Formazione
Irene: la mia vita da passeggero scomodo
Un romanzo autobiografico sulla disabilità.
Si può nascere spastica e desiderare di volare? Si può. E si può tirare un sospiro di sollievo durante la lettura di un libro che sbatte in faccia la disabilità senza mediazioni e retorica? Anche questo si può. Il folle volo racconta la storia di Lucia e del ginecologo distratto che l?ha fatta nascere.
Leggendo libri sulla disabilità spesso si oscilla tra compassione e disagio. Compassione perché è facile soffrire insieme a chi è svantaggiato finché tu sei fuori dal suo corpo; disagio perché sei impotente, e non puoi trovare nessuna parola idonea alla richiesta di normalità che quel corpo grida. Il libro della Marazzi toglie quell?impaccio che spesso si veste di ipocrisia e di pietismo, perché Lucia è Irene, protagonista di un romanzo autobiografico per parlare del suo handicap, ma soprattutto dei suoi pensieri, delle sue emozioni, della rivolta di fronte a chi sentenzia frasi di circostanza. E tu finalmente sai quello che passa nella testa di chi è oggetto di tante ?attenzioni?.
Lucia è nata in un corpo che non risponde ai comandi della mente, ha gravissime difficoltà motorie e di linguaggio, ma fin da piccola rivela un carattere d?acciaio. Lei vuole volare, che tradotto significa vivere. Non vuole sconti, Irene. E non ne dà. Quello che colpisce è che il libro costringe il lettore a mettersi a nudo. Più entri nella fatica bestiale che Lucia fa, più fai il tifo per lei. Perché c?è qualcosa che l?attira, oltre la fatica di riuscire a parlare senza sbavare, a camminare senza aggrapparsi a qualcuno, a frequentare il liceo Berchet di Milano dopo aver abbandonato le scuole speciali, dove si sentiva solo un corpo da manipolare, a diventare avvocato e vivere da sola?
C?è tutto questo dentro Il folle volo, ma anche dell?altro. E ti ci imbatti a metà del libro, quando Lucia decide di tentare il vero ?folle volo? e dichiara il suo amore adolescenziale a Daniele, un amico che le sarà vicino anche negli anni della maturità, quando ancora, tenace, non si arrenderà alla possibilità di un amore terreno. Un ennesimo mulino a vento, o come ama dire Lucia, un ennesimo naufragio, come quello di Ulisse al di là delle colonne d?Ercole. Allora, scrive Irene, «non volevo accettare il suo fallimento, ma il tempo mi avrebbe insegnato quanto sia difficile tenere il timone quando gli altri ti vedono solo come un passeggero scomodo». È scomoda Irene, nella sua rabbia e nella sua lucidità, ma almeno è un salutare schiaffo a tanta retorica sulla diversità.
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