Mondo

Iraq, i curdi: “pronti a una rivolta se la Turchia interviene”

Lo dice Muusa Kaval, presidente della Commissione Esteri dell'Assemblea nazionale curda. Al centro la lotta per il controllo dei pozzi petroliferi di Mossul e Kirkuk

di Stefano Arduini

Se Ankara dovesse cercare di intervenire per cercare di limitare l’autonomia del Kurdistan iracheno o la gestione curda di Mossul e Kirkuk, potremmo assistere a una sollevazione senza precedenti, anche al di la’ del confine occidentale, nell’Anatolia turca. A dichiararlo e’ il curdo di Turchia Muusa Kaval, presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea nazionale curda, una sorta di parlamento curdo in esilio con sede a Bruxelles, che conta decine di partiti e 300 deputati. ‘ ‘La nostra speranza – dice Kaval all’Adnkronos International – e’ che adesso, dopo questa guerra, finalmente si torni a parlare dello status di tutti i curdi, e che anche la Turchia si veda costretta a ripensare il nostro status, concedendoci veri diritti democratici e rappresentativi. Noi speriamo che, se i curdi iracheni otterranno lo status che spetta loro grazie anche ai loro successi in battaglia contro Saddam Hussein di questi giorni, anche i loro fratelli al di la’ dei confini siriani, iraniani e turchi potranno sperare di migliorare di molto la propria posizione, con statuti analoghi in tutti i paesi in cui sono presenti”. ”Tuttavia – prosegue Kaval – sussiste il rischio che Ankara possa al contrario sfruttare la situazione per inviare le proprie truppe nel Kurdistan iracheno”. Il politico pensa anzitutto alle citta’ petrolifere di Mossul e Kirkuk, finora sotto controllo di Saddam Hussein e rivendicate dai curdi, che si scontrano con l’opposizione frontale di Ankara. ”Kirkuk e Mossul non sono turche – dice Kaval – ma curde, e finalmente sono state liberate, Ankara non ha nessun diritto di intervenire”. Che cosa accadrebbe se la Turchia inviasse propri soldati nel Kurdistan iracheno? ”I curdi hanno diritto di difendersi – risponde il politico – e sicuramente risponderebbero all’aggressione. Anche noi in territorio turco saremmo pronti a sostenere i nostri fratelli in Iraq. E la diaspora irachena in tutto il mondo scenderebbe in strada a protestare”. Kaval ricorda che i curdi si sono rivoltati 29 volte nel corso di cento anni nei confronti prima dell’impero ottomano, poi della Turchia – come dire che non esiterebbero certo a sollevarsi la trentesima volta. ”Il nostro timore – continua il parlamentare – e’ che i curdi possano esser traditi ancora una volta in base ad accordi dietro le quinte tra le grandi potenze e quelle regionali” – in questo caso tra Ankara e Washington. E’ successo gia’ cinque volte – avverte Kaval (la prima volta nel 1923, quando il trattato di Losanna sul dissolvimento dell’Impero turco manco’ di creare uno stato curdo, l’ultima nel 1991 quando George Bush senior abbandono’ al loro destino i curdi rivoltatisi, come del resto gli sciiti al sud, contro Saddam Hussein). ”Questa volta – conclude il politico – non saremo disposti a subire un ennesimo tradimento, di qua come al di la’ del confine tra Turchia e Iraq”. L’esponente curdo conclude peraltro con una speranza: ”che Ankara capisca finalmente la realta’, abbandoni la cultura anticurda; e scelga la via di un riconoscimento dei diritti curdi che aprirebbe la via alla pace e alla stabilita”’.


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