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Israele, dilaga la price tag contro i palestinesi

E' la strategia di violenze e soprusi messa in atto dai coloni, con ulivi tagliati, tombe e moschee profanate, campi bruciati e scritte intimidatorie. Il Governo israeliano: "Classifichiamoli come terroristi"

di Daniele Biella

L’attacco dei coloni nelle Colline a sud di Hebron, con 62 alberi di ulivo tagliati durante la notte in un campo di proprietà palestinese, è solo uno degli ultimi di una lunga e sempre più preoccupante onda di atti di vandalismo. Che ha un nome: price tag (in ebraico מדיניות תג מחיר), ed è, a quanto riporta l’ong israeliana B'Tselem, il nome dato ad "atti di violenza occasionale nei confronti della popolazione palestinese e delle forze di sicurezza israeliane", commessi dalle frange più radicali del movimento dei coloni israeliani nei Territori Palestinesi e, negli ultimi tempi, anche nella stessa Gerusalemme.

L’episodio di At Tuwani, nelle Colline di Hebron, è avvenuto la notte del 10 maggio ed è stato denunciato dall’Operazione Colomba, il corpo civile di pace dell’associazione Papa Giovanni XXII, che dal 2004 propone un’interposizione nonviolenta tra coloni israeliani e popolazione palestinese. “Su un muro nelle vicinanze del luogo dove si è verificato il primo incidente abbiamo trovato una frase scritta in ebraico: 'prezzo da pagare per coloro che rubano'”, riportano i volontari dell’Operazione Colomba. "Ma l'uliveto appartiene alla famiglia Amor ed è stato piantato circa 30 anni fa, e i membri della sua famiglia palestinese presenti sul luogo erano particolarmente sconvolti dall'accaduto”.

“La prima jeep di soldati israeliani è arrivata sul posto alle ore 7 del mattino circa, seguita da un altro veicolo dell'esercito e da un'auto dell' Amministrazione civile israeliana", racconta l’Operazione Colomba. "Intorno alle ore 8:30 un soldato israeliano incaricato di analizzare le impronte ha affermato che i responsabili del danneggiamento erano in sei, cinque uomini e una donna più alcuni altri che monitoravano da lontano”. Ma non era ancora finita. “Nel pomeriggio, verso le 2.30, un gruppo di coloni ha dato fuoco a un campo di grano palestinese, vicino al villaggio di Tuba. Un minorenne palestinese, di sedici anni, li ha visti fuggire da lontano. Il campo appartiene alla famiglia degli Aliawad che hanno immediatamente chiamato la polizia israeliana. Gli alberi di ulivo e il grano sono una risorsa fondamentale per i palestinesi delle Colline a sud di Hebron ed il loro danneggiamento costituisce una grave perdita economica”.

La price tag è andata in scena anche ieri 13 marzo in vari punti della Cisgiordania: sono state profanate tombe palestinesi, danneggiate moschee, riempiti di scritte minacciose diversi muri. I vandali "esigono un prezzo dai Palestinesi locali o dalle forze di sicurezza israeliane per qualsiasi azione intrapresa a contrasto della loro impresa di colonizzazione”, riporta il New Yok Times, una delle tante testate internazionali che comincia a occuparsi della vicenda. E oramai il fenomeno è talmente in aumento (dall’inizio dell’anno si sono verificati il doppio dei casi di tutto il 2012) che anche in Israele sta assumendo il carattere di emergenza nazionale: Tzipi Livni, attuale ministro della Giustizia israeliano, ha voluto incontrare i rappresentanti delle comunità dei coloni ed è stata netta nell’indicare la linea da intraprendere: “La price tag è contro i valori democratici della nostra società, è razzismo ottuso. Bisogna adottare misure più dure, equiparare gli autori di tali violenze ai terroristi”.

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