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Il sindaco di Lampedusa: «Non sono le ong il problema»

Il decreto legge che detta nuove regole sul salvataggio in mare da parte delle ong è da oggi in vigore. Ma per Filippo Mannino, primo cittadino dell'isola a 120 Km dalle coste africane, non è questa la strada giusta: il vero nodo è la gestione dell'accoglienza, su cui l'Europa ha grandi responsabilità, ma anche il nostro Governo non mantiene la promesse

di Gabriella Debora Giorgione

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato. Il decreto legge che detta nuove regole sul salvataggio in mare da parte delle Ong è dunque in vigore ed ha cominciato il suo iter in parlamento per la conversione in legge. Già la prima Ong sta rischiando: la Geo Barents, nave di Medici senza frontiere, che sta facendo rotta verso il porto assegnato di Taranto, si confronterà con le nuove regole di condotta. Geo Barents, infatti, dopo aver soccorso 85 migranti in due differenti operazioni, aveva ricevuto l’indicazione del «porto sicuro» di Taranto dalle autorità, ma ha raggiunto un terzo punto dal quale proveniva un sos di Alarm phone e le nuove norme vietano il “soccorso multiplo”. Vedremo.
Un altro “porto sicuro” italiano che si misurerà presto con la nuova norma è Lampedusa. Poco più di 20 km quadrati, la maggiore delle Pelagie dista 210 km dal primo punto italiano e 120 km dalla Tunisia, posizione che la mette in prima linea per ogni approdo.
Di recente, Lampedusa ha chiesto due aiuti importanti sulla questione sbarchi. Uno al Governo siciliano per circa un milione di euro, respinto alla conferenza dei capigruppo che ha stralciato l’emendamento che lo prevedeva.
Il secondo aiuto, più consistente, era stato chiesto al Governo Meloni. A metà dicembre, infatti, il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, insieme ad Attilio Lucia, suo vicesindaco e responsabile della Lega a Lampedusa, hanno interloquito direttamente con i Ministri Salvini, Giorgetti, Piantedosi e Calderoli dai quali hanno incassato la promessa di un aiuto consistente per il “pacchetto Lampedusa”, un sostegno indispensabile per il comune che ha un disavanzo dovuto anche alle spese di gestione dell’Hotspot. Ma le aspettative restano un po’ deluse: non ci sono fondi, nella legge di bilancio dello Stato, per il Comune di Lampedusa, se non per le spese dei flussi migratori dell’anno 2022. Ovvio il disappunto: «Lampedusa è stata, di nuovo, messa da parte. Tutti se ne lavano le mani, fanno politica e noi subiamo i danni. Questa è l'ennesima volta che i lampedusani vengono presi in giro», dice il salviniano vicesindaco Attilio Lucia in un lancio Ansa ripreso dal sindaco Mannino in un post in Facebook. Arrabbiato? Forse a ragione, visto che sei mesi fa durante la campagna elettorale per le amministrative sull’isola si erano proposti come “L’alternativa c’è” proprio sui temi della immigrazione: «Nel pacchetto Lampedusa, però, avevamo chiesto molte altre cose, l’arrabbiatura è stata un po’ per questo, però mi dicono dal governo che nelle prossime settimane cercheranno di aiutarci con dei provvedimenti normativi ad hoc. E ci voglio sperare», ci dice il sindaco Mannino al telefono.


Sui riflessi che avrà il “decreto Ong” e se le sue restrizioni potranno portare o no benefici nella gestione del flusso migratorio su porti di sbarco come Lampedusa, il sindaco Mannino, al telefono, è certo: «Multare le ong non risolve il problema dell’immigrazione, le ong non sono un problema», dice. E aggiunge: «Però non tutti i migranti che vengono raccolti nel Mediterraneo devono essere portati a Lampedusa, non lo trovo assolutamente in linea con la logica di quella che è l'Europa solidale, di coesione e di collaborazione tra le Nazioni. La trovo una assurdità che l'Italia deve essere l'unico stato ad occuparsi anche delle Ong».
Che ci sia, però, l’imperativo della salvezza delle vite umane Mannino non ha dubbi, anche resta molto critico sul sistema di accoglienza: «Ci mancherebbe altro! Le persone devono essere salvate», ci dice, ma precisa «discutiamo però prima di iniziare a salvare le persone, non poniamoci il problema solo quando ci sono le persone sulle navi e poi le facciamo rimanere a giorni interi sulle navi per capire dove, chi, come e quando se ne debba occupare. L’Europa da anni deve intervenire sul regolamento di Dublino e non lo fa. Quando arrivano a Lampedusa, li soccorriamo, certo non li facciamo morire, poi però c'è il foglio di via e lasciano l'Italia entro 5 giorni. È una finta accoglienza, quella che facciamo noi. Li salviamo da morte sicura, ma una volta che raggiungono la Sicilia grande e poi l’Italia li lasciamo liberi di fare quello che vogliono, la nostra accoglienza finisce là. Chiediamo dove sono andate a finire le 98mila persone che sono arrivate in Italia quest’anno, provate voi col ministero o con le prefetture. Forse qualche notizia riusciamoa trovarla per minori non accompagnati e per qualche famiglia, forse!».

In realtà, in Italia esiste una seconda accoglienza, virtuosa, che è il Sistema di Accoglienza e Integrazione-Sai, gestito dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani-Anci e il Viminale, che prevede una accoglienza diffusa nei Comuni italiani, fatta di numeri proporzionali agli abitanti e di percorsi di integrazione che restituisce numeri importanti di successo.
«Io so solo che Lampedusa ha 16 impiegati comunali occupati a tempo pieno della questione migratoria» dice Mannino che fa i conti da sindaco e precisa: «Il comune non riesce a pagare le fatture perché di fatto tutti i costi della spazzatura dell’Hotspot ricadono sui cittadini; siamo una popolazione di 6mila e 700 abitanti e al 15 dicembre abbiamo avuto su Lampedusa 92mila transiti di migranti; nel bilancio previsionale mettiamo le tasse che pagheranno i cittadini, però nel corso dell’anno ci vengono a mancare le risorse; abbiamo un danno di immagine notevole perché i giornali presentano l’arrivo dei migranti come una minaccia e fanno percepire un’isola insicura, cosa non vera perché queste persone rimangono sull'isola al massimo tre giorni e comunque la gente che arriva a Lampedusa non è che arriva con i fucili spianati».

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