Cultura

Una persona Lgbtqi+ su 5 ha subito aggressioni al lavoro

Una persona non eterosessuale su cinque pensa che il proprio orientamento sessuale sia stato d’intralcio per la sua crescita professionale. La stessa percentuale dichiara di aver vissuto un’aggressione o un clima ostile sul posto di lavoro. Sono i dati che emergono da una recente rilevazione Istat-Unar

di Sabina Pignataro

Una persona non eterosessuale su cinque pensa che il proprio orientamento sessuale sia stato d’intralcio per la sua crescita professionale. La stessa percentuale dichiara di aver vissuto un’aggressione o un clima ostile sul posto di lavoro. Sono i dati che emergono da una recente rilevazione Istat-Unar sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBTQI+ nel biennio 2020-2021. Fuori dall'ambito professionale, temono rimostranze per effusioni in pubblico il 69,7% degli uomini e il 65% delle donne. Oltre il 20% dichiara difficoltà in famiglia nel fare coming out

La rilevazione è stata condotta su oltre 21mila persone residenti in Italia che al primo gennaio 2020 risultavano in unione civile o già unite civilmente (per scioglimento dell'unione o decesso del partner), considerando sia le unioni civili costituite in Italia sia le trascrizioni di unioni all'estero. I risultati del report, precisa l'Istituto di statistica, non possono quindi essere considerati rappresentativi di tutta la popolazione omosessuale e bisessuale.

Gli episodi raccontati dai lavoratori sono calunnie, derisioni e soprattutto offese, incluse quelle di tipo sessuale (45,6%). A prescindere dal tipo di occupazione, sono le donne a subire tali offese più di frequente (43,8% contro 30,3% degli uomini) mentre tra gli uomini è molto superiore la quota di quanti sono stati calunniati, derisi o hanno subito scherzi pesanti. “La più diffusa è“aver sentito qualcuno definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica, è da gay o simili”, rileva il documento dell’Istat. Il 23,1% dichiara, con riferimento all'ultimo lavoro svolto, di essere stato minacciato in forma verbale o scritta. Il 5,3% di aver subito un'aggressione fisica, con incidenze più alte tra gli uomini.

Coming out

Quasi tutti gli intervistati dichiarano di aver parlato con la propria famiglia del loro orientamento sessuale. Nel fare coming out, il 21,8% parla di aver subito un rifiuto oppure ostilità da parte della madre: 28,8% per le donne e 18,1% per gli uomini. Una quota appena meno elevata riguarda la reazione negativa dei padri (19,8%), con un'incidenza superiore per gli uomini (20,4% contro 18,7%). Quando il figlio o la figlia si è unito/a civilmente, la madre e il padre non hanno accolto il partner come parte della famiglia, rispettivamente, nel 4,8% e nel 6,4% dei casi.

Cosa è stato fatto finora

Si stima che, nel 2019, oltre un quinto delle imprese (il 20,7%, pari a oltre 5.700 unità) abbia adottato almeno una misura non obbligatoria per legge con l’obiettivo di gestire e valorizzare le diversità tra i lavoratori legate a genere, età, cittadinanza, nazionalità e/o etnia, convinzioni religiose o disabilità. L’applicazione di tali misure coinvolge il 34% delle imprese di grandi dimensioni (con almeno 500 dipendenti), a fronte del 19,8% delle imprese più piccole (50-499 dipendenti). (Qui il report Istat UNAR il diversity management per le diversità lgbt+ e le azioni per rendere gli ambienti di lavoro più inclusivi).

Al 2019, il 5,1% delle imprese con almeno 50 dipendenti (pari a oltre mille imprese) ha adottato almeno una misura ulteriore rispetto a quanto già stabilito per legge, volta a favorire l’inclusione dei lavoratori LGBT+. Tra queste misure si ricordano: eventi formativi rivolti al top management e ai lavoratori sui temi legati alle diversità LGBT+; iniziative di promozione della cultura d’inclusione e valorizzazione delle diversità LGBT+; misure ad hoc per i lavoratori transgender; permessi, benefit e altre misure specifiche per i lavoratori LGBT+. La quota d’imprese cresce all’aumentare della loro dimensione: dal 4,4% nel caso di 50-499 dipendenti al 14,6% per le imprese di dimensioni maggiori.

Foto di apertura, Markus Spiske by Unsplash

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