Welfare

Per innovare la domiciliarità, serve un educatore

A Brescia la cooperativa La Vela sta innovando i servizi per la presa in carico domiciliare degli anziani non autosufficienti. Ci sono le nuove tecnologie, gli spazi intergenerazionali, ma il vero elemento di svolta è la volontà di puntare sull'educatore da affiancare ai profili più tradizionali dell'Oss e dell'infermiere. L'educatore ha in mente tutto l’ecosistema sociale dell’anziano e tiene la regia del piano individualizzato

di Sara De Carli

C’è la telemedicina, la linea telefonica e ci sono i caffè virtuali che permettono agli anziani di restare in contatto tramite un tablet, condividendo una chiacchierata ma anche un’attività di stimolazioni cognitiva o di musicoterapia. Ma il vero elemento innovativo, per sostenere la permanenza delle persone anziane al proprio domicilio, è l’educatore: è questa la scommessa della cooperativa sociale La Vela, che a Brescia e provincia garantisce servizi domiciliari per 600 anziani. «Le famiglie si avvicinano chiedendo le prestazioni classiche, come il supporto all’igiene personale o un aiuto in casa. Noi però nella proposta “Cura a domicilio” suggeriamo sempre di inserire anche alcune ore con un educatore, che tiene insieme tutti “i pezzetti” della presa in carico», afferma Clara Bertoglio, responsabile dell’area anziani. «L’educatore promuove l’integrazione con il territorio, accompagna nella socializzazione, può indirizzare verso figure come l’infermiere o il fisioterapista o che sappiano fare educazione finanziaria o alimentare. In Italia manca una cultura dell’advanced care planning, noi cerchiamo di offrire un intervento multidisciplinare che vada oltre il minutaggio, integrando opportunità pubbliche e private. Le famiglie hanno bisogno di essere accompagnate, con risposte che cambino nel tempo».

Da diversi anni la cooperativa La Vela si è fatta carico della necessità di ripensare e innovare i servizi per gli anziani non autosufficienti, tanto che Bertoglio su questi temi ha fatto un dottorato di ricerca, mettendo per tre anni sotto la lente di ingrandimento il territorio bresciano, i suoi bisogni, le risposte esistenti e andando a studiare le migliori prassi nazionali e internazionali. Il pensiero è fondamentale: pensiero sui servizi, ma ancora prima pensiero su cosa significhi invecchiare e andare incontro alla non autosufficienza. «Prima della non autosufficienza una persona attraversa diversi stati di fragilità, ma tendenzialmente in Italia ci si rivolge ai servizi molto tardi, quando la situazione è ormai compromessa. C’è una generale mancanza di programmazione del proprio futuro, le persone non si pensano non autosufficienti, né le pensano così i figli e i familiari. Ci si ritrova catapultati nella non autosufficienza senza averci mai fatto un pensiero, senza aver fatto programmazione dell’assistenza futura», riflette Bertoglio. È lo stesso concetto che dice Papa Francesco, evidenziando l’aspetto emotivo: la vecchiaia ci sorprende sempre, pur avendoci messo una vita intera ad arrivarci. «Nonostante giunga dopo un lungo cammino, nessuno ci ha preparato ad affrontarla, sembra quasi coglierci di sorpresa», ha scritto Papa Francesco nel messaggio per la II Giornata mondiale dei nonni.

Prima della non autosufficienza una persona attraversa diversi stati di fragilità, ma tendenzialmente in Italia ci si rivolge ai servizi molto tardi, quando la situazione è ormai compromessa. C’è una generale mancanza di programmazione del proprio futuro, le persone non si pensano non autosufficienti, né le pensano così i figli e i familiari. Ci si ritrova catapultati nella non autosufficienza senza averci mai fatto un pensiero, senza aver fatto programmazione dell’assistenza futura

Clara Bertoglio, responsabile area anziani della cooperativa sociale La Vela


Le risposte quindi devono andare in due direzioni: rispondere ai bisogni, certo, ma anche orientare. «La consulenza alle famiglie è una parte importante del lavoro, la aiutiamo a mettere insieme il pacchetto delle risposte, integrando risposte pubbliche e private – questo è sempre stato un punto di attenzione – e tenendo la regia dei percorsi di presa in carico. Spaziamo dagli interventi “classici” di supporto per l’igiene personale, la pulizia degli ambienti, i servizi di Asa e Oss ma introducendo anche figure nuove, come l’educatore o lo psicologo. Queste figure permettono di lavorare sull’educazione finanziaria o alimentare, sulle competenze residue, fare stimolazione. Le famiglie inizialmente non colgono la bontà di questi interventi, le introduciamo sempre in maniera leggera, un’ora al mese o ogni quindici giorni…. Ma nel tempo queste figure fanno la differenza tra una presa in carico prestazionale e una presa in carico integrata», racconta Monica Marchetti, presidente della cooperativa sociale La Vela. Nell’ottica della centralità del Piano Assistenziale Individualizzato-Pai così l’educatore diventa la persona che ha in mente tutto l’ecosistema sociale dell’anziano, che si interfaccia per esempio con il giornalaio per fargli presente che l’anziano con difficoltà può presentarsi dieci volte al giorno in edicola ma non è il caso che compri dieci giornali, o che interagisce con l’ambiente sociale per proteggerlo quando non ha lucidità spazio temporale. «È ovvio che per fare un lavoro di questo tipo occorre avere rapporti forti con il territorio: Brescia ha fatto la scelta di accreditare diverse realtà per le 5 circoscrizioni, chiedendo di essere dentro la comunità», sottolinea Marchetti.

Spaziamo dagli interventi “classici” di supporto per l’igiene personale, la pulizia degli ambienti, i servizi di Asa e Oss ma introducendo anche figure nuove, come l’educatore o lo psicologo. Queste figure permettono di lavorare sull’educazione finanziaria o alimentare, sulle competenze residue, fare stimolazione. Le famiglie inizialmente non colgono la bontà di questi interventi, le introduciamo sempre in maniera leggera, un’ora al mese o ogni quindici giorni…. Ma nel tempo queste figure fanno la differenza tra una presa in carico prestazionale e una presa in carico integrata

Monica Marchetti, presidente della cooperativa sociale La Vela

Tre sono gli esempi di innovazione introdotti dalla cooperativa La Vela per sostenere il desiderio di domiciliarità degli anziani. Nel comune di Villa Carcina ha avviato lo Spazio Comunità, un luogo per le persone, dove coltivare relazioni e comunità. «È uno spazio di sperimentazione interessante, inclusivo, non destinato alle sole persone anziane ma per tutti. Al mattino più facilmente incontri anziani che fanno colazione e leggono il giornale, ma il pomeriggio ci sono anche gli adolescenti che fanno i compiti, è un laboratorio che permette di lavorare con la comunità e fare in modo che le persone anziane restino incluse», racconta Bertoglio. L’educatore in questo contesto diventa una sorta di “custode sociale” con la funzione di monitorare le necessità non solo delle persone che sono già prese in carico dai servizi, ma anche degli anziani che semplicemente frequentano le attività che lo spazio offre.

Un’altra esperienza innovativa per garantire prossimità, soprattutto agli anziani fragili, è Linea Vicina, nata nella primavera del 2020 in pieno lockdown: accanto ai servizi domiciliari, che La Vela ha sempre garantito, è stata attivata una linea telefonica per 2 ore al giorno, da lunedì a sabato, attraverso cui la cooperativa contattava le persone segnalate dai comuni e riceveva telefonate da parte di chi aveva la necessità di ascolto e contenimento. «È un servizio che di fatto stiamo mantenendo, perché abbiamo agganciato alcune persone fragili con cui proseguiamo il supporto teleefonico. Altre le abbiamo accompagnate ad alcuni servizi leggeri, come lo Spazio comunità».

Il terzo esempio è Connessi, un’altra progettualità legata all’emergenza. La Vela ha introdotto degli educatori con funzione di facilitatori digitali, nei confronti di anziani soli: sono andati a domicilio, portando tablet ma soprattutto insegnando agli anziani come usarli per restare in relazione con altri anziani che conosceva. «Sono stati organizzati dei caffè virtuali, con con più educatori a domicilio di diverse persone anziane che si davano appuntamento per una chiacchierata o per fare attività insieme: stimolazione cognitiva, lavorando su narrazione e rielaborazione delle esperienze, musicoterapia, attività all’aperto… Questo ha permesso in quel momento di mantenere connesse le persone e poi di “agganciarle” per portarle nei servizi. Lo stiamo proseguendo».

A fronte di un’assistenza domiciliare integrata-Adi che mediamente, a livello nazionale, prende in carico le persone per 2-3 mesi, La Vela accompagna le persone per uno o due anni. «Molto meno con il Sad, perché ai servizi arrivano persone più compromesse. Anche questo introduce un elemento di riflessione, perché i nostri operatori hanno sempre più un ruolo nell’accompagnare gli ultimi giorni di vita delle persone. Per questo abbiamo organizzato una formazione specifica fino a maggio per i nostri operatori, dedicata alla demenza e all’accompagnamento al fine vita».

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