Welfare
Sardegna allo stremo, aumenta la povertà e colpisce soprattutto donne e anziani
Il Terzo settore punta l'indice accusatore sulla classe politica che non trova le soluzioni per i problemi sempre più gravi che affliggono l'Isola, e non solo. Strumenti e metodologie spesso superati e inefficaci, come l'Isee. Intanto centomila famiglie sarde non possono permettersi una spesa mensile superiore ai mille euro: aumentano le file alla Caritas (e non solo) per pasti caldi e generi di prima necessità
di Redazione
Centomila famiglie in Sardegna non possono permettersi una spesa mensile superiore ai mille euro, e tante persone bussano alle porte della Caritas perché non arrivano a fine mese. L’accusa è emersa nel corso dell’undicesimo congresso regionale della Fnp Cisl Sardegna, che ha puntato tutto su alcuni temi caldi: sanità, vecchie e nuove povertà, non autosufficienza, mancato coinvolgimento delle parti sociali nelle scelte politiche regionali davanti alla pandemia. Il segretario regionale pensionati della Cisl, Alberto Farina, ha tracciato un quadro a tinte fosche che è condiviso da alcune realtà del Terzo settore isolano. È il caso delle ACLI, che proprio di recente hanno redatto un report su queste tematiche.
«Già prima pandemia della Covid – sottolinea Salvatore Sanna , componente del direttivo di ACLI Sardegna – la situazione era difficile. Oggi è diventata drammatica, sia in ambito sanitario che sociale . A due anni dalla comparsa del Covid, nonostante le rassicurazioni avute dall'Assessorato regionale della Sanità oltre un anno fa, si registrano notevoli ritardi nelle prenotazioni delle visite specialisticheche, contrariamente da quanto espressamente previsto dalle leggi vigenti, sforano spesso il tetto dei sei mesi anche per i malati oncologici o per coloro che fanno ricorso a terapie particolari. Inoltre, c'è una discrasia tra il Nord e il Sud dell'Isola, a vantaggio di quest'ultimo, dove si riversa la maggior parte delle risorse riservate alla sanità privata anche convenzionata: non è un problema di percentuale della popolazione, bensì di scelte politiche che spesso risalgono al passato. Per intenderci, i sardi residenti nel Sud Sardegna hanno 24 euro pro-capite mentre quelli del Nord solo 3 euro ciascuno. Ciò è inammissibile. Nel 2021 si era attuato un leggero correttivo in corso di anno ma nel 2022 si è confermata la linea della forte disparità. In Sardegna non si ha lo stesso diritto di ammalarsi ».
Sanna fa poi notare che « la situazione rischia di precipitare da un momento all'altro, soprattutto se dovessero venire a mancare gli interventi e gli ammortizzatori sociali varati dal governo nazionale durante l'emergenza , sia con il blocco dei licenziamenti, sia per quanto riguarda io bonus. Stiamo registrando un boom di richieste di Isee da parte dei cittadini rispetto agli anni scorsi, e questo è un segnale molto chiaro perché questo documento è quasi sempre legato ai bonus per le famiglie meno abbienti. Le file per un pasto caldo o per i generi di prima necessità stanno mettendo in ginocchio soltanto non la Caritas ma anche tante altre realtà di volontariato in tutta la Sardegna. E non è un problema che riguarda solo gli anziani».
Ugo Bressanello , fondatore di Domus de Luna , spiega che «l'aspetto sanitario ci sta creando parecchi problemi. Quando si parla di comunità che accolgono gli ospiti, si è portati a credere che siano la sommatoria di singoli individui. Ma non è così. Se le strutture pubbliche non ci mettono nelle condizioni di fare i tamponi per tutti in tempi rapidi – e questo è un problema che non riguarda soltanto la Sardegna ma parecchie regioni italiane – ci sono effetti moltiplicatori devastanti. Se parliamo della povertà dilagante, che è sotto gli occhi di tutti, dico soltanto che la nostra realtà sta consegnando generi alimentari a 1.500 nuclei familiari ea 5.000 persone circa (vedi immagine sotto). Appena due anni fa erano 30-40 famiglie, un anno dopo sono diventate 300. La parabola è ascendente.Il dramma che si deve affrontare le nuove povertà con vecchi strumenti e sempre con le stesse strutture di un tempo. È un problema innanzi tutto culturale. Occorrono nuovi approcci per adeguarsi ai tempi, ma vedo una resistenza a cambiare. Grazie alla Finanziaria regionale 2021, per la prima volta Domus de Luna è stata inserita tra le realtà accreditate, e questo ci dà un po' di respiro. Quando parlo di metodologia, faccio riferimento anche al tanto decantato Isee: che senso ha chiedere a una persona oa una famiglia il reddito di due anni prima? La situazione economica, nel frattempo, può essere radicalmente cambiata. In più, i tempi di risposta degli enti pubblici sono lunghissimi ma la gente deve mangiare tutti i giorni. Qui, invece, si continua a perdere tempo e tanta gente si sta riducendo in miseria».
Anche dall'ultimo Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale in Sardegna , pubblicato lo scorso novembre, si evince che l'impatto prodotto dalla pandemia sui nuovi profili di vulnerabilità colloca l'Isola tra le italiane con quote di povertà inedite molto più elevate rispetto alla media nazionale : le persone che si sono rivolte ai Centri di ascolto per la prima volta fino al 51,5% del totale. E si tratta in maggioranza italiani di cittadini sardi o comunque (71,5%). «Oltre al dato relativo – sottolinea il delegato regionale Raffaele Callia – colpisce il ritorno a una preponderanza del genere femminile e la crescita, a livello familiare, dell'esposizione alle situazioni di origine. Inoltre, le necessità primarie associate ai problemi economici e lavorativi si sono amplificate e si è diretti a un affacciarsi ai Centri d'ascolto di persone non provenienti dalla rete Caritas».
Una persona su due ha tra i 40 ei 50 anni. Con la pandemia, la quota proporzionale delle persone coniugate è risultata maggiore a quella delle persone celibi o nubili (negli ultimi due anni erano preponderanti questi ultimi). La maggior parte delle persone ascoltate ha dichiarato di trovarsi in una condizione di disoccupazione (61,4%), vale a dire alla ricerca di una nuova occupazione a seguito di licenziamento o di conclusione contratto di un rapporto di collaborazione o di lavoro subordinato a tempo determinato (disoccupati in senso stretto) o alla ricerca della prima esperienza lavorativa (inoccupati). Le persone disoccupate sono soprattutto (60,4%), con un'età media di 44 anni. Tra le tantissime persone in coda per un pasto caldo, sono parecchie quelle che hanno un lavoro ma che, per diversi motivi, non riescono a sfamarsi perché il reddito è insufficiente .
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