Politica
Majorino: nella mia Lombardia nessuna politica senza il Terzo settore
Dialogo con il candidato del centrosinistra: «La Regione deve riconoscere e promuovere il ruolo del Terzo settore lombardo come soggetto decisivo nella identificazione dei bisogni sociali, nella programmazione delle politiche e nella implementazione delle innovazioni in ambito sociale e non solo e non come mero attuatore di decisioni assunte in assenza di un confronto autentico con i policy maker regionali»
di Redazione
Già assessore a Milano prima nella giunta Pisapia, poi con Sala, parlamentare europeo in quota Partito Democratico dal 2019, Pierfrancesco Majorino, 49 anni milanese e juventino, si è fatto carico di una scommessa tutt'alto che scontata: riportare il centrosinisitra, che in Regione Lombardia è all'opposizione da 28 anni, nella plancia di comando del Pirellone. Nei giorni scorsi ha incassato il supporto pubblico di Giuseppe Guzzetti, ex presindente regionale e per tanti anni al vertice di Fondazione Cariplo. Majorino se la dovrà vedere con il presidente uscente Attilio Fontana e con Letizia Moratti. VITA ha invitato al dialogo tutti e tre i candidati intorno a cinque nodi sociali cuciali. Qui le risposte di Majorino. Nei prossimi giorni pubblicheremo i dialoghi con gli alti due candidati.
Gli operatori sociali sono ancora troppo spesso considerati dalla pubbliche amministrazione come fornitori di servizi di welfare. La Corte Costituzionale con le sentenza 131/2020 disciplina e incentiva l'utilizzo della formule della coprogettazione e coprogrammazione in una logica paritaria fra ente amministrativo e soggetto di Terzo settore Pensa di valorizzare questo approccio? Come farlo concretamente?
Non solo penso di valorizzarlo, ma è parte integrante e fondante del mio programma. La Regione deve riconoscere e promuovere il ruolo del Terzo settore lombardo come soggetto decisivo nella identificazione dei bisogni sociali, nella programmazione delle politiche e nella implementazione delle innovazioni in ambito sociale e non solo e non come mero attuatore di decisioni assunte in assenza di un confronto autentico con i policy maker regionali. Per farlo è necessario prevedere il suo coinvolgimento nella fase di costruzione delle decisioni strategiche della Regione attraverso una condivisione della lettura dei bisogni.
Una volta eletto intendo incontrare il Forum del Terzo Settore della Lombardia per valutare insieme quali possono essere le strade da percorre per attuare quest’approccio. Proporrò la definizione di un protocollo che impegni l’intera giunta a un confronto con i rappresentanti del Terzo settore nelle fasi antecedenti la approvazione di delibere e atti di indirizzo strategici, sul modello di quanto abbiamo fatto con il Comune di Milano durante la mia esperienza di assessore al Welfare, nello spirito di una reale attuazione della coprogrammazione. Credo anche sia necessario supportare gli enti locali proponendo strumenti legislativi e regolamentari più chiari per sviluppare percorsi di coprogettazione e di accreditamento in ambito sociale a livello territoriale per dare piena attuazione alle recenti innovazioni legislative e pieno riconoscimento al ruolo del Terzo settore, così ben definito dalla Corte costituzionale.
Nelle grandi città lombarde, Milano in particolare, comprare casa sta diventando proibitivo, soprattutto per i giovani e per i precari. Come pensa di intervenire?
Il punto di partenza per una nuova stagione di politiche dell’abitare in Lombardia è considerare la casa come il principale strumento di inclusione sociale. Dobbiamo, quindi, garantire l’accesso ad una condizione abitativa dignitosa, fornendo strumenti di sostegno per quelle fasce di popolazione per cui la spesa per l’abitazione (affitto o mutuo) incide fortemente sul reddito complessivo del nucleo abitativo, sottraendo risorse per investimenti in salute e educazione. In una città come Milano il costo medio di un appartamento di 70 mq è ormai pari a 1.400 euro al mese. Il 35% dei milanesi ha un reddito inferiore a 15.000 euro l'anno. Ma la situazione non è molto diversa nelle altre città lombarde. È necessario promuovere il canone concordato attraverso fondi regionali che offrano garanzie pubbliche, sgravi fiscali, accordi territoriali ed agenzie per la casa e contributi al canone di locazione per studenti e lavoratori.
E dobbiamo rendere più mobile il mercato immobiliare lombardo, pensando sia alle esigenze dei nuovi lombardi che a quelle di nuclei familiari progressivamente più piccoli e anziani. Va dunque ampliata l’offerta Ers (edilizia residenziale sociale), sia facendo leva sul Terzo settore e sull’impact investing, sia attraverso significativi investimenti pubblici. Per garantire in Lombardia una condizione abitativa dignitosa a chi ne ha bisogno possiamo, peraltro, contare su circa 160 mila alloggi pubblici, di cui 110mila gestiti da Aler. La gestione del tutto inadeguata di Aler negli anni del centro destra, però, ha prodotto ben 15mila appartamenti vuoti. Troppo pochi gli appartamenti ristrutturati, troppo lenta l’assegnazione di quelli disponibili Questa lentezza lascia liberi inutilmente per molti mesi alloggi pronti all’uso incrementando il rischio di occupazioni abusive.
Le case popolari, invece, sono un patrimonio comune da tutelare e rilanciare, assicurandoci che venga messo rapidamente a servizio di chi ne ha bisogno. Per questo ci impegneremo nel recupero degli alloggi sfitti e in un Piano di ristrutturazione alloggi con attenzione particolare all’aspetto dell’efficienza energetica degli edifici Erp, con l’obiettivo di riqualificare 4mila abitazioni all’anno, che porterà a un risparmio nelle utenze, anche a supporto dei cittadini in condizioni di povertà energetica. Infine, io penso che si debba considerare l’accesso alla casa pubblica come un primo passo verso un percorso più ampio e duraturo di emancipazione sociale con l’abbinamento ad altri servizi di welfare come servizi educativi, formazione professionale e assistenza sanitaria.
Baby gang, aumento del consumo di sostanze, fenomeni di autolesionismo. Dopo i due anni del Covid è esplosa una nuova modalità di disagio di minori e adolescenti che spesso non trova risposta nei servizi. Come pensa di rafforzare la rete di supporto formale e informale?
Penso innanzitutto che sia necessario smetterla di ignorare il tema. Sono quindi necessari investimenti a sostegno della rete dei servizi, come alla scuola e all'educativa di strada. Infine penso che i migliori alleati sono proprio i ragazzi; socialità, sport, musica cultura: offriamo loro più strumenti per stare bene assieme. Ci stupiranno. Ne sono sicuro.
In questo anno che ha seguito l'invasione russa in Ucraina non sono state poche le amministrazioni locali, spesso di piccoli municipi, che hanno attivato gemellaggi con l'Ucraina. Sul fronte pace che tipo di impegno si sente di prendere se sarà eletto presidente della Lombardia?
I gemellaggi tra comuni ucraini e comuni della Regione è un primo passo. Bellissimo. Ho in mente la nostra missione di pace, con il Mean a Kiev, o il viaggio di Giorgio Gori a Bucha. Un gesto che dice tutto dello spirito di vicinanza e concreto aiuto lombardo, in questo caso in accordo e con il Terzo settore nella figura del Cesvi. Per parte mia voglio che la Regione possa essere luogo generatore per la rinascita dell’Ucraina favorendo la vicinanza alla popolazione e programmando la ricostruzione per quello che sarà di aiuto alle autorità ucraine. Nella politica odierna dobbiamo recuperare l’anelito, la visione e la passione per la pace che aveva Giorgio La Pira, il "sindaco santo" di Firenze che riunì nel capoluogo toscano personalità da tutto il mondo per parlare di pace. Voglio che la Lombardia diventi sempre più una piattaforma di pace e di concreta solidarietà e aiuto verso chi soffre.
Voglio aggiungere, però, un punto. Come abbiamo visto, il tema dell’approvvigionamento energetico e della crisi alimentare è e sarà sempre più centrale nel futuro e potrà essere la fonte di conflitti drammatici. Per questo, proprio per preservare la pace, è urgente che la Lombardia prenda sul serio la sfida del cambiamento climatico investendo molto di più in ricerca e sviluppo (oggi siamo all' 1,3% del Pil e noi vogliamo arrivare al 3%). Noi vogliamo investire in un grande piano decennale per sostenere e creare 300mila posti di lavoro verde, accessibile e di qualità, mettendo al tavolo categorie produttive, rappresentanze del lavoro, società civile, il Terzo settore e il mondo della formazione e della ricerca, coinvolgendo in forma permanente le università, sostenendo piani di ricerca pluriennale che facciano diventare la Lombardia un punto di riferimento per l'innovazione nel campo della transizione ecologica.
L'attivazione delle case e degli ospedali di comunità promosse dal Pnrr spingono verso una revisione/ricostruzione del modello di sanità territoriale che dovrà necessariamente integrare i servizi sanitari propriamente detti e la filiera del socio-assistenziale. In questa cornice quali saranno le caratteristiche principali del nuovo modello targato Majorino?
In Europa mi sono battuto per il finanziamento attraverso il Pnrr delle Case di Comunità. Credo nello strumento. Non credo nei luoghi che sono oggi, buoni per i tagli di nastro da parte della giunta Fontana. La mia visione è che si deve passare dal paradigma sanità a salute intendendo in questo modo tutti gli aspetti socio- assistenziali dove la persona è al centro e con essa la sua famiglia. Non è più pensabile agire come con due mondi separati specie alla luce del costante invecchiamento della popolazione. Le Case di Comunità devono essere sempre più luoghi di accompagnamento dei cittadini verso i percorsi di cura, anche grazie al ruolo insostituibile dei medici di medicina generale, degli infermieri e delle équipe multiprofessionali. Per rispondere a una fragilità sociale sempre più evidente è necessario un percorso socio-sanitario davvero integrato. Ma è necessaria anche una revisione della riforma Moratti – Fontana, riforma che dovrà essere riscritta attraverso il coinvolgimento dei medici, infermieri, del Terzo settore, delle associazioni di pazienti e parenti. Tutti a fianco per immaginare una sanità più giusta e a dimensione di persona.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.