Welfare

Iraq: appello di Amnesty per i detenuti iracheni

A tre mesi dalla presa di Baghdad, la sorte di migliaia di iracheni detenuti e' tuttora incerta e l'organizzazione per i diritti dell'uomo Amnesty International ha lanciato un appello

di Redazione

A tre mesi esatti dalla presa di Baghdad, la sorte di migliaia di iracheni detenuti nelle carceri americane della capitale irachena e’ tuttora incerta e l’organizzazione per i diritti dell’uomo Amnesty International ha lanciato un appello affinche’ i prigionieri possano ricevere le visite dei propri familiari, degli avvocati difensori ed essere sottoposti a regolari processi. Lo riferisce il quindicinale in lingua inglese Baghdad Bulletin, edito nella capitale irachena, citando dichiarazioni di Kathleen Cavanaugh, funzionaria di Amnesty International in Iraq, secondo la quale ”i detenuti devono essere rilasciati immediatamente a meno che non siano stati colti in flagrante mentre compivano atti illegali”. ”Durante gli anni del regime di Saddam Hussein – continua Cavanaugh – la scomparsa degli oppositori del rais era una pratica del tutto normale, ma tale fenomeno e’ una prassi consueta anche adesso, con l’occupazione Usa del Paese dopo la fine della guerra. Tutto cio’ rappresenta una violazione delle leggi internazionali che regolano il trattamento dei prigionieri”. E denuncia anche che ”mentre le forze britanniche nel Sud del Paese agiscono in base a normative di legge ben precise applicate anche in Gran Bretagna, non si hanno notizie su quale tipo di strutture legali sia basata l’attivita’ di polizia giudiziaria delle forze americane”. Secondo le stime di Amnesty, gli iracheni ancora detenuti sono tra i 700 e un migliaio. L’accesso alle due principali prigioni situate una a Umm Qasr, nel Sud del Paese, e l’altra nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Baghdad, e’ stato ripetutamente negato ai rappresentanti di Amnesty. Soltanto i delegati della Croce Rossa Internazionale hanno il permesso di controllare le condizioni dei detenuti, a patto di non rendere noti i risultati delle loro ispezioni. E la Croce Rossa è l’unico contatto tra i detenuti e le loro famiglie perché assicura una sorta di ‘servizio postale’ anche se le lettere dei prigionieri vengono censurate per evitare che forniscano informazioni circa il luogo dove sono reclusi o sui motivi della loro detenzione. Tutti i giorni gli uffici della Croce Rossa a Baghdad sono presi d’assalto dai familiari dei prigionieri che chiedono notizie dei propri cari scomparsi durante la guerra Usa-Iraq oppure negli anni oscuri della repressione subita durante il regime di Saddam Hussein. ‘


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