Mondo

Iraq, Arci: “Torniamo in piazza il 30 ottobre”

"Rischiamo l'assefuazione", afferma il neo presidente nazionale Paolo Beni

di Stefano Arduini

”Il movimento della pace deve tornare a far sentire la propria voce” contro la presenza militare straniera in Iraq perche’ ”c’e’ il pericolo concreto dell’assuefazione alle dosi di violenza quotidiana, alle immagini di terrore”. Allo stesso tempo, ”c’e’ il rischio della frustrazione della maggioranza degli italiani che e’ contraria alla guerra ma che non ha strumenti per incidere. Bisogna reagire sul piano culturale, l’associazionismo deve essere un luogo di resistenza civile”. Paolo Beni, che si appresta a raccogliere il testimone lasciato dallo scomparso Tom Benetollo alla presidenza nazionale dell’Arci, chiarisce alla vigilia del congresso nazionale straordinario dell’associazione che ”la linea non cambia, non e’ in discussione”. In programma, quindi, ”un appello per una nuova mobilitazione nazionale a Roma il 30 ottobre prossimo”. Il movimento pacifista ”non e’ soltanto testimonianza morale ma e’ anche politica, perche’ al rifiuto etico della guerra associa la conclusione che il rifiuto della guerra e’ anche una scelta politica”, sottolinea Beni. Non solo: ”le associazioni sono un’antenna sensibile della realta’ che intercetta, spesso in anticipo rispetto alla politica, le trasformazione sociale”. Ecco perche’, a giudizio del candidato alla presidenza nazionale dell’Arci, ”la politica deve ascoltare di piu’. Deve ascoltare i movimenti, deve confrontarsi sui contenuti. In questi mesi qualcosa e’ cambiato, ma non e’ ancora abbastanza, dall’energia dei movimenti puo’ scaturire un valore aggiunto per la politica”. ”Tante energie civili – osserva Paolo Beni- non possono essere disperse o passare da un appuntamento di piazza all’altro. Bisogna offrire al movimento una possibilita’ di impegno quotidiano promuovendo ad esempio il consumo critico, sostenendo i progetti di cooperazione, le azioni quotidiane. La politica rischia di adeguarsi agli orientamenti che emergono dai sondaggi”. ”Bisogna reagire sul piano culturale contro l’idea di un inevitabile scontro tra civilta’, contro una impostazione che non prevede il dialogo, contro una guerra costruita su un castello di menzogne (ed oggi lo dicono anche la Cia e l’Onu). La guerra non sconfigge il terrorismo perche’ si tratta di due facce della stessa medaglia, un modello di organizzazione del mondo che crea squilibrio e vede la politica cedere la sovranita’ al potere economico, contro l’alleanza di fatto tra i signori del terrorismo e della guerra. Oggi -conclude Paolo Beni- non puo’ affermarsi la pace senza l’affermazione dei diritti e della giustizia sociale in tutto il mondo”.


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