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Iraq: fuga da Baghdad, è catastrofe umanitaria

Partono. In macchina, in autobus, in camion, sui carretti tirati da malconci muli, i cittadini di Baghdad, a centinaia, fuggono dalla capitale bombardata

di Redazione

Partono. In macchina, in autobus, in camion, sui carretti tirati da malconci muli, i cittadini di Baghdad, a centinaia, fuggono dalla capitale bombardata senza sosta, senza dare fiato neanche alle ambulanze, neanche a chi deve portare aiuti. Si dirigono verso nord, ha riferito un giornalista francese al seguito delle truppe americane, verso la strada per Diala, a un centinaio di chilometri. Famiglie intere, raccontano testimoni oculari, si sono rifugiate negli alberghi della capitale, quelli che dovrebbero essere sicuri, perche’ vi alloggia la stampa internazionale. L’attacco di oggi, in cui sono morti due inviati della Reuters, ha dimostrato che non e’ cosi’. Il rombo degli aerei, i tonfi delle bombe, i colpi di artiglieria fanno tremare vetri e pavimenti, i bambini piangono per i corridoi dell’albergo Sheraton, quello accanto all’Hotel Palestine colpito oggi da un opice tirato da un carro armato americano. Le madri non riescono a calmarli. Nei 33 ospedali della citta’, i medici e gli infermieri sono ”sopraffatti” dall’afflusso di feriti. Quanti, nessuno lo sa. Ieri si parlava di cento ammissioni l’ora, ha riferito la Croce rossa internazionale, ”oggi non si contano neanche piu”’. Elettricita’ e acqua mancano in molti quartieri. Un impianto per la potabilizzazione dell’acqua a nord di Baghdad, ha detto la Croce rossa, e’ stato colpito la scorsa notte da un proiettile d’artiglieria, rischiando di privare di acqua potabile il quartiere poverissimo di Saddam City, dove vivono un milione e 200.000 sciiti. Gli ospedali devono lavorare con generatori o con linee di emergenza che garantiscono solo poche ore al giorno, dice l’Organizzazione mondiale per la sanita’. Sei delle 27 sale operatorie del Saddam Medical Center, sulla riva orientale del Tigri, non funzionano piu’. I carri armati sono arrivati nel cuore della citta’, puntano ai palazzi presidenziali, alle sedi del partito Baath (Rinascita, al potere dal 1968) a quelle della Guardia repubblicana o dei fedelissimi di Saddam Hussein: ”ma tutto intorno ci sono abitazioni di gente comune, ci sono donne e bambini”, dice un giordano che e’ stato spesso a Baghdad. ”Conosciamo la citta’, i combattimenti sono in zone dove vivono civili”, dice Veronique Taveau, portavoce del Coordinamento dell’Onu per gli aiuti in Iraq. ”Siamo estremamente preoccupati”. L’Organizzazione mondiale per la sanita’ ha pronti i medicinali da inviare in Iraq, ma non c’e’ modo di farli arrivare per questioni di sicurezza”, spiega la portavoce Fadela Chaib . ”Ci sono regole per la tutela dei civili in tempi di guerra – aggiunge Wivina Belmonte dell’Unicef – ma sta ai belligeranti applicarle, noi possiamo solo ricordarlo”. Non sembra che qualcuno la stia a sentire. Non ci sono corridoi umanitari in questa guerra. E l’Iraq ha deciso di sacrificare al martirio tutti i suoi cittadini: medicinali e altri aiuti sono pronti alle frontiere, ma sono stati respinti dal governo di Baghdad. ”Mandateci combattenti, non medicine”, e’ stato risposto alla Croce rossa giordana da quella irachena.


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