è sentita male era con nostra figlia, arrivò un’ambulanza per soccorrerla. E al pronto soccorso ci dissero “serve solo un miracolo”. La mattina dopo mi chiamarono, Antonella era morta. “Volete donare gli organi?”. “Sì, lo vogliamo”. Ma prima di tutto lo voleva lei».

Antonella e Giancarlo, architetti, vivevano insieme a Caserta, e Giancarlo vive ancora in città con i loro figli. Era la fine degli anni Novanta, il 1999 per la precisione, e a casa di Giancarlo e Antonella, che allora aveva 39 anni, arrivò una busta con un talloncino azzurro da parte del Ministero della Salute, l’oggetto recitava così: “Dichiarazione di volontà sulla donazione di organi e tessuti”.

«In pratica», racconta Giancarlo, «ci chiedevano “se morite volete donare i vostri organi?”. Dire sì fu una decisione immediata, spontanea. Da quel giorno siamo andati in giro con questo talloncino, mia moglie nella borsa e io nel portafogli. Non abbiamo esitato neanche un attimo, ci è sembrato un atto d’amore verso il prossimo e vedevamo invece come un atto egoistico conservare post mortem gli organi. Ai defunti cuore, fegato, reni, cornee… non servono più. Servono invece a una persona che sta male ma è ancora viva, e quell’organo lì, quell’organo che decidi di donare, diventa una nuova possibilità». Antonella ha donato il cuore e le cornee. «Sapere che il cuore di mia moglie batte in una persona che non ho mai conosciuto cambia il senso della morte per chi resta. La dottoressa che espiantò il cuore di mia moglie parlò poi con il dottore che lo impiantò in un’altra persona: “Il cuore batte, funziona, non c’è stato nessun rigetto”». Ecco l’organo di una persona amata fa vivere un’altra persona che a sua volta è amata da altri. La donazione di organi è un miracolo concreto e circolare: «La donazione di organi è un gesto d’amore».

Il gesto d’amore

La donazione di oragni è un gesto d’amore che sta crescendo.«Nel 2022 le donazioni di organi, tessuti e cellule staminali emopoietiche sono cresciute del 3,7%, così come i trapianti, aumentati del 2,5%. C’è però ancora molto da fare se consideriamo le migliaia di persone in lista d’attesa, pazienti per cui il trapianto è davvero l’ultima possibilità di cura», spiega Flavia Petrin, presidente di Aido, Associazione Nazionale per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule. (Qui l’intervista integrale – Petrin Aido: soddisfazione per boom di donazione organi. Ora spingere al Sud). Nel 2022, secondo i dati ministeriali e dell'Istituto superiore di sanità, ci sono state più donazioni d'organi (1.800), di tessuti (10%), di cellule staminali (9,7%) e record di trapianti (3.887). Dopo il Covid, le percentuali continuano a crescere, portandoci in testa alle statistiche europee. Ma i dati mostrano un Paese con notevoli differenze regionali: si passa da regioni come la Toscana (49,3 donatori per milione di abitanti), Emilia Romagna (46) e Veneto (36,3) a Umbria (6,9) e regioni del Sud come Molise (3,4), Sicilia (12), Puglia e Abruzzo (12,5).

Guglielmo Venditti, presidente regionale Aido Campania, è un nefrologo. «Ogni giorno», racconta, «vedo pazienti giovani, giovanissimi, che hanno bisogno di un nuovo rene per sopravvivere. La rete trapianti in Campania funziona molto bene, ci sono ottimi centri e ottimi medici trasplantologi, eppure nella Regione c’è un 33% di opposizione ai trapianti. È un dato che ci penalizza». C’è un problema di fondo: «la comunicazione», dice Venditti. «Dobbiamo essere più capillari sul territorio con i nostri messaggi di sensibilizzazione, non è possibile che qui ci siano 19 donatori ogni milione di abitanti. É anche un retaggio culturale, la paura di dire sì».

Venditti ne è convinto: «Quando parliamo di trapianti e donazioni non possiamo e non dobbiamo usare la lingua della scienza. Le persone non ti seguono. Bisogna invece raccontare una storia, parlare da pari, scegliere la lingua comune». Dire di sì alla donazione degli organi significa: «che se un giorno morirò potrò essere utile a un fratello che soffre, a un genitore, un figlio, una sorella, una moglie, un marito. In Campania ci sono più di mille persone in lista d’attesa per un trapianto. Se riusciamo ad entrare nell’animo delle persone, se riusciamo a convincere di donare gli organi dopo che la vita si è spenta… è una scelta di un attimo. Un attimo che può consentire a qualcuno di vivere. La donazione è un atto di amore non solo verso un singolo, ma universale. È un atto per l’umanità, amore per la civiltà».

E non per forza gli organi possono essere donati solo da chi muore giovane. «L’Italia», spiega Venditti, «è un Paese dove l’età media è alta. Quindi, in realtà, è anche a quella fascia di popolazione a cui dobbiamo rivolgerci. Ci sono persone più anziane che possono donare i loro organi, però non gli viene chiesto di diventare donatori. Un mio paziente di 73 anni, per esempio, ha ricevuto il rene da una donna di 79».

Ma quando si può donare? «Quando avviene la morte encefalica, quindi il cervello muore, per la legge, posso diventare un donatore di organi. In realtà in alcuni casi è possibile donare anche gli organi di persone decedute per arresto cardiaco, ma in Campania non c’è ancora una struttura adatta a questo tipo di donazione. Una morte per arresto cardiaco, è una morte in cui il cuore si ferma. Quindi per poter utilizzare i suoi organi bisogna isolare immediatamente la vena cava e aorta e perfondere gli altri organi per il trapianto. Adesso tralasciando gli aspetti tecnici, c'è un solo messaggio che dobbiamo dare: donare un organo significa ridare la vita».

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