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Iraq: no opposizione a invito Usa

Il leader dell'opposizione sciita irachena, Ayatollah Mohammed Bakr al-Hakim ritiene che "le intenzioni degli Usa per il futuro dell'Iraq siano ancora alquanto ambigue''

di Paolo Manzo

Il leader dell’opposizione sciita irachena (Sciri), Ayatollah Mohammed Bakr al-Hakim, non si recherà personalmente a Washington per l’incontro del 9 agosto con alti esponenti dell’Amministrazione americana e i leader delle altre organizzazioni dell’opposizione.

Presente sarà invece un suo rappresentante. Il motivo, come spiega all’Adnkronos Safaa Mahmoud, il portavoce di Sciri in Europa, è che al-Hakim ”ritiene che le intenzioni degli Usa per il futuro dell’Iraq siano ancora alquanto ambigue”.

A Washington, Sciri (il Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq) vuol tentare di convincere gli americani che ”distruggere le infrastrutture irachene e bombardare la popolazione non sono gli strumenti più adatti per risolvere il problema Saddam”.

Preferibile sarebbe ”costringere Baghdad ad attuare alla lettera le varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu (688, 949), il che comporterebbe ad esempio il ritiro delle armi pesanti irachene da gran parte del territorio”.

A quel punto i gruppi dell’opposizione potrebbero prendere il potere in più regioni, ”stringendo in maniera irreversibile il nodo del cappio attorno al collo di Saddam”.

L’incontro di Washington è comunque importante, dichiara Mahmoud, tanto che questa settimana al-Hakim ha invitato nel suo rifugio in Iran i capi delle altre tre organizzazioni non curde invitate alla riunione, vale a dire Ahmed Chalabi (Congresso nazionale iracheno), Ayad Alawi (Accordo nazionale iracheno) e Sharif Ali (Movimento monarchico iracheno), con l’obiettivo di concordare una strategia comune nei confronti degli Usa.

Rimane il nodo dei rapporti incrociati tra Sciri e Iran, ottimi da 20 anni, e Sciri e Usa, che hanno definito l’Iran uno dei pilastri dell’impero del male.

Afferma Mahmoud: ”l’Iran teme un intervento militare americano in quanto diffida delle intenzioni di Washington; a nostro parere gli Usa dovrebbero inviare un chiaro messaggio ai Paesi della regione, precisando i loro obiettivi.

In sostanza la creazione di un Iraq democratico e stabile richiede il contributo di tutte le forze dell’opposizione interna e di tutti i Paesi dell’area: sarebbe assurdo in questo contesto demonizzare l’Iran”.

Al termine dell’intervista, dagli occhi di Mahmoud traspare un attimo di emozione: ”Lottiamo da 20 anni contro una dittatura brutale; ma ora cominciamo a credere veramente che la fine di Saddam sia vicina”.

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