Economia

Roseto Capo Spulico. I nostri “Figli delle Rose” ambasciatori di Economia Civile 2020

E sono ancora le rose a generare senso di comunità e politiche di inclusione virtuose, così tanto che grazie al progetto “Figli delle rose” Roseto Capo Spulico ha conquistato, per acclamazione popolare, il premio nazionale di Comune Ambasciatore di Economia Civile 2020, assegnato nelle giornate dell’ omonimo festival che si è svolto a Firenze lo scorso settembre.

di Maria Pia Tucci

Borgo che si affaccia sulle rive dell’ alto Jonio Cosentino, in Calabria, millenovecento residenti, trentacinquemila nel pieno della stagione balneare, le ciliegie più belle d’ Italia e la storia nel nome. Civitas Rosarum, antico nome di Roseto Capo Spulico, racconta che le rose coltivate qui riempivano i guanciali delle principesse sibarite e la Rosa Damascena, che cresce in questo angolo di Mediterraneo, ha segnato la vita e le opere di Federico II di Svevia.

E sono ancora le rose a generare senso di comunità e politiche di inclusione virtuose, così tanto che grazie al progetto “Figli delle rose” Roseto Capo Spulico ha conquistato, per acclamazione popolare, il premio nazionale di Comune Ambasciatore di Economia Civile 2020, assegnato nelle giornate dell’ omonimo festival che si è svolto a Firenze lo scorso settembre.

Una equipe socio-pedagogica, Istituzioni locali (il Comune ha finanziato con fondi propri il progetto), aree di verde urbano da curare, persone con disabilità e le loro famiglie, sono gli attori protagonisti di “Figli delle rose”, un progetto che come un copione ben scritto, mette al centro della scena la costruzione sociale, facendo diventare i cittadini produttori di bellezza e sostenibilità economica e civile.

Un progetto che da sud, dalla Calabria, diventa azione e dice all’ Italia intera che generare buone prassi di comunità e inclusione è possibile anche nei piccoli borghi «dove l’ assenza o la lontananza da servizi essenziali condiziona fortemente la vita di un residente. – Dice Rosanna Mazzia, Sindaca di Roseto – Luoghi da dove spesso si va via e non si torna perché il lavoro impiegatizio, quello a tempo indeterminato, qui non esiste. Ma – continua – può esistere una cultura dell’ auto impresa che valorizzi ancor di più l’ identità del luogo e che crei le condizioni per restare. Qui dove la vita non è solo slow e chi vive nei borghi, oggi, è da considerarsi un eroe, perché vive al di sotto dei servizi essenziali».

Intanto sei giovani abitanti del borgo, tra i 20 e i 30 anni, coordinati da pedagogisti ed educatori hanno programmato, studiato e poi piantumato, coltivato e trasformato le rose autoctone, facendo diventare questo gesto antico e ben conosciuto da generazioni intere, azione collettiva di rigenerazione. Prodotto sacchetti profumati e studiato la vita delle rose, rigenerato aree verdi del tessuto urbano e costruito senso di comunità includente intorno ad uno dei valori identitari del loro luogo.

Dal progetto è nata l’ Associazione “Figli delle rose” che continua a coltivare, anche in tempo di pandemia, occasioni di incontro, nella maggior parte dei casi virtuali, ma che danno seguito alle attività laboratoriali che prima si svolgevano in presenza.

A loro e all’ intera comunità di Roseto Capo Spulico, spetta un anno -seppur in questa condizione di limitatezza causata dal Covid – da Ambasciatori che vuol dire «portare all’ attenzione nazionale un modello di economia sociale ripetibile. – dice ancora la Sindaca Rosanna Mazzia, che è anche presidente nazionale dell’ Associazione Borghi Autentici d’ Italia. E conclude – Il riconoscimento ottenuto dice alla mia comunità che le nostre scelte politico- sociali sono sostenibili e riconoscibili e che per questo siamo sulla buona strada».

Agricoltura non massiva, fatta da piccole aziende a conduzione familiare, il clima di fiducia e le relazioni di prossimità, sono la visione di chi vuole costruire una forte motivazione per far sì che i borghi siano abitati e vissuti tutto l’ anno.

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