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Iraq: e ora?

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Nino Sergi, Segretario generale di Intersos: «Il Governo ora metta a punto il programma di cooperazione»

di Nino Sergi

Nota di Nino Sergi, Segretario generale 9 giugno 2003
Apprezziamo la decisione italiana di rinunciare alla missione ?civile-militare? in Iraq. Il Governo deve ora mettere a punto il programma di cooperazione, a livello politico, economico e umanitario, annunciato a Baghdad dal Ministro degli Esteri D?Alema. Una cooperazione doverosa, che non dovrà sostituirsi alle capacità irachene ma dovrà al contrario appoggiarle e valorizzarle: l?Iraq non è infatti un paese sottosviluppato privo di competenze e ingegnosità, al contrario possiede risorse umane, culturali, professionali anche di alto valore. Non potrà trattarsi, come sempre d?altronde, di un programma ?neutro?, perché le scelte in esso contenute esprimeranno altrettante scelte politiche del nostro Governo. E in questa occasione esso dovrà, a nostro avviso, dimostrare di sapere scegliere con coraggio e con una ritrovata iniziativa politica internazionale. Intersos si è espressa recentemente manifestando e motivando forti dubbi sull?intervento civile-militare. La propria valutazione si basa sull?analisi politica e sull?esperienza acquisita operando da tre anni in Iraq, senza interruzione. Riteniamo quindi utile esprimere ora anche alcuni suggerimenti, quali contributo propositivo alla definizione delle scelte politiche e delle priorità del programma di cooperazione del Governo italiano con l?Iraq.
  1. Rafforzare il multilateralismo Il rafforzamento delle nuove istituzioni democratiche, della sicurezza e quindi dello sviluppo infrastrutturale ed economico dell?Iraq potrà essere efficace solo attraverso un?iniziativa multilaterale, coordinata e forte, di aiuto al paese. La cooperazione italiana, come ogni altra cooperazione bilaterale, dovrebbe favorire tale iniziativa coordinando in essa ogni azione volta al consolidamento delle istituzioni e al potenziamento della sicurezza. La scelta multilaterale esprimerebbe anche una reale svolta, dando priorità alla collaborazione tra stati rispetto alla prepotenza unilaterale. Le Agenzie dell?ONU non hanno mai smesso di essere attive in Iraq, direttamente o tramite le ONG o altre entità operative, anche dopo l?attentato alla loro sede a Baghdad nel 2003. Questa presenza operativa andrebbe quindi valorizzata, contribuendo al contempo a rafforzare il ruolo politico dell?azione multilaterale nel paese.
  2. Rafforzare la presenza politica europea L?Unione Europea può oggi, in presenza delle nuove Istituzioni irachene, giocare un ruolo di primo piano, sia per il rafforzamento dell?azione multilaterale che per la definizione delle linee strategiche da adottare per uscire dal caos iracheno. La difficile situazione irachena riguarda ormai tutti e le possibili soluzioni richiedono un?assunzione di responsabilità da parte di tutti, compresa l?UE, finora troppo assente a causa delle divisioni interne. Il Governo italiano dovrebbe aiutare l?Europa ad assumere finalmente e senza più esitazioni le proprie responsabilità. Per la ricostruzione dell?Iraq la cooperazione dell?Unione Europea, insieme a quella delle Agenzie ONU, potrebbe rappresentare l?elemento chiave per il necessario cambiamento.
  3. Lasciare all?Iraq le sue ricchezze La principale ricchezza dell?Iraq, dopo la sua popolazione che purtroppo viene presentata prevalentemente legata alle violenze e al terrorismo, è il petrolio. È stato uno dei motivi della guerra ed è oggi uno dei maggiori elementi di divisione degli iracheni: dovrebbe quindi essere tenuto presente anche nelle considerazioni per la definizione dei rapporti di cooperazione. Se gli enormi profitti che ne possono derivare vengono sottratti al Governo iracheno, come le grandi compagnie petrolifere stanno cercando di fare, ogni altra azione di cooperazione e aiuto allo sviluppo perderebbe significato e rappresenterebbe uno puro inganno. Il Governo italiano potrebbe dare alla comunità internazionale uno significativo segnale politico, invitando l?ENI, di cui è azionista di maggioranza, a distanziarsi dal cartello delle compagnie petrolifere e a definire con il Governo iracheno accordi basati sul riconoscimento dei diritti degli iracheni e non su disposizioni speciali che moltiplicherebbero i profitti delle compagnie straniere a detrimento della realtà locale. Sarebbe anche il segnale di una nuova etica internazionale ed il seme per un più equo ordine mondiale di cui il mondo ha estremo bisogno.
  4. Sviluppare le organizzazioni della società civile Il processo democratico dell?Iraq non può ridursi alle elezioni e alla nascita di legittime istituzioni. Sostenere e sviluppare tale processo dovrà anche significare aiutare la società civile a maturare politicamente dopo anni di dittatura, ad esprimere proposte, a partecipare alla vita democratica, controllandola e difendendola. Significherebbe anche aiutare la formazione del consenso, la costruzione di un ?patto sociale? per la ricostruzione; significherebbe favorire il dialogo tra le comunità e, in definitiva, il rafforzamento della pace. Numerose sono ormai le organizzazioni della società civile irachena. Con alcune di esse esistono rapporti di collaborazione a livello internazionale, compresa l?Italia: organizzazioni sindacali, sociali, culturali, professionali ecc. Si tratta di una cooperazione che andrebbe prioritariamente tenuta in considerazione nel definire il sostegno italiano al processo democratico dell?Iraq.
  5. Sopperire alle necessità più sentite Ogni cooperazione e aiuto allo sviluppo deve partire da bisogni reali. L?aiuto al Governo iracheno dovrà quindi essere indirizzato a rispondere a tali bisogni. Se per l?Italia tale azione dovesse poi concentrarsi particolarmente su Nassiriya e la provincia di Dhi Qar, ne risulterebbe un aiuto puntuale, gradito alla popolazione. Contribuendo al soddisfacimento di tali bisogni l?Italia diventerebbe agli occhi degli iracheni il paese amico e amato e darebbe un segnale politico di nuova e diversa collocazione. Ci sentiamo di suggerire alcuni bisogni prioritari, oltre a quelli ben conosciuti e più volte evidenziati dell?elettricità e dell?acqua potabile.
      Assicurare la fornitura dei medicinali agli ospedali iracheni (la sola Baghdad conta una quarantina di ospedali pubblici), oggi molto carente e irregolare. Ai farmaci possono essere aggiunte le attrezzature degli istituti ospedalieri e l?approfondimento scientifico del personale medico. Intersos conosce particolarmente questa situazione dato il collegamento settimanale di telemedicina con una realtà ospedaliera universitaria irachena.
    1. Assicurare l?assistenza umanitaria e il reinserimento agli sfollati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni (15 mila famiglie in pochi mesi) a causa del conflitto etnico-religioso che, anche se non dichiarato, è già in atto e rischia di ampliarsi rapidamente.
    2. Assicurare il pieno funzionamento delle università. Hanno tutte ripreso le attività con grande volontà di modernizzazione culturale e scientifica. Le carenze finanziarie, scientifiche-professionali, strutturali sono però molto pesanti e necessitano di aiuti immediati e di apertura e collegamento con la comunità scientifica internazionale. Più in generale, è l?intero sistema scolastico che necessiterebbe un immediato forte sostegno.
    3. Assicurare la formazione dei pubblici amministratori, a livello centrale e locale, per una corretta gestione dell?amministrazione e dei servizi, per la loro modernizzazione sia in termini concettuali che pratici, per creare la necessaria fiducia tra la gente e le istituzioni.
    4. Assicurare la tutela del patrimonio culturale. Si tratta di un patrimonio inestimabile la cui perdita o il cui deterioramento rappresenterebbe una gravissima privazione per l?Iraq, la sua cultura, la sua storia, la sua identità nazionale.
    La cooperazione con l?Iraq non richiede una presenza permanente di personale civile. Anche perché non potrebbe muoversi se non a rischio della propria vita e comunque impegnando per la propria tutela, in modo improprio, personale militare della rappresentanza diplomatica italiana. Le capacità di potere assumere la propria ricostruzione sono già in Iraq e sono garantite dagli iracheni. Occorre solo dare loro fiducia, aiutandole, valorizzandole, coinvolgendole pienamente e facendole sentire attori del proprio futuro e del proprio sviluppo. È proprio ciò che è mancato in questi tre anni di ?esportazione della democrazia? e che va ora rapidamente attuato.


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