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Invisibili per legge
Action Aid ha commissionato una ricerca nelle periferie romane per studiare gli effetti distorsivi della legge che nega il riconoscimento della residenza agli occupanti abusivi di alloggi. Effetti che generano a cascata una serie di esclusioni da prestazioni essenziali che creano enormi sacche di marginalità
Nella società moderna il raggiungimento dello “stato di residenza” è spesso equiparato a un “battesimo dell’amministrazione” di una persona che vive in un territorio e vuole accedere regolarmente ai suoi servizi. Dal 2014 però l’Italia vive un’impasse paradossale: da quando cioè il cosiddetto “Piano Casa” vieta con l’articolo 5 la residenza e l’allaccio abusivo a chi ha occupato immobili e alloggi anche in condizioni di necessità. Se la legge del 28 marzo 2014 ha escluso alcune persone dal diritto alla residenza, gli strumenti che lo Stato offre alle persone indigenti per tutelarsi sono allo stesso tempo sempre più scarsi.
Senza residenza anagrafica, è impossibile, per esempio, accedere a un medico di base, registrare un contratto di lavoro, avere lo Spid o aprire un conto corrente bancario. È possibile immaginare allora che l’accesso ai diritti sia garantito con logiche e procedure separate da quelle anagrafiche? ActionAid e il Comitato di Quartiere Quarticciolo, borgata del Quadrante Est di Roma, sono partiti da questa domanda per la realizzazione dell’indagine Il domani della residenza, uno studio che ha coinvolto diversi ricercatori, attivisti e giornalisti che, con le loro testimonianze, raccontano a quali forme di esclusione sociale porti la mancata iscrizione anagrafica e come intervenire per impedirlo.
«L’indagine è il secondo capitolo di un lavoro che ha coinvolto il Quarticciolo», racconta Francesco Ferri di ActionAid, sintetizzando il dossier curato da Michele Colucci (ricercatore Cnr), Enrico Gargiulo (professore di sociologia generale all’Università di Bologna), Andrea Carrozzini (medico), Antonello Ciervo (avvocato e socio ASGI) e Ilaria Manti (associazione Nonna Roma). «La prima parte», prosegue, «dal titolo L’ombra della residenza. Inchiesta sull’impatto delle procedure anagrafiche sulla borgata romana del Quarticciolo, ha dato voce agli abitanti del quartiere, mentre quello che abbiamo appena presentato, Il domani della residenza, prende forma dal desiderio di provare a identificare qual è l’orizzonte verso il quale la società civile dovrebbe tendere in relazione alla gestione dell’anagrafe e all’esercizio dei diritti».
Da otto anni la legge impedisce a centinaia di persone di avere una residenza e di sottrarsi così a condizioni di povertà, che negli anni stanno precipitosamente aumentando. Solo nel 2021, l’Istat ha stimato 5 milioni e 600 mila gli individui in povertà assoluta, oltre un milione in più rispetto all’anno precedente. L’impossibilità di esercitare il diritto alla residenza contribuisce a questo status di incertezza esistenziale, favorendo la precarietà e la frammentazione dei diritti.
ActionAid e comitati
Il lavoro di ActionAid e del Comitato di Quartiere Quarticciolo arriva inoltre in un momento decisivo per Roma: la giunta Gualtieri ha recentemente adottato una direttiva che deroga l’art. 5 del Piano Casa. Da lunedì 19 dicembre, tutti gli aventi diritto escluso chi delinque, potranno chiedere perciò l'iscrizione della residenza dove abitano, anche in caso di occupazione abusiva di un alloggio.
«Per molto tempo si è pensato che il problema riguardasse solo la popolazione straniera, ma con i decreti Renzi-Lupi, Salvini e tutte le leggi degli ultimi 10 anni è evidente che questo livello di discrezionalità, di abuso e di mancanza di riconoscimento riguarda tutta la popolazione», spiega Michele Colucci, storico delle migrazioni e ricercatore Cnr, «oggi la residenza è un presupposto indispensabile per l’ottenimento di un contratto di lavoro e per il rilascio del permesso di soggiorno. Il mancato accesso all’iscrizione anagrafica alimenta le maglie sul lavoro irregolare».
«Il paradosso è che si accede ai servizi anagrafici tramite Spid ma non si può avere lo Spid senza residenza: è un dispositivo molto escludente», precisa nell’indagine Ilaria Manti, una delle referenti di Nonna Roma, associazione nata nel 2017 e che ha avviato le attività con un banco alimentare e partecipa all’indagine.
Le difficoltà di accesso a un alloggio irregolare costringono inoltre le persone a trovare sistemazione temporanea presso amici, parenti o affittuari che, spesso, approfittano chiedendo contributi in nero e subaffitti. «Molte famiglie straniere, che abitano al Quarticciolo e che vivono in occupazione, finiscono per pagare chi ha un contratto di affitto altrove, o addirittura affittano una casa in cui non abitano, per poter ottenere la residenza e poter rinnovare il permesso di soggiorno», spiega Colucci.
Dal diritto di residenza al diritto alla salute
La mancata iscrizione anagrafica comporta poi la rinuncia di cure adeguate perché, senza residenza, viene a mancare anche l’assegnazione in una Asl territoriale e, quindi, l’incarico di un medico di base. «Di fatto sono solo i servizi a bassa soglia, come sert (Servizi per le tossicodipendenze) e consultori, a non richiedono l’iscrizione anagrafica: quindi in assenza di residenza l’accesso a tutti gli altri servizi sanitari risulta sicuramente compromesso», racconta nell’indagine Andrea Corazzini, medico e attivista, coordinatore medico delle cliniche mobili di Roma presso Intersos. «Il problema maggiore», sottolinea, «riguarda sempre l’impossibilità di avere un medico di base. Nel periodo segnato dalla pandemia da Covid-19, sulle persone prive di residenza è pesata anche l’impossibilità di accedere ai vaccini (e relativo green pass): fino ad agosto 2021 chi non aveva una residenza, e dunque una tessera sanitaria, non poteva vaccinarsi». Per questo, dall’estate scorsa, le Asl hanno impostato delle modalità di riconoscimento delle persone non residenti che però, «a un certo punto si sono interrotte per necessità di riorganizzazione», spiega Corazzini.
Così come è molto difficile per i senza residenza e gli occupanti abusivi proseguire le cure mediche con patologie croniche. «L’assenza di residenza provoca il peggioramento di eventuali malattie esistenti. Per esempio, se ho il diabete non posso curarmi perché non ho la residenza, a un certo punto l’assenza di cure cronicizza la mia malattia, e non avendo la residenza, non ho accesso al medico di base. Andrò quindi a intasare il pronto soccorso, che peraltro nel frattempo ha già subito tagli di risorse, come l’intero sistema sanitario pubblico», conclude Corazzini.
Nata come strumento di mappatura urbanistica e divenuta una forma di controllo sul territorio, se migliorata l’anagrafe italiana potrebbe avere un valore aggiunto per la collettività. «Potrebbe essere configurata come un semplice strumento per vedere chi è presente sul territorio al fine di distribuire le risorse effettivamente utili: da questa prospettiva l’esercizio dei diritti potrebbe essere scisso dalle funzioni anagrafiche. Il ministero dell’Interno avrebbe così a disposizione il suo censimento perpetuo, la sua fotografia dinamica della popolazione. Affinché possa effettivamente funzionare in questa direzione, occorre far saltare il nesso tra anagrafe e diritti», sottolinea Enrico Gargiulo, professore associato di sociologia all’Università di Bologna, autore dell’indagine.
«Chiediamo che il pubblico si assuma le proprie responsabilità», propone Manti nel dossier, «è stata da poco presentata la novità che permette di fare le domande di residenza in punti dislocati in modo da sgravare i Municipi, come l’edicola o gli infopoint». Solo nel V Municipio, dove si trova il Quarticciolo, gli uffici amministrativi sono al collasso da anni, per ritardi nelle pratiche anagrafiche e per mancanza di personale addetto ai servizi anagrafici, in un territorio di 256.878 abitanti.
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