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Iraq, chi c’è dietro quelle bombe contro i cristiani

di Lucio Brunelli

Uno legge la notizia di un attacco multiplo alle chiese cristiane di Bagdad e cosa pensa? Che niente, l’Iraq è ancora nel caos e del caos i fondamentalisti islamici approfittano per schiacciare la minoranza più mite e indifesa che ci sia. Anche Avvenire, commentando a caldo la notizia dell’ultimo sanguinoso week end iracheno (11-12 luglio), con 9 chiese bombardate e quatto fedeli morti, riferiva senza sollevare dubbi la versione ufficiale: «Secondo la polizia c’è Al Qaeda dietro gli attentati». Poi ti capita di incontrare a Roma, nella sede della Caritas nazionale, l’arcivescovo latino di Bagdad. E scopri che l’apparenza e la realtà in Iraq non sempre coincidono. Monsignor Jean Baptiste Sleiman, questo il nome dell’arcivescovo, parte da un dato di fatto. «Questi attentati, otto chiese colpite a Bagdad e una a Kirkuk, non sono stati rivendicati. I fondamentalisti li conosciamo bene. Quando colpiscono rivendicano sempre con fierezza la loro azione. Non sono stati loro». Chi, allora? Sleiman insiste sulla matrice politica e non religiosa degli attacchi. Fa riferimento ai «progetti di divisione dell’Iraq». Poi invita a considerare un altro dato di fatto. «Qual è il primo effetto degli attacchi alle chiese di Bagdad? La fuga dei cristiani, verso l’estero o verso il nord del Paese. Allora la domanda è: chi ha interesse a questo esodo?». L’arcivescovo, persona equilibrata e prudente, ha una risposta ben precisa. Ma lascia a noi il compito esplicitarla.

ALLEANZA FORZATA CON I CURDI?
C’è un antico progetto di concentrare tutti i cristiani iracheni nella Piana di Ninive, nel Kurdistan iracheno. Piace alla diaspora cattolica-caldea, in particolare alla influente comunità americana. Respinto con forza dai vertici della Chiesa locale, il progetto interessa molto i curdi del nord. Per ottenere un loro stato indipendente i curdi hanno bisogno dell’alleanza dei cristiani. Una questione di immagine. Sanno che da soli non ce la faranno mai. Il prelato che si oppone con più forza a questo progetto è mons. Shlemon Warduni, ausiliare a Bagdad del patriarca cattolico di rito caldeo. Guarda caso l’attentato più sanguinoso è stato compiuto contro la chiesa dove aveva appena celebrato la messa.

Ipse dixit
Se anche all’inferno si potesse pregare, l’inferno non esisterebbe più.

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