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Iraq: Calamai, Onu non fu messa in grado di operare

"In Iraq l'Onu non era stata messa nelle condizioni di poter operare". Lo ha detto Marco Calamai, ex consigliere italiano nell'Autorità provvisoria della coalizione (Cpa)

di Paul Ricard

“In Iraq l’Onu non era stata messa nelle condizioni di poter operare”. Lo ha detto al suo rientro in Italia Marco Calamai, l’ex consigliere italiano nell’Autorità provvisoria della coalizione (Cpa), dimessosi dal suo incarico lo scorso 16 novembre. Tornato ieri sera a Roma sul volo che trasportava due dei carabinieri feriti nell’attentato del 12 novembre, Calamai si è soffermato sulle ragioni della sua rinuncia e sulle polemiche che questa decisione ha innescato. “Avevo da tempo maturato un disagio molto profondo rispetto al modo in cui la Cpa (l’amministrazione guidata dall’americano Paul Bremer) sta gestendo la ricostruzione e la fase della transizione alla democrazia”, ha detto. “Ci sono enormi ritardi ed errori e questo sta creando un generale scontento nella popolazione irachena – ha aggiunto – non soltanto nelle zone di maggiore conflittualità, come il triangolo sunnita a nord, ma sempre di più anche in quelle che avevano accolto con entusiasmo le forze della coalizione, come i territori degli sciiti e in generale il sud del Paese”. Calamai denuncia una situazione di gravissimi disagi sociali ed economici, con una disoccupazione stimata tra il 70 e l’80%, e una tendenza del terrorismo ad allargarsi e radicalizzarsi in tutto il Paese. Sull’attentato del 12 novembre, l’ex consigliere italiano ha tenuto comunque a precisare di “escludere nel modo più assoluto che si tratti di un atto organizzato e gestito nella provincia di Nassiriya”. Sulle dichiarazioni di Paul Bremer, che all’indomani delle dimissioni di Calamai aveva detto di poter dimostrare di aver speso “20 milioni di dollari per la ricostruzione solo nella zona di Nassiriya, a partire da maggio”, l’ex consigliere ha affermato che “queste cifre non risultavano assolutamente all’interno della Cpa, quindi sarebbe bene chiedere a Bremer una spiegazione più precisa”. Calamai ha poi precisato che “molte imprese americane tendono ad operare del tutto al di fuori della Cpa e che di tutti i progetti decisi dall’amministrazione provvisoria negli ultimi mesi, ce n’era uno solo che stava per partire, proprio negli ultimi giorni prima dell’attentato”. “L’Onu se n’é andata perché non era stata messa nelle condizioni di operare – ha concluso Calamai -, e per questo ha pagato anche un tributo di sangue. Adesso la situazione in Iraq potrà cambiare solo con un ritorno delle Nazioni Unite e un impegno attivo di un’Europa unita”. All’indomani delle dimissioni, il portavoce del Dipartimento di stato Richard Bouchet non aveva voluto commentare la decisione del diplomatico italiano ma aveva indirettamente contestato le ragioni da lui addotte. ‘Vorrei far notare che abbiamo fatto progressi eccellenti in molti settori: la ricostruzione materiale dell’Iraq, il ripristino di servizi per il popolo iracheno, gli inizi della creazione di un’autorità politica irachena, prospettiva ora accelerata”, aveva detto Bouchet.


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