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Cara Simona, caro Ricky, cara Sabrina, aiutateci a gridare più forte

Aiutateci a far emergere la verità. Esiste uno studio che quantifica la concentrazione di metalli pesanti nel sangue di chi vive vicino alle varie Ghisal. Ma quello studio non è stato divulgato. "Svegliati amore mio" ha scosso le coscienze ed è il momento per fare rumore tutti assieme.

di Alessandro Marescotti

Cara Simona, caro Ricky, cara Sabrina, grazie per aver portato sugli schermi di tutt’Italia una storia che fa pensare alla realtà, scuotendo le coscienze. Il ringraziamento va a tutto il cast di attori e a chi ha collaborato alla realizzazione della fiction “Svegliati amore mio” (nella foto un immagine della mini serie tv). Genera forte impressione scoprire che vi sia stato qualcuno che, oltre a guardare la fiction, abbia anche controllato i profili Facebook degli operai per vedere se condividevano l’evento e in che termini. Le sanzioni disciplinari a lavoratori che avevano condiviso un post molto duro verso la fabbrica ha suscitato una diffusa reazione, anche a livello sindacale. Vi è stata una forte indignazione.

La capillare sorveglianza globale spiega bene perché ai cancelli della fabbrica gli operai non parlino, come avete raccontato nella fiction. Chi vi scrive in questi anni ha potuto constatare quanto sia stato sfuggente il mondo della politica di fronte ai problemi che voi avete raccontato. Ho dovuto invitare un ministro a guardarmi negli occhi perché facesse bene attenzione ai dati che stavo sottoponendo alla sua attenzione. Con quel “mi guardi Ministro” (indirizzato all'allora vice premier Di Maio) segnalavo infatti gli eccessi di mortalità nei tre quartieri vicini all’ILVA, gli eccessi dei tumori infantili a Taranto, le promesse non mantenute di nuovi filtri mai installati e che avrebbero dovuto abbattere l’inquinamento della fabbrica. Ho toccato con mano in questi anni ciò che la vostra fiction racconta.

Sono qui a scrivervi per raccontarvi quella che potrebbe sembrare la trama di una nuova fiction.

E' la storia di un mistero che avvolge ancora i dati si uno studio sui metalli pesanti presenti nel sangue che scorre nelle vene di coloro che vivono vicino alle varie Ghisal d'Italia. Ormai la Ghisal è il nome di una questione morale, oltre che ambientale e sanitaria, che la vostra fiction ha messo al centro dell'attenzione con tanta efficacia.

Per questo ho deciso di scrivervi questa lettera.

E' una lettera che descrive un'Italia dei misteri e del potere che non ci fa conoscere neanche ciò che scorre nelle nostre vene. C'è una scomoda verità ancora immersa in silenzi imbarazzanti e imbarazzati.

Dovete sapere infatti che nel marzo del 2018 arrivarono a Taranto degli esperti per uno studio epidemiologico senza precedenti. Era uno studio basato su un capillare biomonitoraggio. Cercavano volontari per effettuare un controllo dei metalli pesanti nel sangue. Aiutammo gli esperti a cercare i donatori. Ma lo dovemmo fare senza clamore perché lo studio era terribilmente dettagliato, scendeva in profondità e poteva essere bloccato dall’alto. Questo comprendemmo nel momento in cui ci venne detto di non diffondere sui social alcuna notizia. E allora venne organizzato un efficiente gruppo WhatsApp che lavorò in silenzio, giorno dopo giorno, nella ricerca di volontari che rispondessero alle specifiche del campione statistico richiesto. Ad ogni volontario vennero prelevare 19 fiale di sangue.

La ricerca mirava alla “determinazione metalli in traccia su siero”. Quella ricerca, condotta con tanta riservatezza, non riguardava solo Taranto ma mirava a mappare il sangue dei cittadini dell’Italia inquinata dai veleni, da Nord a Sud. I metalli pesanti a cui si dava la caccia con quella ricerca erano i seguenti:

● Litio

● Berillio

● Stronzio 1

● Molibdeno

● Cadmio

● Antimonio

● Tallio

● Piombo

● Manganese

● Zinco

● Arsenico

● Selenio

● Ferro

● Nichel

● Rame

● Mercurio

Oltre a questi metalli pesanti la ricerca mirava a individuare le diossine, i furani e i policlorobifenili. Sarebbero stati incrociati con i dati ambientali e con le fonti di quegli inquinanti. Che è successo dopo tre anni? Di quella ricerca non se ne è saputo più nulla. Nonostante le sollecitazioni, noi stessi che collaborammo per la buona riuscita dei prelievi siamo oggi di fronte al buio. Come una nave dei veleni colata a picco, tutto si è inabissato. Eppure i dati ci sono. Infatti i certificati di analisi sono stati spediti per email ai singoli donatori delle 19 fiale di sangue. Ma quei donatori non ci hanno capito nulla perché i dati non erano accompagnati dai valori di riferimento. Che strano.

Sappiamo però che nelle persone hanno trovato ferro, zinco, nichel, mercurio, cadmio, arsenico e persino stronzio! Sappiamo che qualcuno ha più mercurio o più stronzio di un altro. E basta. Se sia tanto o se sia poco nessuno lo sa. Ognuno vive con la sua misteriosa domanda dentro di sé: ho un eccesso di qualche metallo pesante? Non ci hanno capito nulla neppure i medici di famiglia perché per comprendere quei dati bisogna essere esperti di tossicologia. Occorre avere accesso alle banche dati e alla letteratura scientifica specializzata per effettuare comparazioni appropriate. Del resto non ci va di farlo noi, di sostituirci agli autori della ricerca, di fare allarmare le persone con una nostra analisi interpretativa quando invece, come è ovvio che sia, spetterebbe agli autori della ricerca esporre i risultati complessivi dello studio epidemiologico.

E qui arriviamo alla domanda cruciale di questa storia: perché non è stato reso pubblico lo studio complessivo? Si poteva illuminare l’Italia con tanta dovizia di dati. Si poteva far conoscere a milioni di italiani la mappa dei metalli pesanti e delle diossine nel sangue, si poteva correlare il dato alle fonti inquinanti. A quella Ghisal o a quell’altra Ghisal. Ma proprio qui, in questo punto cruciale, il meccanismo si è inceppato, così come ci era stato paventato nel 2018. La ricerca si è così inabissata nell’oceano del silenzio, nonostante siano disponibili tutti i dati per capire qual è lo stato di salute dell’Italia, città per città, nei punti dove maggiore è stato l’impatto dell’inquinamento.

Solo un gruppo di tenaci cittadini, a Salerno, sembra aver ottenuto i dati del comune dopo un’azione legale e dopo aver avuto ragione dal TAR. Ma sugli altri siti la luce è spenta. E tocca a noi cittadini oggi reclamare quei dati. Sembra una storia inventata ma è vera. C’è la materia per una nuova fiction. Ho scritto a nome di PeaceLink una PEC per sollecitare la conoscenza e la diffusione di quello studio. In un’Italia in cui si dimentica purtroppo facilmente, noi non dobbiamo dimenticare. La cultura ha la funzione di non far dimenticare e di scuotere le coscienze. Vogliamo conoscere cosa c’è nel sangue di chi ha vissuto in questi anni vicino alle tante Ghisal, la fabbrica simbolo della vostra fiction. La vostra notorietà, in questo momento, può fare la differenza. Battiamoci insieme per il diritto alla conoscenza. Nelle nostre vene sono entrati metalli pesanti e diossina, tutto questo mentre tanti politici erano indaffarati a fare altro.

E ora mi rivolgo a voi.

Aiutateci a far emergere la verità. I dati sono stati raccolti e adesso possiamo sapere quanti metalli pesanti ci sono nel sangue di chi vive vicino alle varie Ghisal dell'Italia inquinata.

"Svegliati amore mio" ha scosso le coscienze ed è il momento per fare rumore tutti assieme per far emergere la verità e portare alla luce i dati di quello studio oggi inabissatosi nei silenzi.

E, ora che vogliamo conoscere, è calato il silenzio: Simona, Ricky, Sabrina aiutateci. Un caro saluto

Alessandro Marescotti Presidente di PeaceLink

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