Welfare

Lo Stato decida cosa fare delle carceri

Lo scorso anno 84 detenuti si sono tolti la vita negli istituti di pena. Con cinque suicidi, il carcere di Foggia è quello che ha registrato il maggior numero di episodi. Sovraffollamento e carenze di organico degli agenti creano non pochi disagi nella gestione. Le proposte al governo italiano di Domenico Mastrulli, del sindacato di polizia penitenziaria, per provare a migliorare la situazione

di Emiliano Moccia

Era stato arrestato il 17 novembre per concorso in estorsione e rinchiuso nel reparto accoglienza del carcere di Foggia con il suo coimputato. Poi A., giovane nigeriano di quasi 40 anni, si è tolto la vita impiccandosi con le lenzuola che aveva appeso alle grate del bagno. La stessa mattina in cui si è suicidato doveva essere accompagnato in tribunale dove si sarebbe dovuta celebrare l’udienza di convalida dell’arresto, e forse avrebbe potuto ottenere anche la libertà. «E’ doloroso sapere che l’uomo non sarebbe dovuto nemmeno entrare nel carcere di Foggia, poiché secondo la legge Severino (porte girevoli) vecchia di anni ma mai rispettata, i nuovi arrestati in attesa di giudizio devono essere portati in carcere dopo l’udienza di convalida, e non prima, perché devono restare nelle camere di sicurezza di chi ha proceduto agli arresti» dice Domenico Mastrulli, segretario generale nazionale del Co.S.P, coordinamento sindacale di polizia penitenziaria. Quel che è certo è che nel 2022, oltre alla morte del giovane nigeriano, l’istituto penitenziario di Foggia con cinque suicidi ha registrato in Italia il più alto numero di detenuti che si sono tolti la vita.

In totale, nell’anno orribile dei suicidi in carcere, 84 detenuti si sono tolti la vita nei penitenziati italiani. Uno ogni cinque giorni. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61.000, 5.000 in più di oggi. Una situazione che nel 2013 ha portato l’Italia anche alla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dell'art. 3 della Convenzione Europea, per il trattamento inumano e degradante. «Lo Stato italiano deve decidere cosa fare delle carceri» evidenza Mastrulli. «82 sucidi dei detenuti in Italia in un anno sono davvero tanti, senza contare che negli ultimi 11 anni 167 agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vota, anche a causa delle condizioni di stress in cui svolgono il loro lavoro, a volte anche con turni di 8-12 ore continuative controllando da uno a 200 detenuti. Una condizione che denunciamo da tanti anni. Non a caso, vista l’inefficienza dell’amministrazione penitenziaria, abbiamo di recente proposto alla presidente del consiglio, al governo ed i vari ministri interessati, la richiesta di transito del corpo di polizia penitenziaria dal ministero della Giustizia presso il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'Interno».

Il tema del sovraffollamento delle carceri e la mancanza di agenti di polizia penitenziaria sono tra le cause principali che creano non pochi disagi negli istituti di pena, complicando o rendendo impossibile programmare attività trattamentali, iniziative di socializzazione, di volontariato, culturali. Per quanto riguarda la situazione del carcere di Foggia, nonostante gli sforzi della direttrice di avviare iniziate socio-culturali per rendere meno dura la permanenza dei detenuti, favorire percorsi di socializzazione e trasformare quel tempo sospeso in tempo utile, a fronte di 330 posti letto sono ristretti in carcere oltre quasi seicento detenuti. Una situazione esplosiva, come nel resto dei penitenziari italiani. Foggia, per intenderci, è il carcere che ha subìto l’evasione di 72 detenuti dal penitenziario avvenuta il 9 marzo 2020, pochi giorni prima che iniziasse il lockdown provocato dal covid-19. Una fuga di massa avvenuta mentre le proteste devastano decine di carceri in tutta Italia causando la morte di 13 reclusi.

«Nel carcere di Foggia la situazione è davvero complicata, anche se la direttrice sta lavorando bene, cercando di fare quel che può con le risorse che ha e gli agenti penitenziari a disposizione» prosegue Mastrulli. «Quello di Foggia è tra gli istituti di pena più affollati d’Italia e della Puglia, ma è tutta la regione che su questo tema è in sofferenza. Serve una maggiore attenzione da parte delle istituzioni, che non si deve limitare solo al momento in cui si verifica la tragedia, ma deve essere costante e strutturata. Lo Stato deve capire cosa fare delle carceri, qui parliamo di esseri umani. La certezza della pena deve sempre essere garantita, ma dobbiamo creare dei corridoi alternativi alla detenzione. Nel carcere di Foggia mancano ad oggi 70 unità maschili, 10 unità delle funzioni centrali che comprendono area amministrativa contabile, pedagogica ed educativa, manca un comandante di reparto titolare del ruolo dei commissari, preferendo far arrivare commissari esterni e pagando 110 euro di missione. Manca anche un vicedirettore. Insomma, è un quadro allarmante».

Gli unici spiragli di benessere arrivano dai volontari, dal cappellano fra Edoardo e dalle attività promosse dal Centro di servizio al volontariato di Foggia che, con il sostegno della Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, da diversi anni promuove un bando destinato alle organizzazioni di volontariato per promuovere e sostenere iniziative laboratoriali, di spettacolo e di solidarietà negli Istituti penitenziari della Capitanata. Iniziative che, sempre a causa del Covid, hanno subito dei rallentamenti ma che gli operatori hanno ripreso proponendo cineforum, musica, piccole iniziative. Come il Fondo di Solidarietà, destinato a soddisfare i bisogni primari che condizionano la qualità della vita dei detenuti in stato di grave indigenza.

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