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Servizio civile, sempre meno domande

Le richieste dei giovani per il bando in corso scendono fino a punte del 40% rispetto all'anno scorso. E lo fanno proprio in concomitanza con il bando più grande di sempre con le sue 71.550 posizioni aperte: la nostra inchiesta che mette sotto la lente i primi dieci enti nazionali per posti messi a disposizione

di Luca Cereda

Il bando più grande di sempre del Servizio civile universale (Scu) non trova la risposta dei giovani, le cui domande sono in calo rispetto all'anno precedente che già aveva il segno meno davanti alle richieste pervenute. Già nel 2022 erano diminuite dell’11% rispetto al 2021. «Bene la proroga del termine per la presentazione delle domande al 20 febbraio, ma non basta».

L'anno scorso le domande di partecipazione dei giovani sono state 112.008, di cui 66.873 donne (63%) e 41.441 uomini (37%). Quest'anno finora sono state 105.098 (1,7 domande per ogni posto disponibile) le domande presentate dai giovani tra i 18 e 28 anni per i progetti in Italia e 3.595 (3,1 domande per ogni posto disponibile), per quelli all’estero. Ma non basta, perché mai come quest'anno di rischiamo ampie scopertura per i 71.550 posti messi a bando. Anche perché bisogna sempre considerare la quota, ormai arrivata al 30%, di ragazzi che pur vedendosi approvata la domanda non si presenta alle selezioni.

1. La Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia

«Avremo un’oggettiva difficoltà a coprire quest’anno i 3.309 posti messi a bando. Già l’anno scorso abbiamo avuto un numero molto basso di domande rispetto ai progetti che avevamo predisposto. Pensiamo sia necessario cambiare qualcosa nel servizio civile per renderlo attrattivo per i giovani e sostenibile per la situazione socio-economica odierna del Paese», dice Domenico Giani, presidente della confederazione nazionale delle Misericordie. «Negli anni passati – ricorda però Giani – in Sicilia avevamo 4 domande per 1 posto, ora ne abbiamo una e mezza per ogni posizione. Questo ci fa riflettere. Secondo noi il servizio civile ha avuto la possibilità di diventare “una via di mezzo” tra l’avviamento al lavoro e un’esperienza di volontariato che si inizia o si scopre grazie alle attività proposte. Per molti giovani questi soldi (444,30 euro al mese,ndr), sono anche una possibilità concreta di contribuire in famiglia. Oggi inoltre, con 3 milioni di Neet – giovani che non studiano e lavorano – è fondamentale offrire loro esperienze di servizio civile come le nostre, prevedendo anche percorsi che aggancino e integrino anche – la legge lo consente dal 2015 – i giovani residenti in Italia, ma di nazionalità straniera. E perché no, raggiunge anziani e percettori del reddito di cittadinanza», analizza Domenico Giani.

La proposta delle Misericordie al Governo è un tavolo permanente tra le realtà che organizzano le esperienze di servizio civile per i giovani per coordinarsi e per puntare anche ad un’altra sfida: ingaggiare i ragazzi progettando nuove offerte ed esperienze e comunicando meglio il servizio civile. «Con – conclude Giani – il ministro Andrea Abodi vogliamo studiare una norma tale per cui il servizio civile valga qualche punto nei concorsi pubblici».

2. Arci servizio civile

«Come enti eravamo abituati a ricevere anche 4 domande per 1 posto. Questo è il passato», dice Licio Palazzini, presidente di Arci servizio civile che ha messo a bando 3.092 posizioni per il 2023. Che aggiunge: «Gli enti durante il bando lavorano sulla promozione dei loro progetti e poi selezionano i giovani candidati. Dobbiamo cambiare approccio e fare una comunicazione continua dei valori e del senso del servizio civile. Ma soprattutto dobbiamo ritrovare l’entusiasmo dei giovani, ascoltandoli, mediando con le nostre esigenze e le necessità del Dipartimento. Ma la strada non può essere far diventare il servizio civile un avviamento al lavoro. Per questo riteniamo che il compenso, che serve per permettere a tutti di aderire a questa esperienza, sia ritoccato, ma non deve diventare uno stipendio», aggiunge Palazzini. Infine c’è un capitolo “tecnico” che secondo il presidente di Arci servizio civile va affrontato con il ministro Abodi: «La domanda da fare con lo Spid per molti giovani ha presentato delle lungaggini burocratiche non indifferenti. Con gli enti che certificano l’identità digitale si può pensare ad una corsia privilegiata per chi fa domanda. Inoltre in alcuni progetti sono chiamati a partire anche solo uno o due candidati, con il medesimo impegno in formazione di noi enti per 20 o 30 ragazzi. Sarebbe utile snellire le pratiche di selezioni agevolando anche lo spostamento di candidati che non "entrano" nel programma richiesto, ma sono interessati a partecipare comunque a un altro progetto del Servizio civile. Oggi questo è possibile, ma non prima di 4-5 mesi dall’avviamento del progetto».

3. Csvnet

«Il calo delle domande non è un problema di questo bando, è dal 2021 che registriamo una diminuzione costante. Uno dei motivi è quello delle tempistiche, perché far partire i progetti tra maggio e giugno vuol dire tagliare fuori i ragazzi che vanno a scuola o all’università e che in questa fase dell’anno sono alle prese con gli esami. Con questa tempistica inoltre molti progetti – soprattutto quelli educativi – sono costretti ad arrestarsi nei mesi estivi. Sarebbe meglio far partite i progetti a settembre-ottobre e garantire le partenze a più scaglioni, non solo una volta l’anno», dice Ivan Nissoli, consigliere Csvnet – che quest'anno mette a bando 3.900 posti per i giovani – e rappresentante di Csvnet nella Consulta nazionale del Scu. Che aggiunge: «Un altro elemento è dato dai tempi che oggi sono troppo dilatati tra l’invio della domanda e l’avvio dei progetti. Chiediamo ai giovani un investimento, in termini di impegno, a volte difficile da mantenere. Dal punto di vista tecnico, se è vero che l’invio della domanda online può essere stato d’aiuto da un punto di vista organizzativo, ha impedito agli enti di fornire quell’orientamento che poteva essere utile a collocare l’esperienza Scu in un progetto di vita personale. Ora l’impressione è che si scelgano i progetti più per comodità che in prospettiva di crescita personale».

Infine Csvnet propone una riflessione più ampia che riguarda il target a cui si rivolge Scu, «che è sempre lo stesso, ma i giovani in questi anni sono cambiati – chiosa Nissoli -. Prima il Scu poteva avere un’attrattiva anche dal punto di vista economico, ora non è più così. Molti dei ragazzi che intercettano i progetti o si candidano, magari sono ragazzi che non studiano o hanno bisogno di un impiego, ma che, allo stesso tempo, tendono ad abbandonare il progetto appena trovano un’occasione migliore. Si possono immaginare tanti cambiamenti da mettere in campo per migliorare le cose, ma la struttura normativa di Scu è troppo complessa e rigida per avere risultati in breve tempo. Si potrebbe partire dall’ammorbidire le regole di ingaggio per diventare operatore Scu che oggi sono troppo vincolanti rispetto alle dinamiche sempre più fluide che vivono i ragazzi».


4. Confcooperative Federsolidarietà

«Abbiamo pochi giovani e li valorizziamo sempre meno», dice Valeria Negrini Presidente Confcooperative Federsolidarietà Lombardia e referente del servizio civile per l’ente. «La “crisi” è una finestra che ci obbliga a riflettere sulla difficoltà crescente del mondo adulto di intercettare i giovani e soprattutto di favorire la loro partecipazione e il loro protagonismo. Perché se da un lato le nuove generazioni sembrano meno attratte da questo strumento è pur vero che esiste tutta una zona grigia, quella dei Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano, che sono fuori da qualsiasi percorso di formazione e che oggi sono 3 milioni in tutta Italia. Guardando al Servizio civile varrebbe la pena interrogarsi se questo strumento, a distanza di 20 anni, non abbia bisogno di essere in parte rivisitato», aggiunge Negrini. All’interno dei numeri del Scu di Confcooperative Federsolidarietà ci sono picchi di richieste, come la Sicilia dove abbiamo il 154% di candidature per coprire i posti e la Lombardia in cui abbiamo meno della metà i richieste rispetto ai progetti messi a bando. «I giovani che oggi hanno l'età per accedere al Scu – spiega Negrini – non sono gli stessi dei loro coetanei dei primi anni 2000; molti e importanti i cambiamenti che hanno rivoluzionato i punti di riferimento, le aspettative, il modo di guardare alla propria realizzazione personale. Cambiamenti che il D.Lgs 40/2017 non ha saputo interpretare appieno. Il Servizio Civile rimane certamente uno strumento straordinario che consente ai giovani di compiere un'esperienza positiva e utile, se è vero che circa il 90% di chi lo ha svolto lo consiglierebbe ad altri giovani».

Confcooperative, che mette a bando 2.226 posizioni, individua anche altri problemi: «Al calo delle adesioni si aggiunge un alto tasso di rinunce. Da un lato ci sono le domande, dall’altra le effettive disponibilità dei candidati. Se passa troppo tempo da quando un giovane dà la sua disponibilità a quando può effettivamente prestare servizio, non pochi si perdono per strada o scelgono altre opportunità. Per cui è necessario anche snellire le procedure. Altro elemento, 444 euro per 25 ore settimanale sono una cifra adeguata? Appetibile? C’è infine un ultimo aspetto, la durata. Oggi il servizio civile occupa i volontari per 12 mesi, 8 per i progetti sperimentali, con la possibilità di candidarsi una volta l’anno. È un modello da ripensare. Si potrebbe ragionare su una maggiore flessibilità, più finestre di accesso durante l’anno, ad esempio, per garantire la possibilità a tutti di poter avvicinare questa occasione».

5. Caritas Italiana

«Ci sono ambiti, come il lavoro di cura, l’assistenza agli anziani o ai disabili e le nostre mense dei poveri che incontrano più difficoltà l’interessare ai giovani. A questo si aggiungono anche fattori logistici come sedi che hanno luoghi ben precisi e anche a volte sono lontani o difficilmente raggiungibili. In generale, soprattutto in alcune regioni e zone c’è un discorso più ampio legato alla dispersione demografica di alcuni comuni sede dei progetti, dove ci sono meno giovani disponibili ad attivarsi», spiega Diego Cipriano referente del Servizio civile di Caritas Italiana che ha messo a bando per il 2023, 1600 posti. Cipriano aggiunge: «Crediamo che ogni ente debba curare la comunicazione per far capre che il servizio dà un "di più” al proprio essere cittadino. Per fare campagna di comunicazione abbiamo attivato i social, alcuni testimonial, ma chi arriva a fare domanda spesso sa del nostro servizio dal passaparola. Lo scarto per migliorare su questo versante deve arrivare dall’entrare a spiegare cos'è il Servizio civile a scuola. Su questo fronte il Ministro Abodi ci ha detto che collaborerà con il Ministro Giuseppe Valditara per far entrare sempre di più il Scu e gli enti che lo supportano nelle scuole».

6. Focsiv

«Il numero di posti messi a disposizione da Focsiv per l’estero è il più alto in assoluto tra tutti quelli proposti dal Bando del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale ed è pari al 40%. Abbiamo 1112 domande dei candidati sul totale di 795 posizioni aperte, ma abbiamo dei Paesi anche vicini al nostro dove è arrivata una manciata di candidature come per l’Albania. Poche domande sono arrivate inaspettatamente per il Senegal», spiega Primo Di Blasio referente Focsiv per il servizio civile che mette l’accento sulla comunicazione da parte del Dipartimento: «Riscontriamo poca promozione del servizio civile in Italia e ancora meno all’estero. Noi enti credo che diamo per scontato che 50 anni di storia parlino per il servizio civile attuale. Ma non è così, vorremmo entrare nelle scuole con i giovani che testimonino cosa è stato per loro l’esperienza del servizio civile per far capire ai ragazzi che cosa dia a loro, al proprio territorio o alle comunità all’estero».

Da Focsiv arriva la proposta di lavorare insieme al Ministro Abodi per trovare un modo per affiancare alla domanda online per aderire al bando, «la possibilità di disporre di sportelli che orientino i ragazzi, invece che lavorare solo sulla loro selezione post-candidatura».

Infine il tema del contributo economico: «Questi soldi non sono una paga, ma un contributo che si dà ai giovani che non hanno una famiglia che possa consentire loro di fare il servizio civile. Non deve diventare uno stipendio. Va bene un adeguamento ai tempi e all’inflazione, ma non deve passare che il sevizio civile sia un lavoro», conclude Di Blasio.

7. Acli

«Bisogna creare un tavolo degli enti del Servizio civile insieme al Dipartimento, senza escludere i giovani per capire dove lavorare per migliorare il servizio civile e i progetti presentati», dice Simone Romagnoli, 26 anni, responsabile nazionale del servizio civile delle Acli, che hanno messo a bando 770 posti per i giovani tra i 18 e i 28 per il 2023.

«Il servizio civile è appesantito ancora da molta burocrazia ereditata dal fatto che nasce storicamente come alternativa al servizio militare. Oggi per un permesso di una giornata per un esame universitario, è enorme la modulistica da compilare per l’ente e il ragazzo stesso per ottenere una manciata di ore. Inoltre la partenza dei progetti a maggio spesso esclude i giovani delle superiori che finiscono il percorso di studi in estate: anche il servizio civile potrebbe partire da settembre per dare l’estate ai ragazzi di pensare cosa si vuole fare», aggiunge Romagnoli. Che conclude: «Molti non sono interessanti al tipo di servizio, ma al fatto che sia vicino a casa. O in un posto all’estero che interessa e appassiona. I giovani non chiedono più soldi, chiedono di lasciare un segno nella comunità. Il volontariato giovanile durante il Covid lo dimostra. Aumentare a 600 o 800 euro il compenso supera l’importo di alcuni lavori. Ma se questo diventa un lavoro, non è più un servizio civile, perdendo la sua efficacia civica e sociale».

8. Croce Rossa Italiana

Come per tutti gli strumenti di sviluppo e crescita, anche per il Servizio civile universale è necessaria una riflessione che permetta di creare delle nuove strategie visto che non trovano più il riscontro dei giovani: «Nonostante lo sforzo comunicativo messo in campo dal Dipartimento per le politiche giovanili e il Scu e dagli enti, anche quest’anno rileviamo una situazione non facile: a fronte dei circa 3000 posti che come Cri abbiamo a bando, ad oggi le domande ricevute lasciano un 40% di posti da coprire. Uno scenario simile a quello dell’anno scorso quando per 3.200 posti complessivi, le candidature furono 3.150 circa. Anche per questo non possiamo pensare a facili soluzioni o che queste possano riguardare solo alcuni enti. È tutto il sistema del Scu – dicono dalla direzione del Servizio civile dalla Croce Rossa – che dovrebbe riflettere su questa situazione e, tenendo conto di quanto di buono già messo in campo, sviluppare insieme una risposta unitaria a questo fenomeno che paradossalmente, a fronte di un aumento di offerta per i giovani, vede una risposta sempre minore da parte loro e a macchia di leopardo in base ai territori».

9. Salesiani per il sociale

«Secondo noi ci sono alcune cose che non funzionano e altre che potrebbe funzionare meglio», chiosa Chiara Diella, responsabile ufficio Servizio civile universale per Salesiani per il sociale che nel bando 2023 ha messo a disposizione dei giovani 1.342 posti. «Innanzitutto la promozione del dipartimento: lo spot saltuariamente lo si può vedere sui canali Rai. Ma i giovani non guardano la Tv. Dal canto nostro, di enti che aprono numero posizioni per il Servizio civile in tutta Italia, potremmo fare campagne uniti e non procedendo ognuno per i suoi progetti, come fa Cnesc. E questo ci porta al tema più importante: si dovrebbe parlare di Scu sempre, non solo nel periodo di promozione del bando. Servirebbe a creare una "cultura diffusa del servizio civile"».

La maggior parte dei progetti del Scu durano un anno, «siamo sicuri che i giovani vogliano impegnarsi per 12 mesi? È fondamentale un tavolo con i ragazzi, a partire da quelli in uscita dall’esperienza del Servizio civile per capire se questo può continuare a funzionare. Inoltre le tempistiche non facilitano il lavoro: la proroga è importante e utile, ma il bando è aperto da dicembre. Molti progetti potrebbero partire a settembre. In tanti casi passa dunque molto tempo tra la candidatura e l'avvio in servizio. Questo causa molte delle rinunce all'inizio e durante il servizio, un altro grande problema che gli enti hanno affrontato durante l’anno passato».

10. Anpas

«Le domande presentate al nostro ente coprono circa il 79% dei 3.250 posti disponibili e la maggior parte arrivano dal Centro-Sud Italia, lasciando scoperti molti progetti al Nord», illustra Nicolò Mancini, presidente Anpas. Che aggiunge: «Assistiamo ad una maturazione tardiva nei giovani della volontà di aderire ad un progetto tra quelli proposti dal Servizio civile e quindi anche dell’invio delle domande. Oltre ad un evidente calo delle domande l'anno scorso e quest'anno. Questo sta andandoperò di pari passo con l’aumento dei posti messi a bando. Riteniamo che la pandemia abbiamo inciso, ma non può essere una scusa. Il Servizio civile è necessario, i fondi del Pnrr che lo sostiene vanno bene, ma dobbiamo trovare una stabilità economica a precidere dal piano di ripresa e resilienza: dobbiamo sviluppare i giovani e il Paese non fare politiche attive per il lavoro attraverso il Scu. Per questo – aggiunge Nicolò Mancini – un contributo economico maggiorato ai giovani al Servizio civile lo vediamo di buon occhio, ma non deve diventare uno stipendio. Altrimenti si perde il senso di quello che è il Scu. A nostro parere il nodo e la sfida sta nel dare maggior libertà nel posizionamento dei posti messi a bando agli enti, ed elasticità oraria ai ragazzi. Abbiamo bisogno di un grande sforzo a livello di governance che porti i ragazzi a cogliere l’opportunità formativa e umana del servizio civile e per questo chiediamo che coloro i quali hanno preso parte a questa esperienza possano vederla riconosciuta durante i concorsi pubblici con alcuni punti ad hoc».

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