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Iraq: il ruolo dell’Onu? Lo decidono Bush e Blair

Vertice a Belfast sul dopo-Saddam. Powell rassicura: L'intesa c'è, "Usa protagonisti"

di Paul Ricard

E’ già pronto l’annuncio che il presidente americano George W. Bush e il premier britannico Tony Blair faranno oggi sul ruolo dell’Onu nel dopoguerra in Iraq: il segretario di Stato Colin Powell fuga i dubbi che precedevano il Vertice di Guerra, il terzo della serie, ieri a Belfast, fra i due maggiori alleati e protagonisti della Guerra del Golfo 2.

Powell non dà i dettagli dell’intesa che s’è profilata e che probabilmente è abbastanza generica da consentire a Bush e Blair di pubblicare una dichiarazione comune, ferme restando alcune differenze sul peso dell’Onu nella ricostruzione e nella democratizzazione del Paese uscito dal regime di Saddam Hussein.

Gli Stati Uniti – Powell, questo, lo dice con chiarezza – non vogliono perdere l’iniziativa. Così, manderanno, già questa settimana, una squadra in Iraq perché valuti che cosa serve per installare nel Paese un’amministrazione provvisoria militare e civile ed essenzialmente americana.

Powell spiega che ciò è possibile perché la campagna “Libertà per l’Iraq” sta andando “eccezionalmente bene”, anche se – aggiunge l’ex generale, che fu capo di Stato Maggiore nella Guerra del Golfo del 1991- il conflitto è sempre denso di pericoli e una fine delle ostilità non è imminente. La dichiarazione che, a chiusura del Vertice, Bush e Blair faranno oggi dirà che “la fase dei combattimenti sta per giungere a conclusione e che è tempo, per tutti noi, di discutere della fase che segue le ostilità, di cominciare a pensare al futuro dell’Iraq”. E il segretario di Stato minimizza le divisioni con gli alleati sul ruolo dell’Onu nel dopoguerra.

Al suo arrivo all’aeroporto di Belfast, Bush stringe la mani di familiari di soldati che combattono nel Golfo. Poi raggiunge in elicottero il castello di Hillsborough, residenza della regina quando viene nell’Ulster – di rado – e lì stringe la mano a Blair. Poi, inizia il vertice.

Uniti dalle notizie di vittoria che giungono dall’Iraq, con Baghdad violata a più riprese dagli americani e Bassora quasi arresasi ai britannici, i due leader s’incontrano a Belfast per celebrare i successi, ma soprattutto per cercare di fare combaciare i punti di vista sul dopoguerra. Bush vuole installare fin da subito forse già oggi, il primo nucleo di un’amministrazione provvisoria americana militare e civile, e vuole tenere l’Onu ai margini, se non proprio fuori, della ricostruzione e della democratizzazione del nuovo Iraq.

Intanto allestisce un governo provvisorio con iracheni vissuti sotto il regime di Saddam Hussein ed esuli. Per vantare un ruolo di combattenti che non hanno finora avuto, gli uomini della “legione straniera” di Ahmed Chalabi, uomo di fiducia del Pentagono, sbarcano a Nassiriya quando tutto è finito.

Blair, invece, mette più l’accento sul ruolo dell’Onu nel dopoguerra iracheno: secondo il “Daily Telegraph”, il premier avrebbe persino pensato a una risoluzione. Da New York, il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che convoca una riunione del Consiglio di Sicurezza, incalza: “Mi aspetto un ruolo per l’Onu”, dice.

Si vedrà oggi se ci sono concessioni da parte di Bush, che, finora, accetta le Nazioni Unite sul fronte umanitario, ma non molto di più. A Washington, Richard Armitage, numero due del Dipartimento di Stato, dà l’ok all’intervento dell’Organizzazione mondiale per la sanità, dell’Unicef e di altre agenzie umanitarie Onu, senza andare oltre. E il “Wall Street Journal” difende con le unghie della speculazione l’affare della ricostruzione.

Bush e Blair al termine del vertice, faranno una conferenza stampa: la dichiarazione congiunta che Powell dice già pronta consentirà di non guastare la festa della vittoria sciorinando contrasti e differenze. Al terzo Vertice di Guerra, dopo quelli delle Azzorre, il 16 marzo, e di Camp David, il 27 marzo, il premier Blair ha la scelta del terreno e punta sulla capitale dell’Ulster, una terra dal passato intriso di divisioni e di terrorismo.

Intanto ieri il Pentagono ha annunciato che gli Stati Uniti processeranno direttamente i dirigenti iracheni accusati di crimini di guerra, senza consegnarlI a tribunali internazionali. Il Pentagono ha anche precisato che i criminali di guerra potrebbero essere processati da una commissione militare Usa, da corti marziali o da tribunali civili federali americani.

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