Una partita lunga due anni e cinquantuno settimane. E’ quella che Mahmoud Marsak, calciatore della Nazionale palestinese, ha giocato e vinto contro le autorità israeliane. Teatro dell’incontro: il carcere dello Stato ebraico dove il giocatore nativo di Rafah, nella Striscia di Gaza, è stato rinchiuso nell’estate 2009 perchè sospettato di terrorismo e da cui è stato liberato il 10 luglio. Dopo una lunga battaglia.
Ventidue luglio 2009, Sarsak è in viaggio verso Balata, un campo profughi palestinese vicino a Nablus, in Cisgiordania. Lì dovrà firmare per il suo nuovo club, il Balata Yoth Club. Per arrivare all’incontro con i dirigenti però deve passare per il valico di Erez, controllato dagli israeliani. E qui tra la Striscia di Gaza e lo Stato Ebraico inizia l’odissea di Mahmoud. Le forze di sicurezza lo fermano. Secondo lo Shin Bet, il servizio interno d’informazioni interno, Sarsak sarebbe un “combattente illegale” dell’Islamic Jihad Movement in Palestine, un gruppo considerato terrorista dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dal governo dello Stato ebraico. E sempre secondo le fonti israeliani il calciatore avrebbe piazzato un ordigno che avrebbe ferito un soldato. Accuse che portano il calciatore dietro le sbarre, soggetto a una “detenzione amministrativa”, un tipo di carcerazione nato nella Palestina del Mandato britannico che consente al Ministero della Difesa di detenere senza incriminazione nè processo per periodi di sei rinnovabili, potenzialmente all’infinito.
E proprio dopo l’ennesimo rinnovo il 19 marzo 2012 Mahmoud Sarsak inizia lo sciopero della fame. Per ottenere lo status di prigioniero di guerra e per attirare l’attenzione sulla detenzione “illimitata” senza processo sua e di altri detenuti palestinesi. Il 25enne ricomincerà a mangiare solo il 14 giugno. Sono passati quasi novanta giorni e Mahmoud ha perso metà del suo peso. Ha iniziato a nutrirsi dopo che i suoi avvocati hanno raggiunto un accordo con le autorità israeliane sulla sua liberazione prevista per il 10 luglio, ieri.
Una decisione, quella dello Stato d’Israele arrivata dopo le proteste di Amnesty International (che ha parlato di “trattamento inumano e degradante” riferendosi al mancato ricovero in ospedale durante il digiuno) e dei vertici del calcio europeo e mondiale. Tra cui il presidente della FIFA Joseph Blatter e quello della Uefa Michel Platini. Oltre alla protesta formale della Federazione palestinese di calcio che ha chiesto al governo del calcio europeo di togliere a Israele l’organizzazione del prossimo Europeo Under 21, in programma nel 2013 proprio nel paese del Medioriente. Le cui nazionali e i club giocano però le competizione UEFA per evitare i boicottaggi e le proteste dei paesi arabi che non riconoscono l’esistenza e la legittimità di Israele, fuori e dentro i campi da gioco. In ogni caso Sarsak è libero ed è già tornato a casa, dove è stato salutato come un eroe. Non del calcio, purtroppo.
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