Famiglia
Iraq Journal, “prove disperate di normalità”
Mauro Celladin, cooperante di Intersos, fotografa una Bagdad irreale, dove la gente va in ufficio senza sapere cosa fare e senza uno stipendio. Aspettando
Al lavoro senza un perché
Passato il tempo dell?entusiasmo, gli iracheni tornano a fare i conti con la realtà del quotidiano. Tutto un sistema, per quanto oppressivo, non esiste più e non si vede ad oggi come e da chi questo sistema sarà rimpiazzato. I dipendenti pubblici si recano al mattino alle proprie fabbriche ed uffici e li rimangono, quasi sempre inoperosi ma puntigliosamente presenti, nella speranza che prima o poi qualcuno pagherà loro uno stipendio che gli consentirà di sopravvivere. Gli autisti della nettezza urbana si sono portati a casa i camion per la raccolta dei rifiuti, ed ora offrono i propri servizi agli abitanti dei quartieri più ricchi che possono permettersi di autotassarsi e pagarli. La raffinerie producono a ritmo più che dimezzato, la benzina è rara e le code ai distributori sono chilometriche, tanti disoccupati passano le giornate a fare la fila con le taniche per poi rivendere la benzina a prezzo quadruplicato agli automobilisti frettolosi che la possono pagare. L?energia elettrica nelle case manca per la maggior parte della giornata, i meccanici si ingegnano a mettere insieme qualsiasi motore e dinamo gli capiti sottomano per poi rivenderli come generatori.
Il bene più prezioso? Le antenne satellitari per la tv
Le antenne televisive satellitari, motivo di carcere duro al tempo della dittatura, sono ora fonte di guadagno per i commercianti del settore e la gente è disposta ad ogni sacrificio pur di avere lo strumento necessario a vedere le cose del mondo, tenuto anche conto che la TV nazionale non ha ancora ripreso a trasmettere.
Ragazzi di oggi
I giovani, in particolare i giovani dei quartieri più popolari, sono i più irrequieti. Forse dal dopo Saddam si aspettavano di più, di certo non questo futuro pieno di incertezze. Spesso si procurano delle armi, cosa peraltro facilissima, e si organizzano in bande. Ai loro occhi gli occidentali sono ricchi per definizione, in quanto tali sono i bersagli prediletti di queste bande. La settimana scorsa il coordinatore medico di Intersos, mentre tornava dall?aver visitato uno degli ospedali cittadini, è stato accerchiato da quattro malviventi ed è stato derubato di tutto. Sono gli stessi ragazzini che nei primi giorni del dopoguerra venivano ripresi dalle televisioni di tutto il mondo mentre abbattevano le statue di Saddam ed entravano nelle sue dimore, solo pochi giorni prima inavvicinabili, per saccheggiare mobili e suppellettili. Erano stati presi a simbolo dell? Iraq liberato, oggi si sono organizzati e girano indisturbati nei palazzi saccheggiandoli prima ed incendiandoli poi, alimentando così ogni sorta di traffico illecito.
Vogliamo vivere senza guardarci le spalle
L?impressione è quella di una nazione che per sopravvivere sta fagocitando se stessa nell?indifferenza generale. La maggioranza della popolazione non si sente protetta e chiede maggior sicurezza, in molte strade i residenti organizzano turni di guardia, così le notti sono segnate dalle frequenti raffiche di mitra che avvisano i malintenzionati di tenersi alla larga.
Il guardiano e il cane
Khaled, il guardiano della casa dove viviamo, quando sente queste sparatorie ci guarda sconsolato e nel suo poco comprensibile inglese dice: ? Iraqi ? Texas ? tutti asini?. Qualche sera fa abbiamo sentito una sparo secco proprio davanti alla nostra casa, con prudenza siamo usciti a vedere cosa succedeva: una pattuglia di militari americani in perlustrazione aveva ammazzato il cane che normalmente stazionava davanti al cancello in attesa che gli dessimo qualcosa da mangiare, lo avevamo adottato chiamandolo Pippo.
C’è tanto da fare
Se la vita in Iraq è difficile ed incerta per tutti, ancora di più lo è per le fasce più deboli della popolazione. I disabili, gli orfani, gli anziani, categorie vulnerabili di per se? e che già avevano sofferto i lunghi anni dell?embargo, oggi subiscono particolarmente lo stato di anarchia del paese. E? verso queste categorie di persone che Intersos sta indirizzando i primi interventi di sostegno. Nel paese esistono cinque ospizi: a Baghdad, Mosul, Karbalà, Diwanya e Bassora, in passato erano finanziati da fondi statali, oggi in assenza di uno stato mancano di tutto, i responsabili degli ospizi spesso si affidano alla carità pubblica pur di racimolare qualche aiuto che gli permetta di tirare avanti Il personale addetto, pur presentandosi regolarmente al lavoro, non riceve lo stipendio da due mesi ed è perciò demotivato. La maggior parte degli ospizi, inoltre, è stata presa di mira dai soliti saccheggiatori nei giorni immediatamente successivi la caduta del regime, i frigoriferi e le attrezzature da cucina sono state portate via, sono stati asportati i lavandini, le rubinetterie, le cisterne per la scorta di acqua e le poche riserve di cibo. Dalle infermerie sono stati sottratti medicinali e strumenti.
Ladri di carrozzine
A Bassora i ladri hanno divelto dal muro buona parte dell?impianto elettrico, hanno portato via le sedie a rotelle usate dagli anziani con problemi motori, infine hanno scassinato i loro armadietti prendendosi i pochi ?tesori? che contenevano (te, zucchero, biscotti e qualche soldo). In passato, oltre all?assistenza, i ?vecchietti? ricevevano un piccolo assegno mensile di 7.500 Dinari, non era granchè, circa 3,5 Euro, ma dava loro la sensazione di disporre di una propria autonomia economica. Oggi negli ospizi la stato di abbandono è evidente, a causa dei furti subiti mancano acqua ed energia elettrica, le condizioni igieniche sono al limite. Soprattutto, manca il personale preparato a dare agli anziani il necessario supporto psicologico, quell?attenzione di cui hanno bisogno per uscire dalla condizione di abbandono e sconforto in cui si trovano. Oltre alla fornitura dei necessari beni materiali, è su questo aspetto specifico che Intersos sta organizzando il proprio intervento in favore degli ospizi in Iraq.
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