Sostenibilità

Uomini e orsi, convivenza difficile, ma possibile

Dopo due aggressioni a podisti in Trentino torna a farsi sentire chi vuole eliminare i grandi plantigradi, reintrodotti sulle Alpi meno di vent'anni fa. Per Fabrizio Bulgarini (WWF Italia) tra i problemi la non conoscenza dei comportamenti corretti e la nostra visione disneyana degli animali

di Antonietta Nembri

A un anno di distanza dal caso di Daniza (l’orsa uccisa durante il tentativo di cattura) gli orsi bruni delle Alpi tornano a fare notizia e sembra tornare la paura dei plantigradi. Sui giornali, non solo locali, quella che viene definita una battaglia che divide il Trentino tra chi vuol salvare i plantigradi a tutti i costi e chi li vuole eliminare. La Provincia autonoma di Trento, dopo le aggressioni a due podisti nei boschi vicino a Trento (per non parlare delle lamentele di pastori e apicoltori), sembra voler chiedere la licenza di sopprimere gli animali dannosi chiedendo una modifica del piano d’azione dell’orso bruno nelle Alpi centro orientali.
Ma la paura è un sentimento che si autoalimenta. E ci sono paure ataviche che ci portiamo dentro fin da quando per sopravvivere i nostri antenati erano in concorrenza con gli animali delle foreste. Oggi, i grandi boschi sono scomparsi e se vogliamo mangiare una bistecca non dobbiamo competere con altri carnivori, ma semplicemente pescare dal banco frigo del supermercato.

Così dopo averli fatti scomparire 150 anni fa da quasi tutto l’arco alpino con una caccia indiscriminata, meno di una ventina di anni fa abbiamo reintrodotto una decina di esemplari sulle Alpi centro orientali. Ritrovato il loro habitat (sulle Alpi orientali al confine tra Austria e Slovenia in realtà non erano mai scomparsi) gli orsi bruni si sono riprodotti riconquistando boschi e sentieri.

Ma è proprio tutto così semplice? Uomini e orsi non possono condividere lo stesso territorio? E quindi, dopo averli reintrodotti ora dobbiamo ricacciarli? Per cercare di andare al di là della facile emotività abbiamo chiesto a Fabrizio Bulgarini, responsabile nazionale biodiversità di WWF Italia se è proprio vero che l’unica soluzione è quella di, per semplificare, aprire la caccia all’orso.

E la prima cosa che ci dice è che a lui sembra che «si stia alimentando la paura dell’orso».
«Stiamo parlano di una specie che era praticamente scomparsa dalle Alpi, in Abruzzo invece gli orsi non erano mai spariti. Il fatto è che con la loro scomparsa si è persa anche l’abitudine a comportamenti che facilitavano la convivenza con questa specie», spiega Bulgarini che osserva: «In Slovenia dove sono censiti circa 450 esemplari si registra un caso all’anno di aggressione, da noi gli orsi sono molti di meno, parliamo di 50, 60 esemplari sulle Alpi centro orientali».

Quindi, le reazioni egli episodi delle ultime settimane che hanno portato il governatore Ugo Rossi a chiedere al ministero dell’Ambiente una modifica che permetta di intervenire con la cattura o la soppressione degli orsi dannosi, sono esagerate?
«Anche se stiamo parlando di una specie protetta, il protocollo esistente già prevede che nel caso di un orso che manifesti aggressività o comportamenti problematici possa essere catturato e anche in casi estremi abbattuto. È prevista la concertazione con il ministero, ma non si deve generalizzare, occorre identificare l’animale perché gli orsi sono animali comportamentali, cioè ci può essere il soggetto più o meno aggressivo. Ma quello che bisogna conoscere è il comportamento dell’uomo, è cruciale conoscere le circostanze in cui è avvenuta l’aggressione».

Cioè?
«Negli Stati Uniti o in Canada dove gli orsi sono molti di più e la possibilità di incontrarli meno remota esiste un decalogo di comportamento che chi fa gite nei boschi deve conoscere. Ci sono comportamenti sconsigliati come, per esempio, fare jogging con il cane o spaventare l’animale. Si sono fatti diversi studi sui comportamenti da tenere e le circostanze in cui si verificano le aggressioni. Gli orsi spaventati attaccano. Servono informazione ed educazione, solo così si possono prevenire incidenti».

Insomma la convivenza tra orsi e uomini è possibile?
«Certo, anche se bisogna accettare il fatto che il rischio zero è impossibile. In Europa, rispetto al Nord America il rischio è minimo. Ma occorre essere coscienti che se frequentiamo territori in cui gli orsi sono presenti occorre non andarci da soli, seguire alcune semplici regole, come andare in gruppi superiori a cinque. Anche nell’attività pastorizia ci sono tecniche per ridurre al minimo gli incidenti come l’uso di recinti elettrificati e l’utilizzo di casi da difesa come il pastore maremmano o abruzzese che sono degli ottimi deterrenti».

Quindi se si conosce il giusto comportamento non ci sono rischi?
«Nella relazione con i grandi carnivori il rischio non deve essere mai sottovalutato. Per fortuna negli ultimi decenni è aumentata la sensibilizzazione, ma il problema è nella nostra visione un po’ disneyana degli animali. Occorre acquisire un comportamento ed evitare scene come quelle che ho visto in Abruzzo: persone che rincorrevano un orso per fare una foto con il cellulare».

In apertura foto di Johannes Simon/Getty Images

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