Non profit
Istituto italiano donazione: continuano le difficoltà della raccolta fondi
In termini di entrate totali il 2017 è risultato peggiore del 2016 e anche i primi sei mesi del 2018 non hanno fatto segnare un’inversione di tendenza. I dati della XVI indagine sull’andamento del fundraising degli enti non profit in Italia presentata in occasione del Dono day del 4 ottobre
di Paolo Biondi
La raccolta fondi da parte delle organizzazioni non profit in Italia, in termini di entrate totali, nel 2017 è risultata peggiore di quella del 2016 e le previsioni sul 2018 si augurano un miglioramento rispetto ai dati del primo semestre 2018. Questa in estrema sintesi la conclusione della XVI indagine dell’Istituto italiano donazione (Iid) sull’andamento delle raccolte fondi degli enti non profit in Italia. L’indagine è stata presentata a Roma, in Senato, in occasione del Dono day del 4 ottobre 2018.
Il presidente dell’Iid, il senatore Edoardo Patriarca, ha annunciato che in occasione della giornata istituita da una legge del Parlamento «abbiamo più di 200 eventi sparsi in tutta Italia con sindaci e imprenditori che hanno deciso di sostenerci. In maniera inaspettata, in questo tempo che stiamo vivendo verbalmente anche violento, non credevamo di trovare ospitalità in questo nostro Paese». Patriarca ha anche detto che «siamo stati ricevuti da Papa Francesco in modo inaspettato».
Nell’ultimo anno si è «assistito ad una polarizzazione fra le organizzazioni che hanno migliorato la propria raccolta fondi e quelle che hanno diminuito la propria raccolta, entrambe percentualmente in crescita», ha spiegato Cinzia Di Stasio, segretario generale dell’Iid.
Nel 2016, secondo l’Istat, i donatori che hanno contribuito a sostenere almeno un’organizzazione non profit con una o più donazioni monetarie sono stati in totale 8,3 milioni. La stragrande maggioranza dei donatori (7,786 milioni) ha donato ad associazioni o organismi di volontariato. La stima fatta da Gfk di donatori nel 2017 è più alta, pari a 9,7 milioni di persone. La Doxa infine stima, sempre nel 2017, che siano 6,3 milioni i donatori informali che non sostengono associazioni, ma donano per esempio alla Chiesa o attraverso l’elemosina. Mettendo a confronto le tre fonti, l’Iid conclude che «si può dire che ogni anno, sul totale della popolazione italiana con più di 14 anni, due persone su tre donano del denaro».
Per una stima complessiva del valore di queste donazioni monetarie individuali bisogna rifarsi al calcolo fatto da Vita nel 2017, valore che a partire dalle dichiarazioni dei redditi 2016 (detrazioni) è di 5 miliardi di euro. A questo dato si affianca quello delle donazioni informali stimate nel 2017 per circa 2,7 miliardi di euro, sempre secondo l’inchiesta di Vita.
L’identikit del donatore è stato fatto da Gfk ed è stato presentato all’incontro da un intervento inviato dal suo vicepresidente Paolo Anselmi: «I donatori sono in prevalenza donne (58%), si trovano in particolare tra le fasce più elevate per cultura e reddito e vivono all’interno di gruppi familiari ristretti (coppie senza figli, persone sole…), Ma, soprattutto, fanno sempre più parte dei segmenti maturi della popolazione (oltre la metà dei donatori ha più di 55 anni)».
Complessivamente l’Iid valuta che le donazioni in denaro a organizzazioni non profit (escluso il 5 mille) coinvolgano 10 milioni di persone, le donazioni in denaro informali altri 6,3 milioni di persone, le donazioni di tempo e di aiuto 6,9 milioni di persone, le donazioni di sangue 3,024 milioni: «Si arriva così a calcolare una stima in un intero anno di almeno 26 milioni di atti di donazione (assumendo un atto di donazione per ogni donatore) che presuppongono uno scambio tra le persone che donando e le persone che ricevono la donazione. Che si tratti di tempo dedicato, di denaro o sangue, in rapporto alla popolazione vi è un gesto di donazione ogni due abitanti».
Le conclusioni dicono che, «in un quadro di chiaroscuri quale sembra diventata la società italiana, insieme alle altre società europee, la riflessione pubblica ha bisogno anche di questi dati che raccontano quanto è ampia la sfera dei comportamenti positivi per la ricomposizione del tessuto civico e sociale e la riconnessione dei fili che tengono insieme le comunità, variamente caratterizzate, che vivono sugli stessi territori».
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