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Israele: per Casa Bianca già iniziato il dopo Sharon

er la Casa Bianca, il 'dopo Sharon' e' gia' cominciato, anche se, ufficialmente, il presidente George W. Bush e la first lady Laura si limitano a ''pregare'' per la salute del premier israelia

di Paul Ricard

Per la Casa Bianca, il ‘dopo Sharon’ e’ gia’ cominciato, anche se, ufficialmente, il presidente George W. Bush e la first lady Laura si limitano a ”pregare” per la salute del premier israeliano, senza fare commenti o previsioni su quello che potra’ accadere. Fonti di rango dell’Amministrazione, citate anonime dai corrispondenti alla Casa Bianca, riconoscono che e’ ”praticamente impossibile” che Ariel Sharon, colpito ieri sera da un ictus cerebrale ”massiccio”, riprenda normalmente la propria attività. Ci s’interroga, dunque, sul ‘dopo Sharon’ e c’e’, ovviamente, preoccupazione, anche se il segretario di Stato Condoleezza Rice mostra un certo ottimismo: anche senza la guida di Sharon, ”un leader eccezionale e storico”, dice, ”il desiderio di pace e di sicurezza degli israeliani” e’ forte. Gli Stati Uniti restano favorevoli a che le elezioni politiche palestinesi si svolgano, come previsto, il 25 gennaio, mentre quelle israeliane sono gia’ state confermate per il 28 marzo. L’inquietudine sulle prospettive del processo di pace tra israeliani e palestinesi e’ emersa in una telefonata tra il presidente Bush e il segretario generale dell’Onu Kofi Annan. Per il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan, e’ stato Annan a chiamare Bush per uno scambio di auguri di Buon Anno. Ma la conversazione non e’ stata solo di cortesia: i due hanno condiviso le preoccupazioni per la salute del premier e sull’impatto che una sua uscita di scena finira’ con l’avere nel Medio Oriente. Bush e Annan sono figure di punta del Quartetto, la formazione diplomatica che comprende Usa, Ue, Russia e Onu e che e’ stata la ‘madrina’ della ‘road map’, un tracciato di pace per israeliani e palestinesi. Annan ha anche espresso la sua ”profonda preoccupazione” in una dichiarazione: ”Segue da vicino gli sviluppi e spera fortemente che il premier si riprenda”, ha detto un portavoce dell’Onu, trasmettendo la solidarieta’ del segretario generale alla famiglia di Sharon e al governo e al popolo di Israele. Messaggio analogo aveva gia’ diffuso ieri sera Bush, immediatamente informato da Steve Hadley, consigliere per la sicurezza nazionale, dell’emorragia cerebrale che aveva colpito Sharon. La Casa Bianca si tiene ”in costante contatto” -fa sapere McClellan- con le autorita’ israeliane. In una dichiarazione, Bush afferma che lui e la first lady Laura ”partecipano all’ansia del popolo israeliano e pregano perche’ Sharon possa riprendarsi”. Tra Bush e Sharon, i rapporti sono sempre stati buoni: praticamente, da quando e’ alla Casa Bianca il presidente non ha avuto altro interlocutore israeliano perche’ il premier s’insedio’ al potere appena un mese dopo di lui. Da allora, Sharon e’ stato il leader internazionale che piu’ volte ha visto in bilaterale Bush, alla Casa Bianca, a Camp David, al ranch di Crawford in Texas o, eccezionalmente, altrove. E il presidente americano contava sul premier israeliano per vedere realizzata la sua visione di due Stati, Israele e la Palestina, che vivano in pace l’uno accanto all’altro e ciascuno sicuro all’interno dei propri confini. Una visione che, con l’uscita di scena di Sharon, potrebbe diventare piu’ difficile concretizzare entro la fine del 2008, cioe’ entro la fine della presidenza di Bush. La stampa americana rispecchia preoccupazioni e inquietudini della Casa Bianca. L’ex segretario di Stato Larry Eagleburger prevede, senza mezzi termini, un ”deragliamento” del processo di pace. Ma la Rice, magari per dovere d’ufficio, non condivide il pessimismo del predecessore. Delle elezioni palestinesi, il segretario di Stato pensa che debbano tenersi, nonostante i timori per la sicurezza e la partecipazione del movimento radicale Hamas, che Washington considera un’organizzazione terrorista. ”Non possiamo volere rinviare un voto solo perche’ ne temiamo il risultato”. Tocca all’Autorita’ palestinese ”mostrare al popolo palestinese che la vita sarebbe migliore e piu’ sicura con un parlamento democraticamente eletto che lavori con un presidente democraticamente eletto”.


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