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L’identikit dei profughi ucraini: 2 minori su 10 non vanno a scuola in Italia
Prima fotografia dettagliata dei profughi ucraini in Italia, realizzata da Unhcr e Intersos. L’86% dei nuclei immagina che la propria permanenza in Italia in termini di lunga o media durata. Il 72% degli adulti ha una formazione universitaria e il 63% cerca un impiego in Italia. Nel 39% delle famiglie è presente una vulnerabilità. Il 79% è iscritto a una scuola italiana, il 16% segue solo le lezioni della scuola ucraina in dad e il 5% non sta frequentando alcuna scuola
L’86% dei nuclei arrivati dall’Ucraina immagina che la propria permanenza in Italia in termini di lunga o media durata. Il 72% degli adulti ha una formazione universitaria e il 63% degli adulti in età lavorativa cerca un impiego in Italia. Tra i minori in età scolastica arrivati in Italia, il 21% non frequenta le scuole italiane. In 4 nuclei su dieci (il 39%) c’è almeno una persona con vulnerabilità. Il 72% ha avuto un sussidio finanziario, il 45% definisce positivo il proprio percorso di integrazione (il 9% lo definisce negativo, gli altri non si esprimono). Sussidi finanziari e alloggio restano in cima alle preoccupazioni.
Sono dati che vengono da un lavoro svolto tra novembre e dicembre 2022 dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati-Unhcr, in partnership con la ong Intersos e in collaborazione con la Protezione Civile. L’obiettivo era quello di tracciare un profilo dei profughi ucraini presenti in Italia, al di là della conta degli ingressi continuamente aggiornata dalla Protezione civile, che conta in questo momento 173.645 profughi entrati in Italia, di cui 49.444 minori. Sapere chi sono, che caratteristiche hanno, quanto lunga immaginano la loro permanenza in Italia è il primo passo per pianificare meglio risposte di medio e lungo periodo all’emergenza.
Sono stati intervistati 667 nuclei familiari, per 1.531 persone (930 adulti e 601 minori), che vivono in questo momento soprattutto a Roma, Milano e Napoli. Le persone sono state intercettate all’interno dei circuiti dell’accoglienza o tramite attività di outreach nei luoghi di aggregazione della comunità ucraina. Qui tutti i risultati della profilazione.
Il 50,6% dei profughi sono donne, il 39,3% sono minori e il 9,9% sono uomini. La fascia d’età più rappresentata è quella fra i 30 e i 49 anni, seguita dalla fascia 6-13 anni. Il 37% dei nuclei familiari è composto da due componenti. Il 27% ha scelto l’Italia perché aveva qui amici e un altro 26% perché aveva qui dei parenti. Uno su cinque perché era già stato in Italia in passato. Il 91% ha fatto richiesta di protezione temporanea, il 7% speciale e il 2% internazionale: l’81,6% delle richieste è stata accettata, lo 0,3% è stata rifiutata, le altre sono pendenti.
Tra gli adulti con meno di 65 anni, il 72% ha una formazione universitaria, fra cui il 23% ha un master. L’ambito di studi più diffuso è quella economico, seguito da ingegneria, professioni sanitarie, pedagogia e giurisprudenza. Il 39% parla inglese e il 30% parla già italiano. L’81% degli adulti in Ucraina lavorava e il 7% sta attualmente svolgendo un lavoro a distanza. L’11% sta lavorando in Italia: fra loro, una persona su tre lavora nei servizi domestici (badante/pulizie), seguiti da edilizia, ristorazione, educazione. Barriere linguistiche, mancanza di opportunità, mancanza di una residenza stabile, mancanza di documentazione e difficoltà nel riconoscimento dei titoli di studio sono i primi cinque ostacoli al lavoro.
Venendo ai minori, sui 601 profilati dall’indagine il 76% (459) sono in età scolare. Il 97% è in Italia con un genitore. Il 16% presenta una vulnerabilità. Il 56% sta frequentando una scuola italiana, il 23% sta frequentando sia la scuola italiana sia quella ucraina in dad, il 16% segue solo le lezioni della scuola ucraina e il 5% non sta frequentando alcuna scuola, pur essendo in età scolare. Moltissimi dei non iscritti presentano una vulnerabilità. Quattro minori su dieci sono alla ricerca di un corso di italiano.
In generale, nei nuclei ucraini profughi in Italia, quattro volte su dieci è presente una vulnerabilità: due terzi sono adulti e un terzo sono minori. Una volta su due si tratta di una condizione medica sanitaria specifica, una volta su quattro di una disabilità. Una persona su due non sa come accedere a un ospedale.
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