Politica
Un ministero per la natalità? Ci serviva
L'idea la lanciò De Palo, presidente Forum Famiglie, tre anni fa: «Un ministero per la natalità è solo un segnale importante, chi lo nega vuole avere un approccio ideologico su qualcosa che di ideologico oggi non ha più niente. Ma ora la parola venga sposata dall'economia». Il demografo Rosina: «La prima cosa da cui si capirà la concretezza del ministero? Se ci sarà o meno il potenziamento della parte universale dell'assegno unico: in Germania è di oltre 200 euro, da noi 55»
Tre anni fa, la richiesta di un Ministero per la Famiglia e la Natalità sembrava un’eresia o un vezzo, i due poli erano questi. Oggi invece la parola “natalità” è davvero nel nome del ministero guidato da Eugenia Roccella, insieme alla famiglia e alle pari opportunità. C’è chi rivendica la novità come un successo, convinto che il tema della natalità sia il punto critico e cruciale del nostro presente e del nostro domani, non solo per i giovani o per chi i figli li ha, ma per tutto il Paese. E al contrario c’è chi continua a guardare alla natalità come a un tema confessionale, del passato, privato e che ironizza sul ritorno di premi alle donne fattrici.
Il primo a lanciare l’idea di un Ministero per la Famiglia e la Natalità, tre anni fa, è stato Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Famigliari. In realtà tutto il suo impegno, da anni, è guidato proprio dall’urgenza di un patto per la natalità e dalla necessità di fare scelte politiche che mettano i giovani che desiderano un figlio nelle condizioni di farlo. Quelli che lo desiderano, sarebbe quasi superfluo dirlo ma dai commenti che si leggono in queste ore sui social pare necessario. Come però è altrettanto doveroso ricordare che – parliamo sempre di statistiche, non di singoli – la gran parte dei giovani italiani dichiara che vorrebbe avere due o più figli: rinunciano a un sogno perché il paese non li mette nelle condizioni di farli, questi figli, non perché non li vogliano.
«Sì, il fatto che ci sia un ministero alla natalità e famiglia è una piccola grande vittoria. Lo proponemmo tra anni fa quando lanciammo gli Stati Generali della Natalità», dice oggi De Palo. «In campagna elettorale avevo suggerito un ministro all’economia con delega alla famiglia e alla natalità, un discorso un pochino più maturo, perché senza portafoglio puoi incidere meno sull’inverno demografico, che è la nuova questione sociale… ma sono sicuro che al di là del portafoglio Eugenia Roccella avrà tutta la volontà di incidere. Ora c’è un assegno unico da migliorare, un ISEE da eliminare (o modificare) e un PNRR in cui inserire politiche demografiche serie. Come al solito saremo un pungolo. Romperemo le scatole, ma soprattutto aiuteremo la politica a migliorare la vita delle famiglie italiane. Sono in Francia, il paragone fa quasi rabbia».
De Palo sta partecipando agli Stati Generali della Natalità francesi, nati su spinta di quelli italiani: «Loro insistono molto su questo tema, non si fanno scrupoli, non ne fanno un tema di destra o di sinistra. Ripeto, il fatto che ci sia un ministero per la natalità è solo un segnale importante, chi lo nega non ha capito che il welfare tra un po’ crollerà. È un ministero che lavora d’anticipo per evitare un sacco di problemi che, se non facessimo nulla, a breve investirebbero i più fragili. Chi oggi ironizza vuole avere un approccio ideologico su qualcosa che di ideologico oggi non ha più niente. Se non si interviene, non ci si potrà lamentare domani dei tagli al sociale, delle pensioni minime, della sanità a pagamento… È ridicolo che ci siano polemiche su un tema come la natalità. Quello che auspichiamo ovviamente è che al di là della parola nel nome del ministero ci sia una presa di posizione netta e chiara del Governo, anche dal punto di vista economico perché non sia un ministero simbolico ma la parola venga sposata dall’economia, altrimenti andiamo avanti coi pannicelli caldi mentre qui serve una vera e propria cura per il Paese».
Anche per Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Milano, aver precisato e inserito esplicitamente la natalità nel nome di un ministero «è senz'altro il riconoscimento di un’urgenza e dice di un impegno del governo a cogliere pienamente la sfida di dare risposta agli squilibri demografici e realizzare politiche famigliari che altri paesi hanno da tempo in atto, per consentire alle persone che desiderano avere figli di non rinunciare a quella scelta, sollevandole in gran parte dai limiti attuali: il fatto che la nascita di un figlio espone maggiormente al rischio povertà, le complicazioni nella conciliazione tra vita e lavoro che pesano maggiormente in Italia rispetto ad altri paesi, i congedi di paternità che mancano ancora per realizzare davvero una condivisione dell'impegno di cura all'interno della coppia ma anche per permettere ai padri di vivere pienamente l'attaccamento con il figlio neonato, le politiche abitative per i giovani». Sono tutti punti su cui l’Italia «è da troppo tempo più debole rispetto ad altri paesi», dice Rosina, «ed è necessario un impegno a realizzare ciò che nel Family Act e nel Pnrr c’è già ma che ora va messo in campo, portando l’Italia ai livelli dei migliori standard europei. È questo che ci aspettiamo. È penoso mettersi a polemizzare sul nome di un ministero, dobbiamo invece chiedere al governo di portarci almeno a livelli dei migliori standard europei. Una volta messo lì il nome, ci sia l’impegno a farlo».
C’è un segnale ben preciso da cui capiremo tutti se il ministero per la natalità è uno specchietto per le allodole o un impegno concreto: l’assegno unico e universale per i figli, ben impostato dal governo precedente ma ancora poco universale. «La prima cosa da cui si capirà la concretezza del ministero sarà se ci sarà o meno il potenziamento della parte universale dell'assegno unico. In Germania c’è un assegno di oltre 200 euro per ogni figlio, mentre da noi la componente universale si ferma a 55 euro. È vero che sale a 175 euro e oltre, ma in determinate condizioni di reddito: è più una misura di contrasto alla povertà che di politiche familiari. Si può fare subito, perché lo strumento c’è, si tratta di renderlo più efficace mettendoci più risorse economiche, questo sarebbe il primo segnale», afferma Rosina. Altre due priorità sarebbero la cartina tornasole dell’impegno del governo Meloni sul tema: «Azioni sistemiche, se no non ne usciamo. Un congedo parentale per i padri sul modello spagnolo, 6 settimane pagate al 100% per entrambi i genitori all’inizio della vita del bambino e il potenziamento graduale dei servizi per la prima infanzia. Dobbiamo portare la copertura al 33% entro questa legislatura e al 50% entro il decennio. Svezia e Francia sono già lì».
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