Sostenibilità

Abitare il cambiamento, il Salone della Csr inizia il Giro d’Italia

A Torino la prima delle 10 tappe che condurranno alla XI edizione (Milano, Bocconi, 4-6 ottobre). Storie di inclusione e di cambiamento che la manifestazione riesce a coagulare e a mettere in rete. Appunti da un esordio

di Giampaolo Cerri

Buona la prima. Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale è ripartito oggi da Torino, come ogni anno, col suo Giro d’Italia in dieci tappe, di avvicinamento all’undicesima edizione, che si terrà in ottobre a Milano, nella consueta sede della Bocconi. Suggestivo il titolo: “Abitare il cambiamento”. «La sostenibilità deve essere un processo in evoluzione, un processo condiviso e deve essere cambiamento», ha scandito in apertura Rossella Sobrero, che il salone l’ha “inventato”, che ne è sicuramente l’anima ma che ha soprattutto avuto il merito di aver coagulato un gruppo che, ogni anno, è capace di sostenerlo (Global Compact, Unioncamere Asvis, Sodalitas, Bocconi, Sustainability makers e Koinetica). Lei ha confezionato, nella sofisticata cornice del Circolo del Design, una mattina densa di storie e di parole, col fil rouge dell’impatto sociale, mettendo assieme buone pratiche e studiosi.

Storie come quella di Francesca Ricciardi, aziendalista dell’Università di Torino, esperta di beni comuni (presiede Smart Commons Lab), che ha raccontato la collaborazione che la lega a S-Nodi Learning Community, impresa sociale torinese che si occupa di progettazione a impatto, formazione, rafforzamento delle competenze del Terzo Settore e delle reti di sviluppo locale. Insieme hanno creato progetti Erasmus+, fornendo formazione, competenze, strumenti a realtà sociali, in territori dove fare impatto sociale non è come dirlo. «C’eravamo conosciuti proprio a un Salone, quello del 2017», ricorda la professoressa.

O storie come quella di Alessandro Battaglino (foto sotto, ndr), che ha ripercorso la vicenda virtuosa di Barricalla Spa, di cui presiede il comitato esecutivo. Una storia di economia circolare “spinta”, perché si tratta di uno degli 11 impianti italiani per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non, che è oggi un modello di tutela ambientale: «Il nostro spazio verde (foto sopra, ndr)», racconta, «fornisce energia fotovoltaica a oltre 3mila persone risparmiando 450 tonnellate di Co2 all’anno, e le api allevate sui terreni della discarica come bioindicatori producono un miele che non ha mai riscontrato alcuna concentrazione anomala di inquinanti».

Ed è certo un’altra storia di cambiamento quella proposta da Giorgio Fiorentini, professore in Bocconi, forse il primo grande teorico dell’incontro fra profit e non profit in Italia che, con Luisa Mortati di Torino Social Impact, ha illustrato il progetto “Borsa dell’impatto sociale”, «per la creazione», ha detto proprio Mortati, «di un mercato delle di capitali dedicato a imprese che realizzano in modo intenzionale, addizionale e misurabile un impatto sociale positivo».

Ed è il racconto di una Csr che innova quella proposta da Angelo Guidi, che lavora alla Corporate social responsibility di Iren, la grande multi-utility – 8mila dipendenti – partecipata da alcuni comuni italiani (Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma, Piacenza). Si tratta del “Comitato territoriale”, «soggetto normato da un procedimento che l’azienda», ha spiegato, «di cui fanno parte attori istituzionali, come comuni e università ma anche i sindacati dei lavoratori, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei consumatori». Uno modo di «fare con», gli stakeholders. «Un luogo di dialogo», ha chiarito, «di proposta, di progetti, che vengono finanziati e realizzati sui territori». E infatti il sito irencollabora.it ne mette in mostra i frutti: dagli spazi educativi verdi per i bambini reggiani, empori solidali a Genova, biblioteche itineranti a Parma.

E poi, ancora, il Museo Egizio di Torino, che fa mostre per e con i carcerati e i rifugiati; la Regione Piemonte, che adotta la sua Strategia di sviluppo sostenibile facendo perno sull’Agenda 2030 (bello che la destra non abbia preso qui la deriva dei governatori repubblicani che negli Stati Uniti fanno le crociate contro gli Esg) e lo fa con un articolato meccanismo di coinvolgimento di molti attori istituzionale, economici e sociali. Senza dimenticare lo stesso Circolo del design, che ha elaborato progetti per e con il sociale, come Food print, con la storica cooperativa Frassati, gigante del lavoro sociale sulle marginalità del capoluogo piemontese.

A Torino, insomma, è andato in scena – con tanti studenti Ied, curiosi, a prendere appunti – uno spaccato di un’Italia che, da anni, nel piccolo o nel grande, è in marcia per un cambiamento. Da un decennio, il Salone, di questo cambiamento è l’elemento di coesione, racconto, promozione.

Lo è anche grazie a questa impegnativa road map del Giro d’Italia che, da qui al 16 maggio, tappa finale ad Ancona, metterà a fattor comune esperienze di responsabilità sociale di impresa e di innovazione sociale in 10 città.

“Abitare il cambiamento”, suggerisce il Salone quest’anno. E può dirlo perché, a ogni edizione, è in grado di raccontarlo e favorirlo. Talvolta, appunto, di crearlo. «Io lo ricordo sempre», racconta, sorridendo Sobrero, questa minuta ma volitiva “signora della Csr italiana”, «che è più faticoso opporsi al cambiamento che anticiparlo o accompagnarlo».

La prima tappa del Giro d’Italia della Csr può esser rivista qui

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