Cultura
Iraq: Mons. Albanesi, linguaggio vincitori “cinico e baro”
A sostenerlo e' mons. Vinicio Albanesi che riflette sulle dichiarazioni fatte dai protagonisti della guerra in questi giorni
di Redazione
”A chi, come noi, ha creduto fermamente che la guerra in Iraq dovesse essere evitata, dopo la vittoria anglo-americana, i vincitori suggeriscono sensi di colpa. Il loro linguaggio ondeggia tra il cinico e il baro”. A sostenerlo e’ mons. Vinicio Albanesi che riflette sulle dichiarazioni fatte dai protagonisti della guerra in questi giorni. Ed elenca affermazioni come:”’Non sono state trovate armi di distruzioni di massa, ma le troveremo’; abbiamo ‘liberato’ l’Iraq da un dittatore; le morti innocenti e le distruzioni ‘sono ineludibili effetti collaterali della guerra’; il caos e i saccheggi sono ‘fenomeni naturali in un conflitto’; la ricostruzione spetta ai vincitori: questi – dice il sacerdote – solo alcuni dei messaggi lanciati in questi giorni”. ”E, da vincitori non sono ammessi dubbi ed errori – prosegue – sara’ la storia (che come e’ noto interviene dopo decine di anni) a dare giudizi; nel frattempo i vincitori hanno diritto di parola e gli sconfitti (i pacifisti) si vergognino delle loro idee”. ”Le lezioni da trarre da tutto cio’, per chi crede all’ esclusione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti – dice ancora Albanesi – sono molte e serie”. ”La prima riguarda le cosiddette nostre ‘democrazie’: fragili e imperfette. Non esenti da poteri forti e da interessi nazionali e personali, che nulla hanno a che fare con il mandato popolare di rappresentanza. Perfezionarle, rendendole trasparenti, e’ un dovere che riguarda tutto l’occidente”. ”La seconda – afferma Albanesi – riguarda la ‘logica’ della pratica di pace: occorrono approcci lontani dagli schemi prevalenti della forza. Se tali schemi prevalgono e’ evidente che chi vince ha ragione, nonostante tutto”. E ancora,”la terza riguarda gli organi nazionali e internazionali garanti della pace: le Nazioni Unite, la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari non possono essere presi o lasciati a piacere da chi ha la forza. Ogni prassi per essere efficace deve poter disporre di regole e strumenti adeguati”. La quarta riflessione del sacerdote e’ sulla la comunicazione: ”mai ascoltati – dice – argomenti e viste scene cosi’ ‘di parte’. La dignita’ dei prigionieri o il bene della vita sono stati misurati a seconda dell’appartenenza ai vinti o ai vincitori. Gli stessi motivi della guerra sono stati diversamente attribuiti a fatti e circostanze affermate e negate”. Secondo Albanesi, dunque, ”la conclusione da trarre e’ che il desiderio di pace necessita di strumenti, di risorse, di controlli per interferire sull’economia, sulla politica, sulla cultura. Senza il passaggio alla concretezza, il desiderio di pace continuera’ ad essere solo desiderio e, per questo, sconfitto e deriso”.
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