Mondo

Iraq/1. Una storia vera accaduta a Bagdad. Mamma pacifista con figlio soldato

"Non voglio che venga ucciso per una cosa in cui non credo". Così Susan ha sfidato tutti. E...

di Carlotta Jesi

“Hey, Nick, tua mamma è qui”. Iraq, primo febbraio 2004. Nick è un sergente americano, ranger e paracadutista. Sua mamma, Susan Galleymore, una pacifista di 48 anni. Cosa ci faccia in una base militare vicino a Bagdad, lo sanno entrambi. Susan l?ha dichiarato su Mothers Speak, il sito web su cui tiene un diario virtuale dal 19 dicembre 2003, quando Nick, di stanza in Afghanistan, è stato trasferito in Iraq. E quando lei ha cominciato a non dormire la notte: “Mio figlio sarà ucciso per qualcosa in cui non credo, e non penso si renda conto della situazione in cui si è cacciato”. Via email, e senza mai rivelare dove si trova, Nick spiega che la situazione la capisce benissimo. Che l?Iraq è un posto pericoloso. Che Susan farebbe meglio a restare in America. Ma Susan non ci sente. Intervista altre mamme di soldati pubblicando le loro testimonianze sul suo sito. Organizza una campagna di fund raising tra i suoi amici raccogliendo 2.200 dollari, la metà del costo di un viaggio in Iraq, e il 24 gennaio sale su un aereo per Amman. “Con me viaggiano altre 9 donne”, racconta, “insegnanti, scrittrici, registe del teatro degli oppressi e attiviste che gravitano intorno a Code Pink, una delle non profit americane più contrarie alla guerra di Bush”. Una missione politica? A Nick, e sul web, la Galleymore giura di no: “Questo è un viaggio di riconciliazione. Voglio incontrare mio figlio e le madri dei soldati iracheni, voglio capire chi sono e come convivono ogni giorno con la guerra”. Per raggiungere i suoi obiettivi, Susan ha 10 giorni di tempo e molti ostacoli da superare. Dal passaggio della frontiera tra Giordania e Iraq, attraversata in jeep con le sue compagne di viaggio, alle email di Nick che continuano a scongiurarla di tornare a casa. Tutte le email tranne una, che Susan legge da un Internet Cafè di Bagdad sei giorni dopo essere arrivata in Iraq. “Come al solito, dice che devo essere diventata pazza, ma anche che si trova in una base vicino a Bagdad. Con l?aiuto di un giornalista riesco a individuarla e il mattino dopo, con un foulard in testa, sono davanti ai suoi cancelli” Una lunga contrattazione con i soldati di guarda e alla radio della base viene diffuso il messaggio: “Hey, Nick, tua mamma è qui”. Dopo aver visitato orfanotrofi, ospedali e famiglie che, se possibile, l?hanno resa ancora più contraria alla guerra. Che dire a un figlio che ha rifiutato le tue manifestazioni pacifiste e il tuo impegno nella società civile fino ad entrare tra i corpi scelti di George Bush? “Non fare niente in Iraq di cui potresti pentirti in futuro. È stato l?unico discorso politico che abbiamo fatto. Per il resto, sono stati 90 minuti di incontro tra una madre e un figlio che non si vedono da 5 mesi. Novanta minuti che sono valsi il viaggio”, confida Susan al diario. Insieme a una riflessione che, ammette, rischia di mettere in grave imbarazzo il figlio. “Come cittadina americana e del mondo, mi viene da pensare che noi, i Paesi occupanti, a Bagdad stiamo spargendo i semi di un odio che andrà avanti per lungo tempo. Ma nel nostro interesse?”.


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