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Iraq: L’appello di Giuliana Sgrena in un video

"Aiutatemi a salvarmi, a salvare questo popolo, ritiratevi dall'Iraq, dovete porre fine all'occupazione, qui tutti gli stranieri, tutti gli italiani sono considerati nemici''. Il testo integrale

di Redazione

‘Aiutatemi a salvarmi, a salvare questo popolo, ritiratevi dall’Iraq, dovete porre fine all’occupazione, qui tutti gli stranieri, tutti gli italiani sono considerati nemici”. Giuliana Sgrena appare cosi’, il viso tirato, la voce interrotta dai singhiozzi, le mani giunte come in preghiera, nel video consegnato all’AP television news. Ecco il testo integrale degli spezzoni del video che contengono l’ appello pronunciato in italiano da Giuliana Sgrena: ”Era la fine di gennaio, ero qui per testimoniare la situazione di questo popolo che muore ogni giorno. Migliaia di persone sono in prigione, bambini, vecchi, le donne sono violentate e la gente muore ovunque per strada. Non ha piu’ niente da mangiare, non ha piu’ elettricita’, non ha acqua. Vi prego, mettete fine all’occupazione. Lo chiedo al Governo italiano, lo chiedo al popolo italiano perche’ fascia pressione sul governo. Pierre ti prego aiutami, per piacere fai mettere le foto dei bambini colpiti dalle cluster bomb. Chiedo alla mia famiglia di aiutarmi, a tutti e a tutti voi che avete lottato con me contro la guerra, contro l’occupazione. Vi prego aiutateli. Questo popolo non deve piu’ soffrire cosi’. Ritirate le truppe dell’Iraq. Nessuno deve piu’ venire in Iraq, perche’ tutti gli stranieri, tutti gli italiani sono considerati nemici. Per favore fate qualcosa per me. Pierre, aiutami tu. Sei sempre stato con me in tutte le mie battaglie, ti prego aiutami. Fai vedere tutte le foto che ho fatto sugli iracheni, sui bambini colpiti dalle cluster bomb, sulle donne. Ti prego aiutami, aiutami a chiedere il ritiro delle truppe, aiutami. Lo chiedo a mio marito, lo chiedo a Pierre: aiutami, aiutami tu, tu solo mi puoi aiutare fino in fondo a chiedere il ritiro delle truppe. Io conto su di te, la mia speranza e’ solo in te, tu devi aiutarmi a chiedere il ritiro delle truppe, tutto il popolo italiano deve aiutarmi, tutti quelli che sono stati con me in queste lotte mi devono aiutare. La mia vita dipende da voi. Fate pressione sul Governo, aiutatemi: questo popolo non vuole occupazione, non vuole le truppe, non vuole stranieri. Aiutatemi, ho sempre lottato con voi”. Dopo una precedente trasmissione di pochi secondi, nel notiziario della tv di Dubai Al Arabiya appena concluso e’ stata diffusa una parte piu’ lunga (34 secondi) del video nel quale appare la giornalista italiana Giuliana Sgrena che chiede aiuto per se’ e per il popolo iracheno. ”Centinaia di civili muoiono, tra loro bambini e vecchi – dice la traduzione in arabo dell’appello di Giuliana Sgrena, letta da una voce femminile – la gente qui muore perche’ non ha cibo ne’ acqua ne’ elettricita’. Dovete premere sul governo italiano affinche’ ritiri le sue truppe; aiutatemi a pubblicare le immagini dei bambini uccisi dalle bombe e dalla guerra. Chiedo a tutti quelli che sono contrari alla guerra di aiutarmi, questo popolo non deve soffrire cosi’ e gli stranieri non devono venire in Iraq perche’ gli italiani sono considerati nemici del popolo”. Il drammatico video in cui Giuliana Sgrena implora di ritirare le truppe italiane dall’Iraq per salvarle la vita e’ ”completamente diverso” da quelli che lo hanno preceduto in occasione di altri rapimenti, ma sembra indicare che i suoi sequestratori seguano da vicino le vicende dell’Italia, potendo forse contare su un esperto. E’ questa l’opinione di fonti qualificate irachene, contattate oggi dall’ Ansa a Baghdad e che hanno richiesto l’anonimato. Le fonti hanno rilevato che la voce che si sente fuori campo e’ quella di un iracheno che, in arabo, impartisce istruzioni a un altro iracheno che parla italiano e francese. Le fonti hanno aggiunto che – sebbene parli evidentemente sotto costrizione – l’inviata del Manifesto sembra comunque voler lanciare un messaggio, lasciando intendere di essere nelle mani di un gruppo che punta al pagamento di un riscatto. Per la prima volta in un video del genere, l’ostaggio ha affermato: ”Nessuno deve piu’ venire in Iraq, perche’ tutti gli stranieri, tutti gli italiani, sono considerati nemici”. Invito che, a detta delle fonti, sarebbe in particolare rivolto ai giornalisti italiani. Tra le altre stranezze del video, le fonti hanno rilevato la durata molto piu’ lunga del solito (quasi quattro minuti) e la regia e il montaggio affrettati, resi evidenti dal fatto che, a un certo punto, la Sgrena finisce di parlare e si rivolge con sguardo interrogativo a qualcuno fuori campo. Altri indizi della fretta con cui e’ stato girato il video, il fatto che la sigla ‘Mujahiddin senza confini’ appaia tronca nelle immagini, girate in una stanza dalle pareti spoglie, senza le consuete bandiere o slogan. Che cosa sono le cluster bombs? Le bombe ‘cluster’ – o ‘a grappolo’ – alle quali fa riferimento per due volte Giuliana Sgrena nel video contenente il suo appello (”Pierre ti prego aiutami, per piacere fai mettere le foto dei bambini colpiti dalle cluster bomb”), sono ordigni di grandi dimensioni, lanciate da aerei o elicotteri oppure da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili, che si aprono a mezz’aria spargendo ad ampio raggio centinaia di munizioni piu’ piccole. Quando non funzionano come previsto, le submunizioni arrivano a terra e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando cosi’ di fatto delle mine antipersona. La potenza delle cariche con cui sono armate le rende ancora piu’ letali delle ‘normali’ mine anti-uomo. Le micidiali bombe a grappolo sono prodotte anche dall’Italia. Lo scorso 25 ottobre 23 senatori, per lo piu’ del centrosinistra ma anche della maggioranza parlamentare, hanno sottoscritto un’interrogazione del diessino Nuccio Iovane in cui si chiedono chiarimenti al governo sulla produzione, lo stoccaggio e l’esportazione verso altri paesi di questo tipo di bombe. Dopo aver ricordato che l’Italia e’ uno dei 57 paesi in cui queste munizioni sono prodotte e stoccate, e che hanno nei propri arsenali bombe a frammentazione, sia per bombe d’aereo che, piu’ piccole, per artiglieria, i senatori hanno chiesto al governo ”in quali occasioni sono state utilizzate dalle nostre forze armate e quali siano i Paesi verso cui l’Italia esporta o ha esportato questo tipo di munizioni”. Sempre nello scorso mese di ottobre la Campagna italiana contro le mine, che ha lanciato ufficialmente anche in Italia la ‘Campagna internazionale per una moratoria su uso, commercio e produzione delle cluster nel mondo’ ha diffuso alcuni dati secondo i quali sono circa 12.400 le cluster bomb inesplose ma innescate sganciate in Afghanistan; 13 mila sono quelle sganciate dalle forze della coalizione in Iraq, calcolando che il tasso di mancata esplosione dichiarato dalle case produttrici e’ del 5 per cento (ma in realta’ i dati raccolti segnalano fino al 20-25%), sono diecimila gli ordigni in agguato sul terreno. Il numero di 12.400 non e’ altro che il 5% di 248.056, che e’ il numero di submunizioni in cui si sono frammentate le 1.228 cluster sganciate in Afghanistan tra l’ottobre 2001 e il marzo 2002. Nello stesso paese dall’ottobre 2001 al novembre 2002, almeno 127 civili e due sminatori sono rimasti uccisi o feriti da queste submunizioni. In Iraq, tra il marzo e l’aprile 2003, le forze armate della coalizione hanno sganciato circa 13.000 munizioni cluster, contenenti un numero di submunizioni compreso tra 1,8 e 2 milioni. Secondo statistiche ospedaliere l’uso di munizioni cluster ha causato centinaia di morti e feriti tra la popolazione civile a Baghdad, Hilla, Najaf, Bassora ed in altre localita’. Secondo la Campagna contro le mine, e’ la Guerra del Golfo del 1991 a costituire l’episodio di piu’ ampio uso di munizioni cluster degli anni recenti. Tra il 17 gennaio ed il 28 febbraio del 1991 ne sono state sganciate 61.000 contenenti circa 20 milioni di submunizioni. Le bombe cluster hanno costituito circa un quarto del totale delle bombe sganciate sull’Iraq e sul Kuwait. Le submunizioni hanno costituito un pericolo soprattutto per i bambini: il 60 per cento delle vittime aveva meno di 15 anni.


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