Formazione
Hal2001 visto dall’Italia
In occasione della tre gioni in Olanda, intervista a un hacktivist italiano. Ferry Byte, fondatore di Stranonetwork: "Attenti alla normalizzazione"
Vita: Potresti fare una breve storia degli hackmeeting italiani? Dove si sono svolti e con quali scopi?
Ferry Byte*: L’hackmeeting parte da un’idea di Luc Pac supportata da molti gruppi italiani quali Stranonetwork (www.strano.net), che nel 1998 riescono in maniera collaborativa a “metter su” un evento di tre giorni nel Centro Popolare Autogestito di Firenze Sud. Il tutto all’insegna della più spontanea autogestione. È’ questa infatti la parola guida del primo hackmeeting, tanto che le risorse necessarie per realizzare la Rete locale, fino a quelle necessarie per istruire i primi seminari, provengono sia da gruppi organizzati, ma in particolare da numerose soggettività entusiaste all’idea di organizzare una tre giorni in piena libertà e di confronto su temi emergenti dell’hacktivism come era allora la crittografia (esce in quell’occasione il mitico libro Kriptonite). Sono seguiti l’Hackit di Milano che ha visto fra i tanti meriti la nascita del LOA (www.ecn.org/loa) – struttura importantissima ormai a livello nazionale per qualsiasi evento di natura hacking -, l’hackmeeting di Roma, che ha vissuto una partecipazione di massa incredibile e infine quello di Catania (www.hackmeeting.org) – molto più intimo data la localizzazione ma proprio per questo sotto vari aspetti tecnici fra i più interessanti. Il filo rosso che unisce gli hackmeeting direi che è un’idea non profit e di autogestione dell’evento, insieme a una forte spinta ideologica per la condivisione dei saperi.
Vita: E il futuro degli hackmeeting, vista la crescente internazionalizzazione di questo tipo di eventi?
Ferry Byte: A Bilbao penso ci sarà un hackmeeting molto simile a quello italiano. Il primo hackmeeting spagnolo, tenutosi l’anno passato a Barcellona, si connotava proprio per la fratellanza con gli hackit italiani. In Italia per ora il fenomeno hackmeeting riesce a conservare il suo valore di spontaneità ma non dobbiamo comunque correre il rischio di difendere e conservare una forma a tutti i costi, dimenticando gli obiettivi che sono stati primari per questi eventi. Faccio un esempio: in molte regioni dell’Italia esistevano le Case del Popolo e le Società di Mutuo Soccorso che con gli anni hanno perso quasi tutte le loro valenze sociali, poi sono succeduti i Centri Sociali che di nuovo sembrano a un bivio di normalizzazione. Dal nostro punto di vista bisogna mantenere l’obiettivo della socializzazione dei saperi. Se poi il mezzo per farlo non potrà essere più l’hackmeeting, un altro tipo di T.A.Z. (Zona temporaneamente autonoma, ndr) sarà necessaria per sfuggire al pericolo di fare resistenzialismo a tutti i costi magari per difendere un qualcosa che rischia fra qualche anno di fare tendenza.
Vita: Cosa ne pensi della scelta di Rop Gonggrijp e degli altri organizzatori di Hal2001 di aprire agli sponsor?
Ferry Byte: Credo che il mondo sia bello perché vario. E non è una battuta retorica dal mio punto di vista. I nord-europei fanno bene a fare quello che fanno. Io rimango dell’idea che in Italia taluni eventi e strutture di movimento, finché restano tali, devono essere sganciate da dinamiche economiche e/o istituzionali se davvero si vuole conservare il coraggio di provare a cambiare lo stato di cose presenti anche attraverso il tentativo di abbattere le barriere sociali esistenti all’interno del mondo della comunicazione e dell’informazione.
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