Mondo

Il soffocamento della società civile russa

Se prima le autorità avevano bisogno di una legittimazione, che ottenevano grazie anche all'esistenza di Ong, ora, dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, del patriottismo becero e della propaganda, non ne hanno più bisogno. Le maschere sono cadute. Il male allo stato puro ha mostrato il suo vero volto. Risultato? Le voci libere si silenziano, le associazioni chiudono. Ma se c'è una speranza, questa risiede nella generazione di giovani fra i 20 e i 25 anni

di Alexander Bayanov

Con questo articolo Alexander Bayanov​ incomincia la sua collaborazione con VITA. Ci racconterà il suo Paese dal punto di vista della società civile, delle aggregazioni sociali con particolare attenzione ai movimenti giovani. Un racconto inedito e dal basso per aprire uno scorcio su un Paese che non possiano abbandonare allo storytelling della propaganda putiniana la cui scia inquina anche il dibattito di casa nostra.

Nato a Novosibirsk nel 1969. Giornalista, sociologo, media manager, ha fondato l’agenzia e il canale youTube Tayga.info (sito ancora attivo, ma ormai snaturato rispetto all'impostazione iniziale). Ha svolto approfondite ricerche sociologiche nell’ambito della Siberia. Sposato, con due figli, Bayanov è fuggito dalla Russia e si trova in Italia da 6 mesi. Ama trascorrere il tempo con gli amici, in buona compagnia, adora le megalopoli e i grattacieli.



Gli avvenimenti accaduti in questi ultimi giorni in Russia, la decisione del tribunale di liquidare la più antica associazione per i diritti umani, il gruppo Moskovskij Hel’sinskij, l’iscrizione nel registro delle “Organizzazioni indesiderate” del Fondo Andrej Sakharov e il conseguente sfratto dai locali che occupava, così come l’iscrizione nello stesso registro di Medusa, il più popolare tra i portali di informazione indipendenti, che era già stato denunciato come “agente straniero” e l’accesso al cui sito era già stato bloccato dalle autorità (senza dimenticare l’eliminazione di Memorial, che si occupa della memoria storica delle repressioni staliniane, anch’esso inizialmente definito “agente straniero” e cui hanno tolto la sede in modo “illegale”) ci dicono che la società civile in Russia viene, di fatto, soffocata, schiacciata.

Se prima le autorità avevano bisogno di una legittimazione, che ottenevano grazie alle organizzazioni non governative e associazioni, ora, sullo sfondo della guerra in Ucraina, del patriottismo becero e della propaganda, non ne hanno più bisogno. Le maschere sono cadute. Il male allo stato puro ha mostrato il suo vero volto. La paura di perdere il potere muove Putin e chi lo circonda, la paura di trovarsi nel novero dell’indifesa minoranza dei dissidenti muove l’uomo russo, che non capisce ormai più nulla di ciò che sta accadendo. La paura è un’emozione molto potente, attraverso la quale il potere può controllare i propri cittadini, poiché esso sgorga da una solitudine ontologica e dall’apatia. Come è potuto accadere che le organizzazioni della società civile in Russia, il cui scopo era la difesa dei diritti umani, siano state di fatto silenziosamente distrutte senza che vi fosse nessuna reazione da parte del popolo?

Come è potuto accadere che le organizzazioni della società civile in Russia, il cui scopo era la difesa dei diritti umani, siano state di fatto silenziosamente distrutte senza che vi fosse nessuna reazione da parte del popolo?


La solitudine dell’uomo post sovietico è legata alla perdita della sua soggettività, all’assenza del desiderio di riconoscersi, di prendere coscienza di sé come persona. Questo processo di distruzione dell’umanità è durato 105 anni, ed è iniziato nel 1917 con la rivoluzione di ottobre. Tre, quattro generazioni hanno vissuto la propria intera vita in una condizione di straniamento da sé. Non stiamo parlando solo dell’assenza di libertà, ma anche della proibizione di godere la vita, di avvicinarsi alla bellezza. Mi ricordo gli ultimi mesi di vita di mio padre. Era già in ospedale e – con il suo benestare – ho invitato un sacerdote mio amico perché lo confessasse e gli portasse l’eucarestia. All’inizio della confessione non sono riuscito ad allontanarmi abbastanza, e ho sentito la risposta di mio padre alla domanda del sacerdote: «Come è trascorsa la tua vita?». Mio padre ha risposto: «Nel grigiore, senza felicità». Sono rimasto basito: come è possibile dire così, come è possibile vivere così? Purtroppo questa posizione resta in Russia quella della maggioranza della popolazione. Il breve ventennio di paradiso consumista non è riuscito a riscaldare e riempire il cuore delle persone. Ma come ha detto una cara amica, anche sotto questo mucchio di pietre il cuore continua a battere, a bussare. Forse i media e la società civile non hanno fatto tutto ciò che avrebbero potuto fare per risvegliare il desiderio nell’uomo post-sovietico. Trovandosi in una sfera intellettuale orgogliosamente chiusa, non sono stati in grado di mostrare e di raccontare alla gente l’autentica libertà del desiderio, che magari anche attraverso gli errori in un modo o nell’altro conduce sempre alla rinascita dell’umano.

Lo schiacciamento che attualmente caratterizza la vita in Russia non può essere l’ultima parola: esiste una speranza. Lego questa speranza alla prima generazione post sovietica di giovani, quelli che ora hanno tra i 20 e i 25 anni. Ora si trovano in una condizione molto complessa di pressione da parte del potere. Da un lato sono chiamati ad uccidere, ad andare a combattere, e dall’altro non pensano nemmeno più alla costruzione di una società di tentazioni consumistiche, che copre di nebbia i desideri autentici, primo fra tutti l’esigenza dell’altro, degli uni verso gli altri. Possiamo dunque aspettarci manifestazioni di autentica solidarietà, di protesta sincera contro il male trasmesso dalle ciniche autorità russe, che non offrono niente altro che grigiore e assenza di felicità.

foto di apertura: monumento ad Andrei Sakharov dalla pagina Facebook del direttore della Fondazione Sakharov Yuri Lukashevsk

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.