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Iran: un’alternativa per uscire dalla “crisi nucleare”

Nelle ore cruciali per la risoluzione della crisi iraniana, riproponiamo la sintesi di un rapporto dell'International crisis group pubblicato lo scorso febbraio

di Joshua Massarenti

E’ iniziata nel quartier generale di Vienna dell’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, la cruciale seduta strordinaria del Consiglio dei Governatori, l’organo nel quale siedono i rappresentanti dei 35 Stati membri e che detiene i poteri decisionali. La riunione sara’ dedicata all’esame del rapporto stilato dal direttore generale dell’Agenzia Onu, l’egiziano Mohammed El Baradei premiato l’anno scorso con il Nobel per la Pace, sul controverso programma nucleare dell’Iran.

Sulla base di quanto riferito da El Baradei, il Consiglio dei Governatori potrebbe disporre il rinvio del dossier nucleare iraniano al Consiglio di Sicurezza, davanti al quale la Repubblica Islamica sarebbe definitivamente deferita, con la prospettiva di esserne poi sottoposta a sanzioni. In realta’ il deferimento era gia’ avvenuto il 4 febbraio, ma a Teheran era stato contemporaneamente concesso un mese circa di tempo per uniformarsi alle richieste di porre da parte le sue sospette attivita’ in campo atomico.

A fronte del bracio di ferro che oppone Teheran alla Comunità internazionale, risulta opportuno riproporre una sintesi del rapporto pubblicato il 23 febbraio scorso dall’organizzazione non governativa International crisis group (Icg). Nel suo rapporto, la più nota Ong internazionale per la prevenzione dei conflitti propone un nuovo approccio diplomatico sulla delicatissima questiione nucleare iraniana. Preso atto del vicolo cieco in cui si sono imbattuti i protagonisti della crisi, l’Icg propone di “consentire a Teheran di procedere, a termine, all’arrichimento di uranio per uso civile in cambio dell’applicazione di un controllo stretto da parte dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), di una limitazione dei progetti iniziali e di uno scaglionamento nel tempo della concretizzazione del medesimo progetto”.

L’Icg suggerisce inoltre l’adozione di una politica “del bastone e della carota”. Le sanzioni attualmente applicate all’Iran andrebbero riviste: in primis, gli Stati Uniti rinuncerebbero all’uso della forza; l’accesso dell’Iran all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) sarebbe facilitata; il ruolo regionale del Paese riconosciuto, in particolar modo attraverso l’implicazione di Teheran nei dibattiti sulla ricostruzione dell’Iraq; infine, Washington si impegnerebbe a non congelare i beni degli iraniani.

Ma già prima di applicare questa politica, l’Iran dovrebbe impegnarsi a sospendere il suo programma di arricchimento dell’uranio per due o tre anni in cambio di un riconoscimento internazionale del suo diritto a arricchire l’urano per fini civili (cioè pacifici). In una fase succesiva, scaglionata su tre o quattro anni, si procederebbe a uno sviluppo limitato del programma di arricchimento, sotto stretto controllo dell’Agenzia internazionale per l’atomica. Parallelamente, si potrebbe affermare un’intensificazione progressiva della cooperazione economica con l’Unione europea. Infine, la terza fase prevede una cooperazione intensa e una normalizzazione totale delle relazioni diplomatiche tra Iran e la Comunità internazionale.

Qualora l’Iran rifiutasse tale proposta, subentrerebbe un regiome di sanzioni progressive che vieterebbe ogni tipo di transferimento tecnologico e di investimenti nel settore energetico dell’Iran .

Ad oggi, l’Icg denuncia il fallimento della diplomazia europea, l’incapacità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a adottare un programma di sanzioni in grado di piegare il governo iraniano. Coautore del rapporto, Chris Patten, ex commissario europeo per gli affari esteri, sostiene di voler evitare “uno scenario di tipo nordcoreano”, ovvero un fallimento diplomatico che consentirebbe al regime del presidente Mahmoud Ahmadinejad di sviluppare un programma nucleare privo di qualsiasi controllo internazionale.

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