Mondo

Iraq: ma la guerra no

L'ipotesi della guerra raccoglie sempre meno consensi in tutto il mondo. Nonostante la propaganda duri da un anno

di Redazione

Se sara’ la guerra contro l’Iraq, sarà essenzialmente una faccenda per militari. Ma oggi, nell’attesa che – come si dice – parlino le armi, la guerra appare soprattutto la finalita’ di un gruppo di politici ormai decisi a cambiare l’assetto geopolitico in un quadrante del mondo che considerano di importanza cruciale e che non intendono lasciare all’arbitrio del dittatore Saddam. L’atteggiamento del presidente George W. Bush e dei suoi piu’ stretti collaboratori, strenuamente a favore dell’intervento armato e non sempre in assoluta sintonia con i vertici militari, si discosta notevolmente da una parte considerevole dell’ opinione pubblica. Cio’ rappresenta tutt’altro che la regola in un paese la cui cittadinanza, di solito, e’ disposta a schierarsi con le sue istituzioni in modo compatto. NEWYORCHESI CONTRO LA GUERRA – New York e’ contro la guerra, o per lo meno contro la guerra se fosse decisa unilateralmente da Bush senza l’avallo delle Nazioni Unite. In base a un sondaggio del tabloid popolare ‘Daily News’, ben otto persone intervistate su dieci vorrebbero concedere piu’ tempo agli ispettori dell’Onu. Tale percentuale e’ certo superiore alla media nazionale, dove pero’ l’appoggio alla linea interventista ‘autonoma’, ossia non sostenuta dalle Nazioni Unite, si situa intorno al 50 per cento. Il pacifismo della Grande Mela si spiega col fatto che i suoi abitanti, colpiti dal terribile attentato dell’11 settembre 2001, temono che una tragedia simile potrebbe ripetersi se fosse attaccato l’Iraq. Ma se questo e’ – sia pure all’ingrosso – l’orientamento dell’americano medio, una pressoche’ totale opposizione ad un conflitto in Iraq si registra in Europa tra la gente e nella cosiddetta societa’ civile. La quale, almeno non sino a quando gli esperti dell’Onu non si diano per vinti circa la possibilita’ di disarmare l’Iraq, di guerra non vuole neppure sentir parlare. SI TEME PER LA SICUREZZA IN USA E NEL MONDO – Oltre alle considerazioni di tipo umanitario, che pure hanno un peso molto forte, e che vedono nel conflitto un prezzo insostenibile da far pagare alla gia’ stremata popolazione irachena, l’altra ragione che rende assolutamente impopolare l’uso delle armi contro Saddam e’ la preoccupazione di ritorsioni di tipo terroristico. Negli Usa oggi ha fatto la sua prima uscita pubblica il superministro Tom Ridge, chiamato da Bush alla testa della Sicurezza Interna, una struttura polifunzionale cui fanno capo molte decine di migliaia di funzionari. L’esordio pero’ e’ stato imbarazzante, giacche’ un gruppo di ispettori del Senato hanno dimostrato che le frontiere sono tutt’altro che impermeabili. Muniti di documenti vistosamente falsi, finti infiltrati sono riusciti a penetrare in Usa dal Canada, dal Messico e dalla Giamaica, senza che nessuno li notasse. Il senatore Charles Grassley (repubblicano), che presiede la commissione che ha esaminato i rapporti degli ispettori, ha detto con toni di costernazione che ”anche i baristi che servono alcolici agli studenti di college si sarebbero accorti che certi documenti erano falsi”. BLIX: NON HO PROVE – Il capo degli ispettori Onu, Hans Blix, ha detto oggi in un’intervista al New York Times di non avere ”visto nulla in Iraq che giustifichi una guerra”. Blix, che il 14 prossimo dovra’ tornare al Palazzo di Vetro con un nuovo rapporto, contraddicendo quanto affermato il segretario di stato Colin Powell ha detto che gli esperti ”non hanno scoperto alcun tentativo dell’Iraq di occultare armi proibite prima delle loro visite”. Ha poi spiegato che non ha chiesto al Consiglio di Sicurezza piu’ tempo per le sue missioni ”perche’ Saddam non ha cambiato atteggiamento”, ma non perche’ sia stato trovato con quella che la stampa Usa chiama ‘la pistola fumante’. E secondo quando lasciano oggi intendere fonti Usa, neppure mercoledi’ prossimo, quando Powell illustrera’ le supposte prove all’Onu, c’e’ da attendersi materiale e documenti concreti, ma piuttosto ”un quadro impressionista” piu’ che evidenza inconfutabile. IN GB CALA CONSENSO A BLAIR – Lo scollamento tra la pace voluta dall’uomo della strada e la guerra voluta dai politici si fa piu’ vistoso anche in Gran Bretagna, dove il partito laburista del premier Blair e’ sceso al 36% dei favori dell’ elettorato e soprattutto dove ben l’84 per cento dei cittadini si dicono contrari all’uso delle armi senza una precisa decisione dell’Onu, il 43% sono comunque contrari e il 62% vorrebbe un referendum. Senza contare il 66% che critica il fatto che Blair sia piu’ sollecito verso la politica di Bush piuttosto che verso gli orientamenti dell’elettorato britannico. Ma dagli Usa Blair ha fatto sapere che il rapporto con gli Usa ”funziona molto bene” ed e’ ”importante per la Gran Bretagna, l’America e il resto del mondo”. In sede Ue, del resto, dei fan incondizionati Blair li ha trovati nel Partito del popolo danese, di estrema destra, i cui ministri degli Esteri e della Difesa hanno detto di essere pronti a inviare in Iraq un numero imprecisato di soldati e un sottomarino, nel caso di attacco guidato dagli Usa.


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