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Intersos, 30 anni di aiuto umanitario che ci riguarda tutti e non può essere di parte

La prima ong italiana specializzata in emergenze umanitarie compie 30 anni e ha organizzato, al Museo MAXXI di Roma, il Congresso Umanitario “Disordine Globale Crescente”. «Possiamo con certezza affermare», ha ricordato Nino Sergi, presidente emerito dell'ong, nell'intervento introduttivo, «che la guerra non risolve i problemi che pretende di eliminare. Nel nostro vissuto dalla parte delle vittime, in questi trent’anni, abbiamo potuto toccare con mano come la guerra si limiti solo a spostare i problemi nel tempo, talvolta aggravandoli, lasciando dietro di sé distruzioni, morti, ferite incurabili, rancori, odi. Le vittime sono perlopiù civili inermi, adulti e bambini, senza distinzione. Le guerre definite umanitarie, poi, sono una bestemmia, un non senso»

di Nino Sergi

Intersos, l’organizzazione umanitaria nata nel novembre 1992, è arrivata al suo 30° compleanno, pronta per le nuove sfide che l’attendono. “Abbiamo stretto molte mani”: è il titolo che la giornalista Sonia Grieco ha dato al suo bel libro sui primi 20 anni di INTERSOS, edito da Carocci nel 2013. Abbiamo continuato a stringere molte mani, possiamo ripetere oggi, in tanti paesi, in situazioni di gravità e disperazione umana, per ridare dignità, proteggere, sostenere nel corpo e nell’anima, riportare dalla sopravvivenza alla vita centinaia di migliaia di donne, bambini, uomini, anziani, disabili: in Somalia, Angola, Ruanda, Sud Sudan, Ciad, Afghanistan, Iraq, Yemen, Siria, Bosnia Erzegovina, Libia, Ucraina ed altri 30 paesi nei vari continenti.

Quella di oggi non è una mera celebrazione. È soprattutto un momento di riflessione, confronto, proiezione nel futuro che si presenta sempre più complesso e difficile per le crescenti disparità e ingiustizie, per un modello economico-finanziario predatorio e impoverente la grandissima maggioranza delle persone, per le crescenti tensioni politiche, per le preoccupanti conseguenze dello squilibrio climatico con rapide alternanze di siccità, uragani, inondazioni. Le conseguenze sono devastanti sulle popolazioni civili, in particolare sui più poveri.

Anche la mostra fotografica The Thin Line non intende celebrare ma trasmettere i messaggi espressi dai volti, gli occhi, le carni, le afflizioni, i luoghi in cui ha recentemente operato Intersos. Immagini che mostrano la dignità umana delle persone, nonostante le sofferenze: dignità da proteggere o da ritrovare, perché spesso viene persa. Non sono immagini compassionevoli, miserande e disperate, come quelle che ci fanno vedere spesso e che contribuiscono – nonostante la buona fede – all’immagine di un’Africa (perché c’è sempre un bimbo africano) disperata e irrecuperabile, mentre non è così, nonostante le gravi sacche di povertà, che non devono annullare però gli sforzi di tante organizzazioni e istituzioni africane e i reali progressi ottenuti in ogni campo.

La nascita di Intersos nel 1992 è stata il frutto di una fortissima spinta emotiva, di una sofferenza nei sentimenti e nella mente di fronte alle immagini di guerra, distruzione e morte che si intrecciavano con quelle della siccità, della fame, di scheletri ambulanti di madri e bimbi e ancora di morte che venivano dalla Somalia attraverso le news trasmesse in TV. All’epoca in Italia non c’erano Ong specializzate nelle gravi emergenze umanitarie. Abbiamo quindi deciso di crearla. Era una sfida con tanti punti interrogativi ma a cui ci era divenuto impossibile sottrarci. Prevaleva su tutto un imperativo: l’imperativo umanitario. Con me c’erano Amedeo Piva, allora presidente della Focsiv-Volontari nel mondo; Giovanni Bersani, compianto primo presidente di Intersos, che da parlamentare europeo aveva a lungo animato e co-presieduto l’Assemblea parlamentare paritetica CEE-ACP; Sr. Maria Teresa Crescini, allora responsabile dell’infanzia alle Pontificie Opere Missionarie; Felice Scalvini, presidente di Federsolidarietà-Confcooperative e ricco di competenze nel sociale produttivo; Licio Palazzini, componente della segreteria dell’Arci e responsabile per l’obiezione di coscienza e il servizio civile alternativo a quello militare. C’è stato anche il sostegno iniziale della Cisl, da cui provenivo, della Cgil e della Uil. Una pluralità di attori di diversa provenienza: per comunicare che l’aiuto umanitario è di tutti e riguarda tutti, e non può essere di parte.

Da quel primo intervento in Somalia, quattro giorni dopo la formalizzazione della nascita di Intersos, ne sono seguiti decine ogni anno, con centinaia di operatrici e operatori, migliaia di collaboratrici e collaboratori in più di quaranta paesi, centinaia di migliaia di persone ferite nel corpo e nell’anima, nella propria identità persa nella fuga repentina verso l’ignoto e spesso verso nuove ferite. Persone con le quali si sono condivise le sofferenze, cercando di alleviarle con interventi immediati e mirati, dalla protezione alla nutrizione, la salute, i campi di accoglienza, l’acqua potabile, le latrine, l’educazione, i giochi, le ricostruzioni… fino al ritorno a casa, anche se non sempre possibile. Alcune delle persone in fuga da guerre, catastrofi e fame sono giunte in Italia, spesso dagli stessi paesi in cui interveniamo, per trovare qui protezione. Anche con loro, in particolare i minori e le donne sole, ma anche le fasce più vulnerabili negli stessi territori, da una decina d’anni abbiamo avviato un cammino di solidarietà e di aiuto al fine della migliore tutela e integrazione sociale: attualmente a Roma, Foggia, Siracusa, Palermo, Torino, Milano, Bologna, Napoli.

Un ringraziamento, carico di affetto e ammirazione, va quindi a tutte e tutti coloro che hanno contribuito negli anni e contribuiscono ora quotidianamente alla vita di Intersos. Non mi è possibile citarle e citarli tutti; ma è come se lo facessi, anche perché sanno che rimangono profondamente nel mio cuore e nel mio ricordo, con la mia riconoscenza e quella di tutta l’organizzazione. In particolare coloro che si sono identificati con Intersos dedicandovi tempo, passione, energie molto più del dovuto. Mi dovrò limitare a chi ha assunto responsabilità generali con me e dopo di me, dando nuovo impulso: dai membri alternatisi nel Consiglio Direttivo, a Raffaele Morese, a lungo presidente; Lucio Melandri, primo direttore, ora dirigente UNICEF in Mozambico; Marco Rotelli, segretario generale e presidente, ora vice coordinatore umanitario dell’ONU in Ucraìna; Kostas Moschochoritis, attuale direttore generale e Mamadou Ndiaye, attuale presidente, entrambi con una vita nel mondo dell’umanitario e che bene rappresentano la nuova realtà di Intersos: un’organizzazione internazionale radicata nell’identità italiana. Vogliamo ringraziare anche le giornaliste, i giornalisti e le testate giornalistiche scritte, video e online che mantengono alta l’attenzione sulle popolazioni colpite da guerre, conflitti, persecuzioni, calamità naturali, sulle emergenze umanitarie e sulle loro cause. Un sentito ringraziamento va alle istituzioni pubbliche, le fondazioni, gli enti privati, le singole persone che hanno permesso, con il loro contributo, la realizzazione degli interventi. E devono essere ringraziati anche i famigliari di coloro che più sono stati impegnati all’estero e in Italia, sottraendo tempo alla famiglia ma trovando in essa il sostegno e la comprensione necessari, una vera compartecipazione. A partire dalla mia famiglia.

La Carta dei valori di Intersos inizia con una frase di Terenzio Afro, uno dei primi autori latini a introdurre il concetto di humanitas, già 150 anni prima di Cristo: “Homo sum, nihil humani a me alienum puto” – “Sono un essere umano, nulla di ciò che è umano (nessun essere umano) mi è estraneo”. Il principio di umanità, con l’imperativo umanitario che ne consegue (il diritto cioè a ricevere e l’obbligo insieme al diritto di fornire assistenza umanitaria ovunque sia necessaria), il principio di imparzialità (che non ammette alcuna discriminazione nell’aiuto), il principio di neutralità (che non ti fa schierare mentre sei impegnato nel soccorso di quanti ne hanno urgente bisogno, pur conoscendo dove stanno i torti e le ragioni), il principio di indipendenza rispetto a chiunque pretenda di condizionare l’azione umanitaria: sono i quattro principi che hanno guidato i nostri interventi. Man mano che crescevano le attività, l’esperienza e la pratica umanitaria nelle aree di guerra, di rifugio, di catastrofe naturale, abbiamo cercato di condividerle, anche confrontandoci in un rapporto dinamico, vivace ma sempre propositivo con le istituzioni italiane, europee e internazionali (Ministero degli Esteri, Protezione Civile, Ambasciate, Cooperazione italiana, Istituzioni europee, ICVA il network globale delle Ong umanitarie, le altre Ong italiane, i media…).


Non abbiamo fatto errori? Anche Intersos ne ha fatti e va riconosciuto con umiltà. Di fronte a gravi difficoltà, ad interventi da realizzare con la massima rapidità, sono inevitabili. L’importante è riconoscerli, per non ripeterli più, per almeno non ripetere gli stessi. Ed è questo che si è cercato di fare.

Possiamo con certezza affermare che la guerra non risolve i problemi che pretende di eliminare. Nel nostro vissuto dalla parte delle vittime, in questi trent’anni, abbiamo potuto toccare con mano come la guerra si limiti solo a spostare i problemi nel tempo, talvolta aggravandoli, lasciando dietro di sé distruzioni, morti, ferite incurabili, rancori, odi. Le vittime sono perlopiù civili inermi, adulti e bambini, senza distinzione. Le guerre definite umanitarie, poi, sono una bestemmia, un non senso. La guerra è uno strumento che andrebbe abolito, insieme agli arsenali di morte, destinando le relative ingenti risorse finanziarie alla lotta alla povertà e alla fame, all’educazione, alla creazione di maggiore giustizia nel mondo. Non è l’arrogante manifestazione di potenza, ma sono il dialogo politico, la mediazione politica, lo sforzo per conoscere e riuscire a comprendere le ragioni, spesso non banali, della parte avversa, che possono riuscire a favorire soluzioni durature che garantiscano pace e sicurezza nella giustizia. “Chi lotta per la pace è un realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme… Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa”. Ma va comunque perseguita. “Chiedi quindi la pace e con essa la giustizia. L’umanità e il pianeta devono liberarsi dalla guerra”. Così scrive su Avvenire, in una lettera ai partecipanti alla manifestazione di sabato a Roma, ricca anche di proposte, don Matteo Zuppi, il cardinale Zuppi. Voglio citarlo e ricordarlo anche perché è stato a lungo negli anni socio di Intersos, fortemente motivandoci con il suo esempio e mostrandoci la direzione.

Possiamo inoltre denunciare senza timore di smentita l’irresponsabilità politica della sottovalutazione dei cambiamenti climatici e del continuo rinvio dei provvedimenti indispensabili per contrastarlo. Le prolungate siccità e la desertificazione, insieme ai violenti temporali e alle inondazioni, feriscono e uccidono più a lungo di una guerra. Le decisioni dell’imminente Cop 27 saranno fondamentali. Di fronte a ciò che appare come un crescente disordine mondiale, con regole e principi che si consideravano acquisiti e globali e che invece sono messi in discussione in molta parte del mondo, il sistema umanitario come saprà reagire e prepararsi al meglio per rispondere all’imperativo umanitario che è l’essenza stessa della convivenza umana? In questi due giorni cercheremo, insieme, di dare qualche prima risposta.

*presidente emerito di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007

Foto di apertura della mostra "The tine line", un percorso fotografico dedicato ad alcune delle più gravi crisi umanitarie dei nostri giorni, catturate dallo sguardo di Alessio Romenzi e Christian Tasso. La mostra resterà aperta fino al 6 novembre 2022. "La sottile linea” è la rappresentazione del percorso immaginario nel quale i due fotografi hanno camminato per raccogliere le immagini esposte. Un viaggio tra Ucraina, Yemen, Afghanistan, Nigeria, Iraq e Libano: paesi diversi tra loro, distanti migliaia di chilometri, ma accomunati da situazioni di emergenza nelle quali Intersos è impegnata da tempo.

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