Welfare

Iraq: generale USA sospeso per abusi sui prigionieri

Sospesa la responsabile della prigione di Abu Ghraib dopo l'inizio di un'inchiesta militare

di Mario Pesce

La prigione di Abu Ghraib, nelle vicinanze di Baghdad, era uno dei simboli più famigerati del regime di Saddam Hussein, un conosciuto centro di torture che è attualmente utilizzato dalle forze della coalizione come luogo di dentenzione.
L’esercito americano aveva già annunciato che diciassette soldati erano stati sospesi in seguito ad accuse di abusi compiuti su una ventina di prigionieri in un periodo compreso tra novembre e dicembre scorso, e tra questi sei appartenenti alla polizia militare sono di fronte alla corte marziale, con accuse che vanno dal maltrattamento alla crudeltà e ad “atti indecenti” contro i prigionieri.

La rete televisiva CBS, che ha trasmesso alcune immagini che documentano non solo i maltrattamenti ma mostrano anche alcuni soldati americani che li osservano con apparente approvazione, comunica ora che l’inchiesta militare ha concluso che la mancanza “di leadership e di regole chiare” del Brigadiere Generale Janis Karpinski ha causato questo comportamento nella prigione di Abu Ghraib e nelle altre tre delle quali era la responsabile, decidendone quindi la sospensione anche se formalmente ancora nessuna accusa è stata avanzata nei suoi confronti: al momento, secondo l’agenzia AFP, potrebbe solo rischiare un “rimprovero scritto”.

Il Generale Kimmitt, comandante in capo delle forze della coalizione presente in Iraq, ha sottolineato che i soldati accusati “non sono rappresentativi dei 150.000 soldati presenti… non giudicate l’esercito sulla base delle azioni di alcuni”.

Chiamati a svolgere le funzioni di polizia militare e di sorveglianza all’interno della prigione di Abu Ghraib, come delle altre, sono spesso riservisti come il sergente Frederick, uno degli indagati dalla corte marziale che svolgeva il lavoro di “prison officer” nello stato della Virginia. Intervistato dalla CBS ha dichiarato che nè lui nè i suoi compagni erano stati istruiti su come comportarsi coi prigionieri, e neppure avevano letto prima dell’incriminazione una copia della Convenzione di Ginevra. Come ha confermato l’inchiesta militare, nessuno dei riservisti era stato preparato o aveva ricevuto una qualche formazione riguardo alle regole sul trattamento dei prigionieri di guerra.

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